“Solo se sei pronto a considerare possibile l’impossibile,

sei in grado di scoprire qualcosa di nuovo”.

(Johann Wolfgang Goethe)

“L’importante è avere un pensiero indipendente:

non si deve credere, ma capire”

(Hubert Revees)


“L’Uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”

(Hubert Revees)

sabato 22 maggio 2021

VERDE È ALIENO ?

                                                           

                                                          di GIORGIO PATTERA

È facile riscontrare nella fantascienza classica, sia letteraria sia cinematografica, alcuni particolari iconografici che sembrano appannaggio (concetto non del tutto tramontato) dello stereòtipo di “entità aliena”. Quest’ultima, era sì ricostruita mediante tratti antropomorfici, ma qualcosa doveva pur essere mutato, per giustificarne la provenienza extraterrestre.

Ecco allora che l’alieno (o presunto tale) poteva presentare una specie di “trombetta” al posto del naso, le orecchie appuntite a dismisura (caratteristica ereditata da Spock in Star Trek) ed un paio di antennine sulla fronte, a mo’ di “ape Maia”; il tutto non raramente corredato da una variegata appendice caudale. Ed il colore? Beh, come il diavolo non può prescindere dal rosso-fuoco ammantato di nero, così il “marziano” o “venusiano” di turno (negli anni ‘50 non si era ancora usciti dal sistema solare...) mostravano costantemente sul proprio passaporto planetario la connotazione VERDE.

Era logica conseguenza, pertanto, che in caso di “incidente cosmonautico” (in gergo crash) l’entità aliena lasciasse sgorgare dal proprio corpo smembrato un liquido, assimilabile al sangue umano, di colore verdastro e, spesso, luminescente.

Va citato a questo proposito un episodio clamoroso, quello accaduto nella foresta di El Yunque (Porto Rico, teatro da sempre di numerosi fenomeni UFO), datato 19 febbraio 1984 ed indagato da Jorge Martin.

In seguito ad un presunto UFO-crash, reparti speciali dell’Esercito americano che stavano pattugliando la zona della National Rain Forest alla ricerca di eventuali relitti, si trovarono al centro di un’insolita situazione: il motore e le luci della jeep su cui viaggiavano smisero di funzionare, così come la radio ricetrasmittente, gli orologi al quarzo e tutti gli equipaggiamenti elettrici ed elettronici. Contemporaneamente avvertirono un pesante fruscio fra gli arbusti ed un calpestio di foglie secche, che si avvicinava dal profondo della macchia. Viste inutili le ripetute intimazioni ad identificarsi rivolte allo sconosciuto responsabile dello scompiglio, il comandante ordinò di aprire il fuoco sulla vegetazione in direzione dei rumori: almeno tre proiettili sembrarono aver colpito il bersaglio, ma il fruscio non cessò; anzi, crebbe d’intensità, stavolta in allontanamento, per poi dileguarsi. Quando tutto tornò normale, i soldati perlustrarono il perimetro e non senza sorpresa rinvennero sul terreno e sulle foglie tracce d’una sostanza liquida verde e luminescente. È doveroso aggiungere la testimonianza di Eldwin Godoy, tiratore scelto dell’Esercito americano di stanza a Fort Lewis.

Questi sostiene che molti campioni del cosiddetto “sangue verde”, raccolti in diverse occasioni di UFO-crash, sono conservati nei sotterranei della base, dopo essere stati analizzati nel laboratorio dell’Ospedale Militare Madigan Army Medical Center. 

All’analisi biochimica si sono rivelati una mescolanza di cellule di sangue umano, di sangue animale e di clorofilla: questi campioni, riposti al buio, emanano una luminescenza verdastra. Fantasia? Può darsi, ma con qualche doverosa riserva; riserva che già il termine fantascienza non può far a meno di suscitare, giacché la fantasia può contare come base di partenza su dati di fatto e la scienza, per fortuna, ha conosciuto e conosce tuttora revisioni a volte sconcertanti: la caduta del dogma geocentrico, ad es., e recentemente l’individuazione del 10° pianeta del sistema solare, lo confermano.

Ma vediamo su cosa si fonda il nostro assunto.

