di GIORGIO PATTERA
L'Aconito napello (nome
scientifico: Aconitum napellus - L.inneo, 1753) è una pianta erbacea della
famiglia delle Ranunculaceae, con la sommità del fiore somigliante vagamente (e
qui le interpretazioni si sprecano…) ad un elmo antico o al cappello da mago o
da gnomo o al cappuccio da monaco.
Fra tutte le piante velenose, è
la più tossica e pericolosa (a volte mortale, anche per gli animali) che la
flora spontanea italiana annovera tra le zone montagnose di Prealpi ed Alpi,
fino a 2.600 m.
E’ una robusta pianta perenne,
che resiste bene al freddo e al gelo. Per la portanza (h.120-200 cm.),
l’eleganza delle infiorescenze a spiga e lo splendido colore blu-indaco, sono
state create varietà orticole, coltivate per ornare i giardini: al contrario
dell’antica Roma, in cui ne era vietata la coltivazione, appunto, per la sua velenosità.
Le foglie assomigliano a quelle del prezzemolo (altra essenza tossica, ad alte
dosi…) e la radice, la parte più pericolosa, è simile a quella del Ràfano.
Infatti il nome della specie (napellus) deriva dal latino napus (= navone), in
riferimento alla particolare forma della radice, simile ad una rapa (Brassica
napus).
Il nome del genere (“Acònitum”),
invece, dovrebbe derivare dal greco akòniton (= pianta velenosa), ma due sono
le possibili radici che vengono attribuite al nome: (1) akòne (= pietra), in
riferimento al suo habitat endemico, povero e roccioso; (2) koné (= uccidere),
facendo ovviamente riferimento alla sua tossicità. Ma potrebbe derivare anche
dall'uso che se ne faceva in guerra, specie in India: avvelenare le punte di
dardi e giavellotti, immergendole nel succo delle radici. La tradizione
popolare tramanda che, nei tempi antichi, il succo dell’Aconito veniva usato
dai valligiani, mescolato alle esche per attirare volpi e lupi ed avvelenare
così i predatori di greggi e pollai. Per questo il nome volgare dei due tipi di
aconito (l’altro segue) è Strozzalupo e Vulparia. Nel '500 era conosciuto per
la sua presunta efficacia contro la puntura di scorpione ("Herbal or
General History of Plants" - Londra 1597).
Le piante di Aconito assumevano
nella mitologia dei popoli mediterranei un significato simbolico negativo o
malefico: di furberia, falsa sicurezza, vendetta e amore colpevole. La pianta
infatti risulta conosciuta per la sua pericolosità fin dai tempi di Omero e la
sua alta tossicità era ben presente agli antichi, se ancora Plinio la cita come
"arsenico vegetale". Si racconta che nell'isola di Ceo gli antichi
Greci si liberavano dei vecchi ammalati, considerati un peso inutile per la
Polis, costringendoli a bere un infuso di Acònito; la qual cosa ci ricorda un
certo Socrate…
Il binomio scientifico
attualmente accettato (Acònitum napellus) è stato proposto da Carl von Linné
(italianizzato in Linneo, 1707 – 1778), biologo e scrittore svedese,
considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi
viventi, nella pubblicazione “Species plantarum” del 1753.
Cosa contiene l’Acònito di tanto
velenoso?
In tutta la pianta, nei semi,
soprattutto nelle radici (e nelle foglie prima della fioritura) si riscontrano
numerosi alcaloidi terpenici, principalmente l’ACONITINA, che persistono anche
dopo essiccazione: si calcola che l’aconitina sia presente, soprattutto
nell’apparato radicale, in ragione del 1–3%. La Medicina Veterinaria registra,
purtroppo, numerosi casi di avvelenamento, soprattutto a carico di bovini,
ovini e caprini che accidentalmente vengano alimentati con foraggi contenenti
piante di acònito. La dose letale per l’uomo è di appena 3-8 milligrammi; i
sintomi principali sono: torpore, seguito da paralisi delle estremità inferiori
e poi superiori, sensazione di freddo, sudore, vomito, grave affaticamento ed
ansia, mentre la mente rimane lucida e la vittima rimane pienamente cosciente
fino all’exitus. Il respiro diventa difficile, il polso lento, irregolare,
debole. La morte giunge all’improvviso, per insufficienza respiratoria e
cardiaca. Ma sono stati segnalati fenomeni irritativi locali (prurito, eritema
bolloso e torpore, con principio di intossicazione) anche solo toccando con le
mani gli steli di queste piante, nel malaugurato tentativo di coglierne le
vistose ed accattivanti infiorescenze, in quanto anche attraverso la pelle
possono essere assorbiti i principi attivi velenosi dell’aconitina.
