“Solo se sei pronto a considerare possibile l’impossibile,

sei in grado di scoprire qualcosa di nuovo”.

(Johann Wolfgang Goethe)

“L’importante è avere un pensiero indipendente:

non si deve credere, ma capire”

(Hubert Revees)


“L’Uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”

(Hubert Revees)

sabato 26 febbraio 2022

COS’È SUCCESSO A MONTALCINO...?

 


                                   di GIORGIO PATTERA

Come il Medico che, di fronte ad una patologia nuova, cerca di verificare se esistono casi simili descritti in letteratura e come l’investigatore che si documenta circa i precedenti dell’evento delittuoso cui sta lavorando, così l’inquirente scientifico del CUN, di fronte ad un caso particolarmente strano come quello in oggetto, è tenuto a compiere un’analisi retrospettiva dei casi analoghi, prima di giungere ad una conclusione obiettiva e fondata.

In questa occasione ci è stato di supporto il compianto amico e collega parapsicologo Sergio Conti, che pubblicò l’inchiesta dal titolo “Le pietre nere di Montalcino” sul << Giornale dei Misteri >> n.° 133 del giugno 1982 (pp. 5-7).

<< Nei primi giorni del giugno 1967 - relazione il Dr.Conti - l’allora diciassettenne Giuseppe Aldini, abitante a San Casciano Val di Pesa, si recò in gita a Montalcino (Siena) con i genitori. 


La sera stessa del suo arrivo, verso le h. 22.15, dalla finestra della camera dove aveva preso alloggio vide sfrecciare nel cielo, a quota relativamente bassa, uno strano “corpo” sferico di colore rosso-cupo. Questo si spostava velocissimo ad un’andatura costante e si defilò nel più assoluto silenzio, attraversando la porzione di spazio visibile in pochi secondi. Il ragazzo, incuriosito non più di tanto dal misterioso fenomeno (non si è mai interessato, né prima né dopo, a fenomeni del genere), non diede eccessivo peso alla cosa e poco più tardi si coricò. Verso mezzanotte la stanza di Giuseppe, che da sveglio stava ripensando alla strana “palla rossa” osservata poco prima, fu invasa da un tenue chiarore diffuso, di colore rosso, proveniente dalla finestra aperta. La “vampata” di luce rossastra durò solo 5-6 secondi, ma fu sufficiente a spingere Giuseppe ad alzarsi da letto ed affacciarsi alla finestra, per rendersi conto di ciò che stava accadendo. Vide allora, oltre un dosso che nascondeva un prato attiguo ad un vigneto, a circa 300 mt. dalla casa ove si trovava (che era al limite del centro abitato e guardava verso l’aperta campagna), un bagliore rossastro, che andava poco a poco affievolendosi; finché ogni riflesso scomparve del tutto e la campagna ripiombò nel buio della notte. Il ragazzo tornò a letto, ripromettendosi di effettuare il giorno appresso un sopralluogo; cosa che puntualmente avvenne il pomeriggio successivo.

L’Aldini si trovò così di fronte ad un “qualcosa che lo fece rimanere di ghiaccio” (per usare una sua espressione): la traccia di un grosso cerchio, del diametro di una trentina di metri, che sembrava “impresso a fuoco” sul terreno (cfr.tab.4).

                                                                             Tab. 4

Era formato da una grande “corona circolare”, larga una ventina di cm. e profonda dai 10 ai 15, che mostrava evidenti segni di bruciatura: l’erba era arsa e il terreno come indurito da una “cottura”. Nella parte centrale del cerchio vi erano quattro impronte circolari (del diametro di un metro e profonde 30 cm.), perfettamente equidistanti dal centro e disposte agli angoli di un ipotetico quadrato, entro il quale la terra appariva di nuovo completamente riarsa, come se vi fosse stata proiettata la vampa di un lanciafiamme. All’interno della “corona circolare” Giuseppe rinvenne numerose pietruzze di colore scuro, durissime, di forma poliedrica e dalla superficie liscia e pulita. Alcuni di questi reperti furono consegnati da parte della S.U.F. (Sezione Ufologica Fiorentina, di cui lo scrivente è il rappresentante per la provincia di Parma) all’Istituto di Mineralogia, Petrografia e Geochimica dell’Università di Firenze, diretto dalla Prof.ssa Nara Coradossi.