Gli organismi superiori che vivono sul nostro pianeta sono dotati d’un sistema interno di vascolarizzazione più o meno complesso, veicolante un liquido particolare, atto (fra l’altro) al trasporto di acqua, di elementi nutritivi e del fattore che consente la respirazione ed il metabolismo cellulare. È noto che nell’uomo e nei vertebrati tale liquido è di colore rosso per il contenuto in emoglobina, nella quale il gas trasportato (l’ossigeno) è legato al ferro. In alcuni invertebrati, invece (Scorpioni, Crostacei e Molluschi: es. Octopus vulgaris, il polpo del Mediterraneo), il ferro è sostituito dal rame ed allora il sangue si colora in blu (emocianina, dal greco cuanoV azzurro). Nei vermi (Sipunculidi) ritroviamo l’emeritrina (incolore) e negli Anellidi la clorocruorina, di colore verde (dal grecoclwroV = verde ecruoV = gelo, essendo quest’ultimi organismi privi di termoregolazione).


Anche nelle piante superiori ritroviamo una molecola del tutto simile all’emoglobina: è la CLOROFILLA, che si differenzia per avere il magnesio al posto del ferro e per il fatto che essa svolge la funzione di sintesi chimica dei carboidrati (amido), tramite l’azione dell’energia luminosa (fotosintesi). La clorofilla, di colore verde, non è circolante, ma fissata nei cloroplasti, piccoli organi disseminati nell’apparato cellulare dei tessuti vegetali.


Vediamo ora quanto di questa premessa può essere applicato al contesto non più della “science fiction”, bensì dell’Esobiologia.

I resoconti dei testimoni relativi a IR3, IR4 e IR5 (limitatamente a quelli attendibili), raccolti nel corso degli ultimi vent’anni, descrivono quasi sempre la presenza di (presunte) entità aliene dall’aspetto umanoide e dalla colorazione grigio-olivastra della pelle, che non indossano né tuta né casco autorespiratore. Inoltre, se possiamo concedere un minimo di credibilità ai cosiddetti “rivelatori” (1) (pur conoscendo la tattica, cui sono costretti, del “...ti dico una verità ed una menzogna insieme: sta a te discernere...”), i resti di queste creature recuperati dai militari in occasione di UFO-crash (Aurora, Socorro, Roswell, Corona, Aztec, Laredo, Albuquerque, ecc.) avrebbero evidenziato all’esame autoptico una struttura interna ad organizzazione più semplice di quanto quella esterna (antropomorfa) indurrebbe a pensare. In altre parole, al posto del cuore e dei polmoni esisterebbe un unico organo “rudimentale” (cristallo? È inevitabile l’assimilazione al quarzo, che possiede la proprietà di oscillare ad una frequenza di risonanza stabile, caratteristica comune al muscolo cardiaco...), che assolverebbe le medesime funzioni del cosiddetto cuore-polmone nel sistema circolatorio degli insetti. Questa affermazione non è frutto di elucubrazioni ufologiche, bensì di elaborazioni su documentazioni tecniche “top secret” effettuate già nel 1966 dalla “Foreign Technology Division” di Wright Patterson. 

L’assenza d’un cuore come quello dei Primati può dar adito alla supposizione che il “sangue alieno” sia soggetto quindi ad una circolazione di tipo “linfatico” e che il gruppo prostetico in esso contenuto (clorofilla) serva non tanto al trasporto di gas respiratori, bensì alla sintesi di sostanze energetiche (carboidrati) ed alla rigenerazione cellulare (fondamentale durante la permanenza nello spazio, in assenza di gravità), mediante la radiazione luminosa e l’apporto di anidride carbonica, che sulla Terra non mancano.

La clorofilla, quindi, è in grado di replicare le proprietà chimiche riscontrabili negli organismi animali, non ultima la configurazione sterica del nucleo porfirinico, formato da un anello tetrapirrolico tenuto insieme da ponti metinici (-CH=). L’unica differenza consiste, come abbiamo visto, nell’atomo centrale di Magnesio, al posto del Ferro, ma sempre con una “tetravalenza”. La ripetitività del “legame a quattro” che compare nelle strutture viventi sulla Terra ha già fatto ipotizzare agli scienziati, in alternativa alla chimica del Carbonio su cui si fonda la “nostra” vita, l’impiego del Silicio, l’unico elemento in grado di supportare “legami a quattro” (ovviamente con tutte le limitazioni che ne deriverebbero, perlomeno sul nostro pianeta…). A tal proposito vedi:

https://giorgiopattera.blogspot.com/2021/05/silicio-alieno-o-alieni-al-silicio.html.