L’ACONITINA “CUM GRANO SALIS”
Ma come succede in Natura, ogni
cosa ha due volti… ed allora ecco che scopriamo come l’Uomo, fin
dall’antichità, ha imparato ad ottenere risultati positivi anche dalle essenze
pericolose: è solo un problema di “dosi”…
L’Aconitina estratta dalle radici
viene a volte impiegata nei farmaci, in dosi terapeutiche minime, da
utilizzarsi in gravi forme di nevralgia, ad esempio contro quella del
trigemino. Nella medicina ayurvedica è usato per trattare asma ed affaticamento
cardiaco, mentre in omeopatia trova impiego come analgesico e sedativo.
Ricerche condotte in Cina indicano che è d’aiuto nell’insufficienza cardiaca
congestizia, per sostenere il sistema circolatorio nelle emergenze: in dosi
opportune, ovviamente…
L'Acònitum lycoctonum
Parente stretto del napellus,
l’Acònitum lycoctonum presenta anch’esso la sommità del fiore, d’un bel colore
giallo-limone, allungata e tuboliforme, a foggia di elmo antico, da cui il
mitologico appellativo di “Elmo di Giove”. Il termine scientifico della specie
(lycoctonum) deriva sempre dal greco, dalla parola lycos (= lupo) e da cthon (=
uccidere) e significa quindi “uccisore di lupi”; la qual cosa fa il paio col
nome di un'altra specie di Aconito, l'Aconitum lupicida, che riprende in latino
lo stesso significato. Se ne contano varie sottospecie, tra le quali la più
diffusa in Italia è la Vulparia, volgarmente chiamata anche “strozzalupo” o
“erba della volpe”. Questi appellativi nascono da "lupata" o lupaia:
tale denominazione può essere derivata dalla convinzione popolare che questa
pianta fosse usata come cibo-esca per catturare i lupi.
L'A.vulparia non contiene aconitina, che come abbiamo visto
è uno dei più potenti veleni che si conoscano al mondo (sono letali anche meno
di 6 milligrammi di questa sostanza), ma presenta molecole molto simili
(alcaloidi e glucosidi, altrettanto pericolosi), come la licaconitina e la
mioctonina. Entrambe queste sostanze sono estratte dalle radici, che contengono
una concentrazione dei principi attivi dieci volte maggiore rispetto alle
foglie. Si attribuiscono loro le stesse proprietà analgesiche, calmanti e
sedative delle altre specie del genere Acònitum, ma devono essere utilizzate
SOLO su stretto controllo medico. Nella medicina popolare le proprietà delle
radici, opportunamente essiccate, venivano usate come rimedio antinfiammatorio
(combattono uno stato di flogosi), antireumatico (attenuano i dolori dovuti
alla rigidità delle articolazioni), vermifugo (eliminano i vermi intestinali),
diaforetico (agevolano la traspirazione cutanea) e analgesico (attenuano il
dolore in generale).
CURIOSITA'
CURIOSITA'
Nelle credenze popolari l'Acònito, al pari dell'aglio, può
essere usato per tenere lontani i vampiri (come nel film Dracula) e i
licantropi; non a caso viene spesso nominato nella serie tv “The Vampire
Diaries”.
Harry Potter non conosceva la
differenza fra acònito e vulparia durante la sua prima lezione di pozioni con
Piton.
Riferimenti:
P.M.North – PIANTE VELENOSE – The
Pharmaceutical Society of Great Britain / 1967
M.I.Macioti – MITI E MAGIE DELLE
ERBE – Newton Compton / Roma, 1993
A.Chevallier – ENCICLOPEDIA DELLE
PIANTE MEDICINALI – Idea Libri / Milano, 1997
F.Stary – PIANTE VELENOSE –
Istituto Geografico De Agostini / Novara, 1987