All’analisi diffrattometrica [la stessa impiegata per le “gemme” rinvenute a Stra (VE), caso del 1998 – cfr. pag 48 “UFO: vent’anni di indagini e ricerche”, di G.Pattera], condotta dal Dr.Corsini, si rivelarono “cristalli di quarzo di tipo a (trigonale) senza impurità di altri minerali” >>.




Qui termina la scrupolosa ricostruzione degli eventi curata dal Dr.Conti.

Tuttavia, come ogni indagine scientifica seria e scevra da preconcetti deve contemplare, occorre considerare anche quei particolari che potrebbero prestare il fianco ad interpretazioni diverse da quelle di carattere ufologico.

Il tipo di quarzo a struttura prismatica rinvenuto nella traccia di Montalcino è facilmente reperibile in zona, in quanto fa parte della struttura geologica del senese.

Questo potrebbe togliere valore alla sua presenza nel luogo del presunto atterraggio, se non fosse inspiegabile (come nel caso di Stra) il fatto della notevole quantità di cristalli trovata in quel preciso punto e, quel che più fa specie, limitatamente allo spazio circoscritto dal cerchio, impresso al suolo dal contatto con l’ordigno sconosciuto. Pertanto sembra non essere azzardata l’ipotesi che i residui lìtici raccolti dal testimone si siano formati in conseguenza di un’azione energetica (termica ?) esercitata sugli elementi che componevano il terreno, i quali si sarebbero trasformati fino ad assumere quel particolare aspetto.

Come si evince, dunque, le stesse considerazioni (formulate per “casi” diversi, avvenuti ad oltre trent’anni di distanza l’uno dall’altro, in regioni geologicamente diverse) risultano ancora valide fra loro e, fino a prova contraria, le uniche tuttora compatibili con l’interpretazione in chiave extraterrestre: la qual cosa sta a confermare, se mai occorresse, che il fenomeno U.F.O. resta al di fuori e al di sopra del tempo e dello spazio.

                                                                                                                   

 BIBLIOGRAFIA

A.Ferrari - CHIMICA GENERALE E INORGANICA - Università di Parma, 1958

GALILEO - ENCICLOPEDIA delle SCIENZE e delle TECNICHE (vol.8°) - Sadea Editore, Firenze - 1966

IL GIORNALE DEI MISTERI (n.°133) - C.Tedeschi Editore, Firenze - giugno 1982

C.U.N. - NOTIZIARIO UFO (n.°101) - P.Violin Editore, Padova - sett./ott. 1983

Boncompagni/Lamperi/Ricci/Sani - UFO IN ITALIA (vol.3°) - Edizioni UPIAR, Torino - 1990

Verga M. - TRACAT (III ed.) - Edizioni UPIAR, Torino - 1992

Bianchini M./Cappelli R. - GLI UFO IN VISITA A SIENA - Edizioni UPIAR, Torino - 1996

G.Pattera – UFO: vent’anni di indagini e ricerche – PPS Editrice, Parma - 2007

RIFERIMENTI

http://www.faden.it/pagine_htm/012pagina_cristalli_alfa_beta.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Quarzo



domenica 20 febbraio 2022

COME NASCE L’ESOBIOLOGIA

 

                                   di GIORGIO PATTERA

Cosa significa ESOBIOLOGIA ?

Il termine deriva dal greco: έξω (= fuori), βίος (= vita), λόγια (discorso)

quindi, letteralmente, «Discorso sulla Vita fuori…»

ma fuori da cosa…?

E’ il ramo della Biologia che indaga sulle possibilità di vita extraterrestre. Il termine fu introdotto da J.Lederberg nella riunione del COSPAR (Commettee on Space Research) tenutasi a Nizza nel 1957.

Scopi principali sono la ricerca di forme viventi che eventualmente esistano fuori della Terra e lo studio della fisiologia dell’uomo o di altri organismi portati nello spazio interplanetario, o approdati sul satellite Luna, oppure su altri pianeti. Poiché per riconoscere la presenza delle condizioni necessarie alla vita è assai utile la conoscenza dei primi stadi dell'evoluzione biologica sulla Terra, le indagini su questo argomento vengono considerate come parte imprescindibile dell‘Esobiologia.