E giungiamo finalmente al nòcciolo della nostra ipotesi di lavoro. È interessante notare che nella clorofilla al 4° anello pirrolico è legata una sostanza, il fitolo (presente anche nella vitamina K, che partecipa alla fotosintesi). Se ipotizziamo di sostituire il fitolo con un’altra sostanza, la Biotina (o vitamina H), otterremmo una molecola simile alla precedente, ma forse con qualche prerogativa in più.


Perché proprio la biotina? Per una serie di ragioni, che ora andremo ad illustrare.

La biotina, che fa parte dei cosiddetti fitormoni o sostanze attivanti, si presenta sotto forma di sottili aghi incolori (quindi non maschera il verde della clorofilla); è solubile in acqua ed è stabile al calore, agli acidi ed agli àlcali: al contrario delle altre vitamine, che sono molecole instabili e termolabili. Si rivela molto attiva: diluita infatti a 1:400 miliardi, mantiene ancora la propria azione stimolante. Costituisce il gruppo attivo degli enzimi che accelerano i fenomeni della moltiplicazione cellulare e catalizza le reazioni di fissazione e rimozione dell’anidride carbonica (CO2). Possiede una prerogativa assolutamente unica: a differenza delle altre vitamine con funzione coenzimatica, esplica la sua azione senza alcuna modifica della sua struttura e quindi è praticamente “eterna”. Unica “controindicazione” sta nel fatto che la biotina si decompone sotto l’azione della luce ultravioletta e degli ossidanti forti, fattori entrambi presenti nella nostra atmosfera; la qual cosa presupporrebbe un dispositivo di “schermatura” ad hoc in possesso delle entità aliene, per non vanificare le proprietà davvero straordinarie di questa sostanza. Una curiosità: le “membrane” scure rimosse dalle pupille dei presunti alieni deceduti nel crash di Roswell, erano lenti a contatto? Anche la nostra tecnologia annovera la produzione di lenti a contatto azzurrate << U.V. bloker >>, atte a schermare la radiazione ultravioletta…


Ma c’è di più. Sappiamo che la biotina si può attingere da alcuni alimenti, fra i quali ricordiamo la carne e il latte dei bovini, nonché la carne e le uova del pollame. Inoltre è presente in abbondanza nei tessuti tumorali dell’uomo e degli animali, proprio per la sua prerogativa di accelerare la moltiplicazione cellulare, cui abbiamo già accennato. A questo punto sorge spontaneo l’interrogativo: può sussistere una correlazione fra il fenomeno, ancora inspiegato, delle “mutilazioni animali” (Mysterious Animal Mutilation, M.A.M.) e l’esigenza da parte dei presunti alieni di reperire la biotina negli organi e nei prodotti di questi animali?

Altra domanda: quanti animali sottoposti a mutilazione di organi erano affetti da patologie neoplastiche non ancora conclamate? A proposito del pollame, è giocoforza ricollegarsi al caso di Varzi (PV) del 5 giugno 1983, che abbiamo già esposto nel corso del Congresso Internazionale di S.Marino del 1993 e la cui relazione è stata pubblicata in “UFO Notiziario” n.° 8 del gennaio 2000.

Altra ipotesi da non sottovalutare, anche se non necessariamente legata al binomio clorofilla-biotina, è la seguente: nel corso delle M.A.M. si è osservato che la maggior parte degli organi asportati (pelle, mucose, mammelle, orecchie, intestino e genitali) è di origine embrionale (ectoderma). Si tratta di cellule indifferenziate (staminali, come quelle del cordone ombelicale) “totipotenti”, atte cioè a produrre qualunque tipo di organo, purché indirizzate su di una determinata linea genetica. Queste cellule, tralasciando l’eventuale contenuto in biotina (di cui in letteratura non abbiamo ancora documentazione), potrebbero essere utilizzate dalle presunte “intelligenze” aliene per la costituzione di “cloni” umani, ibridizzando un ipotetico genoma extraterrestre con quello umano, allo scopo di ottenere una mutazione più consona a future quanto sconosciute condizioni ambientali.

