di GIORGIO PATTERA
L’amico Lorenzo Davoli, rovistando negli archivi d’una parrocchia della bassa reggiana (che omettiamo, così come l’identità dei testimoni citati, per dovere di privacy), si è imbattuto nella singolare storia d’uno “spiritello” che, secondo numerose testimonianze, avrebbe organizzato una specie di “caccia al tesoro”, fra il 29 giugno ed il 24 luglio del lontano 1802, in un podere attiguo ad una casa colonica in riva al Po.
Trascriviamo
in “cronaca diretta” l’incredibile vicenda, mantenendo volutamente il
linguaggio un po’ arcaico, tipico dell’epoca, per nulla togliere al velo di suspense che l’avvolge.
« Nel
giorno 23 di Luglio 1802 il Sacerdote Don A.M. di L. espose all’Arciprete Vicario
Foraneo di essa terra, che nella mattina del giorno antecedente al sopra venne
invitato a trasferirsi in compagnia d’altro Sacerdote di C., Don A.A., alla
casa di certo F., onde verificare l’asserita costante apparizione da più giorni
intorno all’abitazione del F. di un’ombra visibile, e parlante a due fanciulle,
l’una figlia di G.F., d’anni 11, e l’altra del fu A.B., d’anni 9, contigua alla
prima abitazione.
Vinti
piuttosto dall’importunità che dalla Credenza si trasferirono al luogo
indicato, ove ebbero a restar sorpresi oltre modo dalla fermezza ingenuità, ed
innocenza, colla quale asserivano le fanciulle di vedere l’ombra vagante in
pien meriggio sul picciol campo attiguo alla lor casa. Come può immaginarsi non
lasciarono di chiederne la descrizione, che in poche parole limitassi
concordemente dalle veggenti dicendola un’ombra di “una bellissima fanciulla non più
alta d’un palmo, vestita di bianco all’uso campestre, calva il capo, e scalza
il piede, e parlante loro con voce sensibilissima”... Chiesero quindi
qual cosa loro avesse manifestata, e risposero avere l’ombra indicato fuori
d’enigma trovarsi un tesoro nascosto nel campo stesso, ed essere ella destinata
da Dio ad indicarlo.
La
maraviglia dell’Apparizione, le ferme risposte delle Villanelle determinarono i
sacerdoti menzionati darne parte al loro Superiore Ecclesiastico come sopra si
è detto onde prendesse in considerazione l’affare. L’Arciprete ben lontano dal
prestare una cieca credenza, ma non tale però da non valutarne la possibilità,
immediatamente me ne diede avviso al locale Giusdicente per quelle ragioni, che
potessero interessare la mia Provincia Governativa, e combinati di verificare
l’esposto privatamente prima di sottoporre il caso al Governo. Nel giorno
pertanto 23 di Luglio assieme ci recammo alla casa del F., ove dopo di avere
prese le più minute informazioni su l’indole e riflessione, e carattere delle
fanciulle, che ritrovassimo quali si convengono a persone innocenti, mi feci
condurre dall’una di esse, cioè la B., sul luogo chiedendo se in allora vedesse
l’ombra descritta. Non s’eravamo inoltrati appena tre passi nel Canepajo, che
dopo alcune occulate indagini esclamò: “Eccola,
che tiene loro rivolto lo sguardo” ma nulla si vide. Inoltrai nel campo
unitamente alla fanciulla che asseriva d’essere ora seguita, or preceduta
dall’ombra; e sopravvenne intanto la B. che separatamente interrogata rispose
conformemente alla prima, indicando essa pure il luogo medesimo, ove la prima
diceva d’essersi l’ombra arrestata.
E chiesi
alle fanciulle cosa loro avesse detto, giacché eransi raggruppate in un angolo
del canepajo mostrando di far vedere con l’ombra che asserivan di vedere e
risposero che come già altre volte aveva fatto indicava esservi in quel
campetto un tesoro nascosto levato il quale sarebbe volata in paradiso.
Il
Vicario, che trovavasi avere appresso di sé un reliquiario, lo presentò alla
più picciola delle villanelle dicendole, che chiedesse a quell’ombra cosa fosse
ciò che teneva tra le mani, e dopo l’interrogazione disse avere l’ombra
risposta essere quella una reliquia. Non si fece caso di tale risposta
supponendo che la B. avesse non più altro manifestato che quello che ella
stessa conosceva; ma nella susseguente mattina, 24 di luglio, il B. si recò
alla Canonica dell’Arciprete asserendo di commissione della fanciulla (così
incaricata dall’ombra), che la reliquia a lei presentata nel giorno avanti
conteneva la maggior gloria del Paradiso, difatti era in esso Reliquiario
l’Augusto legno di Croce. L’ingenuità delle villanelle e la costante
indicazione locale nelle diverse parti del campo dell’ombra mi fecero risolvere
a proibire qualunque comunicazione delle fanciulle con altri, ordinando ai
parenti di riferire minutamente quanto di giorno in giorno accadesse.
Dal
giorno 24 di luglio fino al primo agosto costantemente si sono avute relazioni
di conferma aggiungendosi essere stata vista l’ombra da altre persone ancora.
Sul far della sera del 29 Giugno la R.B. che si trovava casualmente nel proprio
orto vide l’ombra sopradescritta portandone subito relazione ai suoi parenti
che nel giorno seguente a mattina avanzata veggendo nell’orto attiguo l’ombra
suddetta l’interrogò ma non ebbe risposta, e che sono passate tre intere
giornate interrogata se aveva fame e se voleva orazioni, sentì rispondergli
affermativamente al primo articolo, negativamente al secondo. Esibì quindi
della polenta e del pane, ma venne scielto il secondo, ed immediatamente
reccato dalla sorpresa fanciulletta collocandolo su una foglia di vite presso
l’ombra in terra; e che ritornando dopo tre ore più non vide il pane.