L'ipotesi che organismi viventi esistano anche su altri pianeti del nostro sistema solare, o su pianeti di altri sistemi della nostra o di altre galassie, è stata formulata fin dai tempi più antichi: basti ricordare che ne parla già Lucrezio nel «De rerum natura». 

L'argomento è stato poi ripreso in varie opere, dal Rinascimento in poi, in particolare negli «Entretiens sur la pluralité des mondes» di Bernard Le Bovier de Fontenelle (1686).


In epoca moderna, la teoria della Panspermia, per spiegare l'origine della vita sulla terra, fu sostenuta fra gli altri da H. Helmholtz, W. Thomson (Lord Kelvin) e soprattutto da S. Arrhenius, il quale la espose nel libro: «Il divenire dei mondi» (1906).





Secondo questo autore, la vita esisterebbe in molti corpi celesti e si trasmetterebbe dall'uno all'altro per mezzo di microrganismi, che navigherebbero negli spazi interplanetari e intersiderali e raggiungerebbero altri pianeti. Su quelli ove trovano condizioni adatte, si svilupperebbero, dando origine ai primi organismi, dai quali avrebbe inizio l'evoluzione: questa sarebbe stata l'origine della vita sulla Terra.

La teoria di Arrhenius non riscosse subito il favore degli altri ricercatori e per molto tempo non fu tenuta nella debita considerazione, in quanto le condizioni fisiche che si verificano negli spazi interplanetari (vuoto pressoché assoluto, intense radiazioni ionizzanti) non sono tali da consentire la conservazione di alcuna forma di vita a noi nota, anche quiescente, come le spore dei batteri.

Ma ne siamo proprio sicuri ? Ernst Chladni, fisico tedesco, nel 1794 pubblicò uno studio sulle meteoriti ferrose (sideriti), spiegandone l'origine e i fenomeni associati alla caduta. La sua tesi, dapprima fortemente osteggiata, trovò nel giro di pochi anni un valido sostegno negli studi di colleghi Chimici ed Astronomi. A lui nel 1979 è stato intitolato l'asteroide 5053 e un cratere lunare… e da quel momento il “vento” è decisamente cambiato in favore della Panspermia.

Dal 1968 in poi sono state individuate molte molecole organiche nelle nubi di gas e polveri della Galassia, oltre che in vari tipi di corpi celesti (meteoriti, qualche satellite dei grandi pianeti esterni, comete). Prendiamo in considerazione la cometa, ad esempio, come potenziale "veicolo" di diffusione della Vita nel Cosmo.



Secondo l’ipotesi degli astronomi FRED HOYLE e CHANDRA WICKRAMASINGHE, le comete, durante il loro viaggio, raccoglierebbero nello spazio le molecole organiche che incontrano e le trasporterebbero, protette dalle micidiali radiazioni cosmiche e dalla bassissima temperatura del vuoto interstellare (-273 °C) mediante "gusci" di grafite, denominati "fullereni".


E così si scopre che le comete, anziché seminare carestie e pestilenze sulla Terra, vi avrebbero (forse) portato la Vita…

E’ del 10 maggio 2001 la notizia "clamorosa" che un gruppo di ricercatori napoletani avrebbe isolato, all’interno di nuclei meteorici risalenti a qualche miliardo di anni fa, minuscoli batteri (cristallomicrobi o "cryms") in grado di riacquistare mobilità e capacità riproduttiva, una volta rimessi a contatto con acqua allo stato liquido. Questo, nonostante siano stati sottoposti per lunghissimo tempo, oltre alla disidratazione, a temperature estreme (dallo zero assoluto a migliaia di gradi) e pressioni elevatissime (alcune migliaia di atmosfere).

Ad onor del vero, non è una novità che anche sul nostro "minuscolo" Pianeta le forme di vita più elementari, i batteri, riescano a vivere in condizioni proibitive e solo in apparenza incompatibili con lo sviluppo di entità biologiche (come il magma vulcanico e le emissioni acido-gassose delle solfatare), oppure sopportare dosi di radiazioni di gran lunga superiori a quelle necessarie per uccidere un qualsiasi essere vivente, come il Deinococcus radiodurans. 