Fantascienza? Forse; ma il dubbio è indispensabile alla Ricerca, quella “pura” :  e solo il tempo sancirà chi, come nel caso di Giulio Verne, aveva intuito esattamente…

 

(1) = Si tratta, nella fattispecie, di due ex-militari USA: Richard Charles Doty (detto “Falcon”, sergente presso l’Ufficio investigativo speciale dell’USAF alla Base KIRTLAND di Albuquerque, New Mexico) e del capitano Robert Collins (detto “Condor”), collega del precedente.    

 

FONTI:

http://www.bigfootencounters.com/sbs/ftlewis1.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Fort_Lewis

https://www.exopaedia.org/Collins%2C+Robert

http://www.usac.it/articoli/casale_ebe/casale_ebe.htm

https://www.recensito.net/archivio/32-mistero-e-insolito/6643-mutilazioni-animali-misteriose-un-enigma-ancora-irrisolto.html

https://runelore.it/in-evidenza/805-mutilazioni-animali-misteriose.html




BIBLIOGRAFIA

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Moruzzi / Rossi / Rabbi – PRINCIPI di CHIMICA BIOLOGICA – Università di Bologna, 1983

 

Casella / Fornaroli – FISIOLOGIA UMANA – Università di Pavia, 1970

 

E.Strasburger – TRATTATO di BOTANICA – Vallardi, Milano – 1968

 

U.D’Ancona – BIOLOGIA GENERALE – Cedam, Padova – 1969

 

U.D’Ancona – ZOOLOGIA – UTET, Torino – 1970

 

S.Ranzi – ISTITUZIONI di ZOOLOGIA – Ambrosiana, Milano – 1972

 

M.Sarà – BIOLOGIA e ZOOLOGIA GENERALE – Cacucci, Bari – 1966

 

U.S.E.S. – ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA – Edizioni Scientifiche, Firenze

 

GALILEO – ENCICLOPEDIA delle SCIENZE e delle TECNICHE – SADEA, Firenze - 1966

 

DOSSIER ALIENI - nn. 14 / 15 – sett./ott. 1998

 

UFO Notiziario – n.° 8 – gennaio 2000

 

“UFO: Segreto di Stato” (Columbia Tristar Home Video)

domenica 2 maggio 2021

SILICIO ALIENO o ALIENI AL SILICIO ?

 


                                           di GIORGIO PATTERA

Una delle contestazioni più frequenti che gli ultra-scettici rivolgono, non senza fondatezza, agli studiosi di esobiologia è la mancanza, a parer loro, di “prove concrete” sull’effettiva interazione fra presunte entità aliene ed il nostro pianeta. Questo perché (ed “una tantum” siamo d’accordo) sia i resoconti dei testimoni, anche i più attendibili, sia le immagini fissate da fotocamere o videocamere non possono essere considerate conferme assolutamente probanti, anche se con gli attuali software informatici è possibile verificare la genuinità o meno degli avvistamenti.

A questo proposito va ricordato che sono numerosi a livello mondiale i rapporti di UFO-crashes, ma veramente pochissimi risultano confortati da prove tangibili che, al di là delle astronavi “viti & bulloni” tanto care alla science-fiction degli anni ’50, abbiano dimostrato l’inconfutabile presenza sul suolo terrestre di elementi o materiali decisamente “alieni” (dove il termine alieno va interpretato nella sua accezione originale latina: diverso da…).

Prescindendo dai frammenti del caso Roswell, sui quali l’intreccio “testimoni civili / apparati militari e governativi di copertura” ha fatto scrivere tutto ed il contrario di tutto, i più noti campioni metallici residuati da presunti impatti UFO / suolo terrestre rimangono ancor oggi quelli relativi al caso di Ubatuba (Brasile, 1957). Malauguratamente la solita banda del “buco nero” (nel senso che i laboratori brasiliani e statunitensi incaricati delle analisi, pur avendone accertata la composizione in magnesio puro quasi al 100 %, non li hanno mai restituiti) li fece sparire, con la connivenza – si dice – dello stesso Jacques Vallée, uno dei più seri e competenti ricercatori in campo ufologico, che tuttavia negli ultimi tempi sembra aver compiuto, più o meno spontaneamente, una clamorosa quanto inattesa inversione di marcia.