Quest’azione con egual esito si afferma dalla B., e non la sanno negare i
vicini, che vedono a reccare la vivanda; ma nessuno ha veduto l’atto dello
sparire, anzi la stessa fanciulla afferma che ciò non succede se non che in di
lei absenza. In oltre con tutta la fermezza asserisce essere stata nel quarto
giorno dell’apparizione avvisata a chiara voce, e chiamata a nome, che in quel
campo v’era un tesoro sepolto, aggiungendo finalmente d’essere seguita dall’ombra
stessa sino alla porta della chiesa parrochiale; ne’ campi sta sempre sospesa
per mezzo palmo circa da terra. Tralascio altri infiniti minutissimi detaglj
che non sono altro che o ripettizioni, o modificazioni de’ primi.
Avute le
risposte della R. mi feci a interrogare separatamente la F.F., che in tutto e
per tutto rispose di conformità, aggiungendo sol tanto di aver veduta l’ombra
tre giorni dopo la R., e ne ascoltò le parole dopo sei. Che l’ombra le richiese
ove fosse G.F., che voleva la Messa dello Spirito Santo, e che in quel luogo
eravi molto denaro diviso in due partite. Conformi sono poi le asserzioni
relative allo smaltimento del cibo, accompagnamento & c.
Quest’è
quanto ho potuto rilevare in conferma di ciò che m’avvenne nel giorno 23 luglio,
le quali cose l’Illuminato Superiore Governo valuterà come crederà opportuno; e
mi limito quindi ad esporre le deposizioni di altre tre persone adulte, le
quali asseriscono come segue.
La M.
figlia di V.D. dice che nel dopo pranzo del giorno 23 essendosi accostata alle
due picciole ragazze, mentre domandavano all’ombra supposta se il denaro che
accennava esser ivi sepolto fosse molto profondo, o superficiale, ed intese un
mormorio di voce che non capiva d’onde procedesse, senza però distinguere l’articolazione
delle parole; si seppe poi dalle dette ragazze, che l’ombra rispondeva, che il
detto denaro era molto interrato; detta M. conta di sua età anni 18 circa, ed è
pronta di confermare anche con suo giuramento il suo detto.
La P.
madre della R. suddetta d’anni 53 è pronta a confermare con giuramento quanto
segue. Asserisce che nella sera del sabbato giorno 24 luglio trovandosi sulla
porta di sua casa chiamando la propria figlia R., volgendo gli occhi verso il
letamajo contiguo al canepajo più volte mentovato vide “una puttina alta un palmo
poco
più sospesa in alto sopra il letamajo suddetto per l’altezza di due Braccia
circa”, e precisamente descrive la detta ombra come le ragazze.
L’A.
figlia del fu A.B., e della A.C. depone con suo giuramento di aver veduto nelle
forme agli altri conforme
l’ombra
suddetta 4 o 5 volte nel decorso del tempo dell’apparizione tanto nel canepajo,
quanto sulla massa.
Potrebbe
nascere il dubbio d’intelligenza ed impostura, e per assicurarmi quindi della
qualità delle persone che direttamente, o indirettamente hanno parte in questo
affare ho interpellato il parroco della Villa Don B.V. che sempre è stato
presente alle esposte ispezioni. Ed afferma che sono tutte degne di fede,
incapaci di dolo, e molto meno di voler ingannare su questo proposito; di
conoscerle di mente sana, e di fantasia regolata egualmente che per lo passato.
Qualunque
sia il valore che dare vorrà Vostra Eccellenza a questa narrativa sarà sempre
però essa appoggiata alla pura verità di fatto benché incapace io mi sia né di
provarlo all’evidenza, né di negarlo assolutamente.
L’arciprete
esso pure a sgravio del suo dovere partecipa l’affare al Vescovo Diocesano.
Sono con tutto rispetto ».
Lasciamo
ai lettori la più ampia libertà di commento sull’inconsueta vicenda, senza
tralasciare tuttavia una considerazione. In un paese, a quei tempi (inizio
ottocento), le uniche “autorità” costituite (i Carabinieri non esistevano
ancora) erano rappresentate da poche e ben precise figure: il parroco, il
farmacista, il maestro elementare ed il medico condotto, quando c’era… («...gente che sa di greco e di latino...»,
di manzoniana memoria...). Pertanto, in assenza della “scienza ufficiale” che
oggigiorno pretende di ridurre tutto a mera razionalità, risultava giocoforza
che l’inspiegato e l’inspiegabile fosse ricondotto alla menzogna o all’attività
del “maligno”. E se anche l’intervento del rappresentante della Chiesa, usa
fino a pochi secoli prima liquidare questi “accidenti” col sacro fuoco
purificatore dell’inquisizione, non riuscì a dimostrare né l’una eventualità,
né l’altra, è segno che...
Meditate,
gente, meditate...!
BIBLIOGRAFIA:
D.Spada
/ G.Tavaglione– IL PICCOLO POPOLO – Armenia, Milano – 1983
“…Chi dice che nella dimensione dell'individuo
di oggi non c'è posto per gli Elfi è in errore. Certo, sono stati scacciati da
un'industrializzazione implacabile, prima ancora che dall'incredulità degli
uomini, ma il loro esilio è ormai terminato e presto saranno ancora in mezzo a
noi…”