Questo microscopico batterio è un campione di resistenza alle radiazioni, tanto da comparire nel libro dei Guinness World Records come “The Most radiation-resistant lifeform” – la “forma di vita più resistente alle radiazioni”. Nel 2015 è stato l’oggetto di un esperimento condotto a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss), chiamato Tanpopo. L’idea era quella di esporre fuori della stazione orbitante pannelli contenenti piastre batteriche per testarne la sopravvivenza in questo ambiente estremo, in particolare la sopravvivenza alla radiazione con una lunghezza d’onda maggiore ai 200 nm.

Il 16 maggio 2000 la stampa riportava la notizia che un geologo italiano, il prof. Carlo Alberto Ricci, si apprestava a collaborare con la Commissione Scientifica Internazionale per l’Antartide, nell’ambito delle ricerche volte a riportare in superficie una particolarissima specie di “protobatteri”, localizzati dalla base permanente russa di Vostok nel 1994 nelle acque di un lago sotterraneo (lungo 200 km., largo 50 e profondo 500 metri), a 4.000 metri di profondità sotto i ghiacci dell’Antartide. Questo tipo di batteri sarebbe sopravvissuto per 500.000 anni in ambiente particolarmente ostile alla vita: al buio più totale, ad una temperatura di 2-3 °C sotto lo zero e ad una pressione di 400 atmosfere !

A tale ricerca si sono mostrate molto interessate anche le Agenzie Spaziali di vari Paesi, in quanto la situazione del lago custodito per millenni sotto un enorme spessore di ghiaccio potrebbe rivelarsi del tutto analoga a quella ipotizzata su Europa (uno dei satelliti di Giove) e sotto le calotte polari di Marte.

Come si può vedere, dunque, il problema si sposta, ma non si risolve…


I TARDIGRADI sono un phylum di “invertebrati protostomi celomati”. La loro capacità di sopravvivere in condizioni estreme è particolarmente sviluppata: sono in grado di affrontare e superare condizioni che sarebbero letali per quasi tutte le altre entità biologiche, resistendo in particolare a:

             mancanza d'acqua (possono sopravvivere quasi un decennio in condizioni di totale disidratazione);

             temperature alte o bassissime (possono resistere per pochi minuti a 151 °C, per parecchi giorni a -200 °C (~73K) o per pochi minuti a ~1K);

             alti livelli di radiazioni (anche centinaia di volte quelli che ucciderebbero un uomo);

             basse o alte pressioni (anche sei volte maggiori a quelle dei fondali oceanici);

             mancanza di ossigeno;

             raggi UV-A e, alcuni tipi, perfino ai raggi UV-B.

             Se posti in condizioni avverse come quelle sopra elencate, questi minuscoli invertebrati (0,1–1,5mm.) sviluppano una serie di meccanismi difensivi che vanno dall’incistidamento alla sospensione di ogni attività metabolica visibile (criptobiosi).


La «Kristianstad University» svedese ha prelevato in Kazakistan alcuni esemplari di tardigradi, che sono stati lanciati nello spazio, a bordo della sonda FOTON-M3 dell'European Space Agency (ESA), il 14 settembre 2007 dal cosmodromo russo di Baikonur. Collocati nel modulo Biopan 6, sono rimasti in orbita terrestre per 12 giorni, esposti alle radiazioni ionizzanti, allo scopo di testarne la resistenza nel vuoto cosmico. L’esperimento ha dimostrato come alcuni esseri viventi possano sopravvivere nello spazio in condizioni estreme e, proprio per questo, vengono definiti «estremofili» o «poliestremofili».

                                           Reticolo Internazionale Radiotelescopi del SETI

             COSA SIGNIFICA «ALIENO» ?

             Deriva dal latino «ALIUS» = che appartiene ad altri, per estensione = «estraneo»

             Nella terminologia legale, infatti, il termine «vendere» viene sostituito con «alienare», rispettando l’originale accezione latina

             Ma «estraneo» a cosa ?

             Data ormai per (quasi) certa l’assenza di entità biologiche superiori nel nostro sistema solare, dobbiamo guardare oltre…


                                                           “La più bella e profonda emozione

                         che possiamo provare è il senso del mistero;                                                                       

                                                            sta qui il seme di ogni arte,

                                                            di ogni vera scienza”.

                                                          (A.Einstein)

UN “CAPPELLO” INQUIETANTE…

di GIORGIO PATTERA   Il quotidiano “ LA GAZZETTA DI PARMA ” del 15 gennaio 1990 postava un breve ma intrigante trafiletto (integralmente r...