Raramente, dunque, i risultati delle analisi effettuate sui frammenti rinvenuti sui luoghi dei presunti “incidenti UFO” sono stati resi noti all’opinione pubblica. Uniche eccezioni sono quelle che andiamo ora ad elencare.

Dalnegorsk (a nord di Vladivostok), costa russa del Pacifico, Mar del Giappone, 29 gennaio 1986, ore 19:55.

Citiamo testualmente dal rapporto del Dr.Valery Dvuzhilny, responsabile della Commissione dell’Estremo Oriente sui Fenomeni Anomali : «Gli abitanti della cittadina osservarono una sfera arancio-rossastra, grande quanto una mezza luna, che volava parallela alla superficie terrestre provenendo da sud-ovest, ad un’altitudine di 700-800 metri. L’oggetto procedeva, nel più assoluto silenzio, ad una velocità (cronometrata) di 15 m/sec. e durante il percorso non cambiò mai direzione o altitudine, né presentò alcuna angolazione di caduta. La strana sfera luminosa sorvolò il monte Izvestkovaya (o Collina 611: nella cartografia russa le colline e le montagne sono segnate in base all’altitudine), poi bruscamente virò di 60-70 gradi in basso, verso la scogliera, ove precipitò e continuò a bruciare per oltre un’ora». Nella sede dell’impatto, infatti, furono riscontrati evidenti segni di combustione, causati da alte temperature, oltre a numerosi frammenti di metallo. I reperti furono analizzati da diversi laboratori dell’ex-URSS e da 11 Istituti di Ricerca della Federazione.

I risultati, resi pubblici sul quotidiano “Socialist Industry” (ora “Rabochaya Tribuna”) grazie al clima sociologico-innovativo introdotto dalle riforme politiche – Glasnost & Perestroika – volute da Gorbachev, furono unanimi: si trattava di prodotti di alta tecnologia e non di elementi di origine naturale o terrestre. Questo perché Petukhov e Faminskaya, membri del Council of Scientific and Engineering Sciences Commission on Paranormal Events, isolarono nelle lamine rinvenute nella sede dell’impatto quasi tutti gli elementi chimici dell’intera tavola periodica del sistema di Mendeleev, in cui il silicio aveva la parte preponderante (20%).

Kadima (Israele), settembre 1997.

Nella traccia al suolo lasciata in seguito all’atterraggio d’un presunto oggetto volante non identificato, vengono rinvenuti alcuni frammenti d’apparente consistenza metallica.



Uno di questi, nel corso del 13° Simposio Mondiale di San Marino del marzo 2005, viene consegnato al sottoscritto, Biologo e responsabile tecnico del Comitato Scientifico del CUN, che provvede a sottoporlo alle opportune analisi. Ne risulta che il frammento in questione è costituito da Silicio al 53.3 %, da Ematite al 44 %, da Fluorite e Quarzo-al 1.3 %. Tuttavia nel grafico difrattometrico c’è un picco (in corrispondenza dell’angolo 2 q  = 47.580) che l’apparecchiatura (Philips Analytical X-Ray) non è riuscita ad identificare (isotopo sconosciuto del silicio ?).

Connecticut (USA), agosto 1998.





Nel corso di un’intervista rilasciata alla giornalista Paola Harris, il Dr.Michael Wolf (plurilaureato e membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze) le consegna alcuni frammenti apparentemente metallici (a suo dire d’origine extraterrestre) rinvenuti dopo un UFO-crash e dallo stesso esaminati per conto della NSA (National Security Agency), la cui fonte di provenienza tuttavia deve considerarsi riservata. Wolf precisa inoltre che le analisi effettuate negli USA sugli stessi frammenti hanno diagnosticato una purezza in Silicio del 99.99 %, con la presenza dello 0.01 % d’un isotopo non terrestre.

Portati in Italia per le analisi, i frammenti vengono consegnati a due laboratori: uno presso l’Università di Pisa, l’altro ad un centro specializzato nella produzione di semiconduttori ad alta tecnologia per impieghi militari (missilistica) dell’Aquila. Due i referti stilati, ma entrambi concordano nel dichiarare “di non aver mai visto nulla di simile”. In particolare, l’Ing.Luciano Pederzoli, dell’Università di Pisa, nella sua perizia afferma che “si tratta indubbiamente di silicio, ma non si è in presenza d’un superconduttore, in quanto gli atomi sono posti in modo estremamente disordinato, come se fosse stato sottoposto ad altissime temperature, che hanno portato il materiale ad una rapida ebollizione seguita da un altrettanto rapido raffreddamento”. Se si considera che il silicio raggiunge la temperatura d’ebollizione a 3.265 °C, non c’è da meravigliarsi che lo stesso Pederzoli abbia rilevato nei frammenti alcuni micro-fori, del diametro di frazioni di millimetro per qualche cm. di lunghezza, probabilmente derivati dalla formazione di bolle di gas di silicio, espulse dalla massa metallica a causa dell’elevatissimo shock termico subìto. Una specie di “effetto-cometa”, per esemplificare. L’analista aggiunge che, oltre al Silicio, i frammenti contengono anche un’esigua percentuale di altri elementi, in corso d’identificazione.


SUL FRAMMENTO "WOLF" E' POSSIBILE CONSULTARE :


http://mauriziobaiata.net/2016/01/18/2736/

RILIEVI C.E.V. (Campo Energetico Vibrazionale) –su un frammento di presunto impianto in silicio relativo al “caso Wolf”.  Test eseguiti a Roma e Bologna -  febbraio – marzo 2015 - CTA (Consulente Tecnico Ambientale) DANIELE GULLÀ:
https://mauriziobaiatadotnet.files.wordpress.com/2015/06/gulla-rilievi-silicio-caso-wolf-1.pdf

Torre Pellice (TO), febbraio 2000.

In occasione del sopralluogo condotto presso una famiglia della zona collinare torinese, allo scopo di verificare la realtà di presunti contatti del 4° tipo sostenuti da un componente del nucleo familiare stesso, ebbi modo di osservare un frammento di minerale a me sconosciuto. Questo mostrava in apparenza caratteristiche metalliche, ma era notevolmente più leggero (rispetto alla massa); inoltre la superficie, pur non essendo perfettamente “piana”, appariva lucida e riflettente (tipo cromatura o acciaio inossidabile), come quella dell’ematite levigata, ma molto più chiara. Presentava anche numerosi micro-fori, sparsi qua e là senza un criterio di disposizione, come i forellini di tarlo nei mobili antichi. Incuriosito dalla visione di quello strano campione, chiesi al testimone la provenienza di quel reperto e candidamente mi fu risposto che “gli era stato offerto dagli alieni come prova concreta dell’avvenuto contatto fra extraterrestri ed umani…” (!) …

Sempre più incuriosito, chiesi allora il permesso di staccarne un frammento, per poterlo sottoporre ad opportune indagini (è l’imperativo categorico di ogni uomo di scienza, indipendentemente dalla giustificazione sulla provenienza del presunto metallo, tutta da verificare…).

Ottenuto un tranquillo quanto inatteso assenso in merito, mi apprestai a frantumarne un angolino, ma l’operazione si rivelò subito molto più difficoltosa del prevedibile. Dopo ripetuti quanto inutili tentativi iniziali con un martello da geologo, interponendo un panno per non inquinarne la superficie, dovetti ricorrere ad uno scalpello d’acciaio; ma anche così la punta dell’attrezzo “scivolava” sulla superficie liscia del campione, come un pneumatico su marmo bagnato.

Finalmente la punta dello scalpello riuscì ad incunearsi in una nicchia corrispondente ad una linea di frattura e così potei staccarne un frammento, che all’analisi difrattometrica eseguita presso un laboratorio del CNR si rivelò SILICIO PURO al 98.36 %, con tracce di Fluorite e Calcite in ragione dello 0.81 % ciascuna.







Inutile ricordare che in natura non esiste il Silicio allo stato quasi puro come quello in oggetto: nella crosta terrestre, infatti, il silicio non si trova mai allo stato elementare, ma sempre combinato sotto forma di sìlice e di silicati. Quando diciamo “in natura”, comprendiamo anche le meteoriti, che fanno parte del Sistema Solare come la nostra Terra. Il silicio, in lega col ferro a formare i siliciuri, è il costituente di particolari meteoriti, le olosideriti : in una delle più notevoli (peso kg. 102, del tipo nelsonite), scoperta nel 1847 a Seeläsgen (ora Przelazy, Polonia), venne riscontrata una percentuale di silicio del 1.16 %.  




Non entro nel merito se possa corrispondere a verità o meno quanto riferito dal testimone, circa la “consegna” del frammento da parte di presunte entità aliene. Come uomo di scienza, già il dato di fatto che mi si presentava, vale a dire l’estrema purezza del campione, era più che sufficiente per stimolarmi ad effettuare ulteriori indagini, ad esempio quelle sulla conducibilità elettrica. Da questa è emerso, fra l’altro, che applicando in due zone qualsiasi (e sempre differenti) i puntali d’un tester posizionato sulla scala degli Ω (Ohm, misura della resistenza), i valori sul display cambiano continuamente, senza mai assumere il segno negativo, oscillando fra lo zero e misure notevolmente elevate (anisotropia). (*)

Questo concorderebbe con le risultanze delle indagini condotte all’Università di Pisa, secondo le quali il frammento analizzato dall’Ing.Pederzoli, macroscopicamente simile al nostro, si era rivelato un cattivo conduttore d’elettricità. Prerogativa, questa, derivata forse dal fatto che le alte temperature cui era stato sottoposto ne avevano “scompaginato” la struttura microcristallina, per cui l’impulso elettrico applicato alle estremità è ancora in grado di fluire, ma con difficoltà, come se procedesse “disorientato”: un po’ come un “boys-scout” privo di bussola…

In casi come questo, mai è esagerata la prudenza con cui lo scienziato, quello serio, deve muoversi; e deve possedere anche un’altra laurea: quella che gli consenta di interpretare, come sempre, il non facile ruolo dell’avvocato del diavolo.

E se si trattasse di silicio sintetico, industriale, made in “Silicon Valley”, tanto per intenderci ?

Ipotesi tutt’altro che da scartare, vista l’estrema velocità con cui la tecnologia dell’elettronica procede incessantemente; ipotesi già formulata (ed altrettanto velocemente accantonata) anche dagli analisti toscani.

Tuttavia l’arte di “toccare con mano” va sempre esercitata e così ci siamo procurati alcune lamine di silicio sintetico, realizzate nei laboratori di ricerca del CNR. Queste, una volta polverizzate, all’analisi difrattometrica risultano composte da Silicio in ragione del 40 % e di Fluorite per il 60 %.


Queste percentuali, pur considerando una tolleranza del ± 10 %, sono ben lontane dai valori osservati nei campioni precedenti, ma il dato più importante è nascosto fra le righe, pardon, fra i raggi X : il silicio di cui sono composte le lamine artificiali, a differenza di quello presente nei reperti “alieni”, non è orientato, come specifica la nota tecnica in calce al referto. Ciò significa che il metalloide, in seguito alle procedure di sintesi, ha perduto la struttura cristallina, diventando amorfo. Da qui la supposizione (e la conferma) di un’altra differenza, a carico della conducibilità elettrica: sottoponendo la lamina sintetica all’esperimento col tester sopra citato, lo strumento non rileva alcun passaggio di corrente. Era lecito, d’altronde, attendersi che i due tipi di campione fossero fondamentalmente differenti, in quanto già all’esame obiettivo la lamina presenta una superficie completamente liscia, ma opaca (color grigio scuro), che solo alla sezione trasversale lascia intravedere un riflesso, anche se attenuato, simile a quello del reperto fornito dal presunto “contattato”. 

Ma se una rondine non fa primavera, può darsi che due facciano il nido ed allora, per onestà intellettuale e per incrociare i dati, ho chiesto ed ottenuto di far analizzare il reperto anche da un secondo Laboratorio, specializzato in Metallurgia: quello dell’Università di Roma “Tor Vergata”, dal quale è pervenuto un referto praticamente sovrapponibile al precedente.


In aggiunta, sono state scattate diverse immagini al microscopio elettronico, che rivelano un’insolita ed enigmatica struttura interna del metalloide: ad alta risoluzione, il blocco di silicio appare attraversato da più “fasce” parallele (tipo costolature), in cui sono inserite delle non meglio definibili forme discoidali, disposte “a tazzine impilate”, sul cui significato ovviamente nessuno osa pronunciarsi.







A PROPOSITO DELLA MICROSTRUTTURA DEL SILICIO "ALIENO" RISCONTRABILE DALLE FOTO DEL MICROSCOPIO, VI SEGNALO QUESTA CURIOSA ED INTERESSANTE ANALOGIA RIGUARDO UN METEORITE CADUTO IN SRI LANKA NEL 2013:

http://marcolarosa.blogspot.it/p/aggiornamento-sul-silicio-alienoo.html

Come si vede, dunque, il silicio sembra essere costantemente coinvolto nei casi in cui presunti oggetti volanti non identificati interagiscono con la superficie terrestre, lasciando evidenti residui.

Ma perché tanto interesse per questo elemento che, a conti fatti, è il più diffuso nella crosta terrestre dopo l’ossigeno? Tutto dipende dalla somiglianza strutturale fra silicio e carbonio (entrambi fanno parte dello stesso gruppo, il 4°) e la conseguente facilità di instaurare legami con gli atomi d’altri elementi.


In effetti la ripetitività del “legame a quattro” che compare nelle strutture viventi sulla Terra ha fatto ipotizzare agli scienziati, in alternativa alla chimica del Carbonio su cui si fonda la “nostra” vita, l’impiego del Silicio, l’unico elemento in grado di supportare, per l’appunto, “legami a quattro” (ovviamente con tutte le limitazioni che ne deriverebbero, perlomeno sul nostro pianeta…). Il Silicio tuttavia non ha le grandi possibilità del Carbonio, in quanto non forma le lunghe catene tipiche della chimica organica: infatti il legame Silicio–Silicio possiede un’energia troppo bassa, che non permette una grande stabilità. Per questo motivo gli atomi di Silicio sulla Terra tendono a legarsi con l’Ossigeno atmosferico, formando catene Si-O-Si-O-…. in cui ogni atomo di Silicio si lega a 4 atomi di Ossigeno.

A conclusione di tutto il discorso, va citata una curiosità: sul n.° 21 di «Dossier Alieni» del nov./dic.1999, nella rubrica «Lettere alla Redazione», un lettore (che si firma Iztok Kocjancic) afferma di «possedere un “sasso” identico a quello del Dr.Wolf», illustrato su UFO Network nel numero di luglio/agosto dello stesso anno. L’autore della corrispondenza aggiunge che lo strano ciottolo era appartenuto in origine al suo bisnonno, che poi gliel’aveva lasciato “in eredità”. Il bisnonno gli aveva anche confidato di «averlo ricevuto da un folletto o qualcosa del genere»: e qui la storia si ripete… Se fosse accertata, a suon d’analisi difrattometriche, l’identità fra i due reperti, considerando che ai tempi del bisnonno di Iztok sicuramente la tecnologia “terrestre” non era in grado di ottenere silicio con un tal grado di purezza (e questo ci sentiamo di sottoscriverlo), tutta la casistica inerente gli strani incontri con entità del “piccolo popolo” meriterebbe una rilettura, nell’ottica opportunamente adeguata all’attuale livello socio-culturale delle masse. In fondo, presunti alieni e folletti, secondo le testimonianze, hanno una caratteristica in comune: la bassa statura…  




(*)  = Naturalmente  lo stesso test è stato effettuato anche sul frammento di Kadima e sulla lamina di silicio sintetico; ma, come ci si attendeva, con esito negativo.

 

BIBLIOGRAFIA

F.Rizzatti – DAL CIELO ALLA TERRA – Bocca, Torino / 1906

A.Ferrari - CHIMICA GENERALE E INORGANICA - Università di Parma, 1958

Mario Nardelli - INTRODUZIONE alla CHIMICA MODERNA – Ambrosiana, Milano / 1974

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Moruzzi / Rossi / Rabbi – PRINCIPI di CHIMICA BIOLOGICA – Università di Bologna, 1983

GALILEO – ENCICLOPEDIA delle SCIENZE e delle TECNICHE – Sadea, Firenze / 1966

ENCICLOPEDIA delle SCIENZE – Vallardi, Milano / 1995

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ENCICLOPEDIA della CHIMICA – Garzanti, Milano / 1998

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AA.VV. – UFO DOSSIER X – Fabbri Editori, Milano

C.U.N. - Dossier Alieni

C.U.N. - UFO Network

UN “CAPPELLO” INQUIETANTE…

di GIORGIO PATTERA   Il quotidiano “ LA GAZZETTA DI PARMA ” del 15 gennaio 1990 postava un breve ma intrigante trafiletto (integralmente r...