“Solo se sei pronto a considerare possibile l’impossibile,

sei in grado di scoprire qualcosa di nuovo”.

(Johann Wolfgang Goethe)

“L’importante è avere un pensiero indipendente:

non si deve credere, ma capire”

(Hubert Revees)


“L’Uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”

(Hubert Revees)

giovedì 25 giugno 2020

L’UFO che non c’era…

                                                       
                                                                   di GIORGIO PATTERA



Nella prima pagina della rivista “AERONAUTICA” (n.°4, aprile 2007), capitatami fra le mani per caso, osservo una fotografia corredata da un titolo tanto intrigante quanto sorprendente, considerato l’ambito editoriale che la supporta ed il target di lettori cui si rivolge: “E’ un … UFO?” (cito testualmente).

La foto in oggetto, come indicato nel testo della didascalia a lato della stessa, è stata scattata con un telefono cellulare da un Comandante dell’A.M.I. di provata esperienza (all’epoca, 20.000 ore di volo) alle 12.15 del 9 marzo 2007 in Val di Fassa, a 2.100 m. di altitudine.


Nel fotogramma appaiono (da sx a dx) rispettivamente: una cresta innevata, la cima d’un monte e, in minima parte coperto da quest’ultimo, il disco solare. Ma il particolare interessante, che ha chiamato in causa, anche se con l’interrogativo finale, il tanto discusso acronimo anglofono, consiste in quell’immagine di color giallo-verde che si osserva sul lato sinistro del frame, a 2/3 del lato minore, sopra la cresta innevata (in posizione “h.21.50” circa) e che, per dare l’idea, ricorda “l’esombrella” d’una medusa o un “calice” a stelo corto, inclinato di 45° a sx.

A questo punto, il testo prosegue con le dovute considerazioni, prendendo in esame le varie ipotesi interpretative: escluso il parapendio (che mi trova concorde: si sarebbe notato al momento dello scatto, dato il suo lento movimento; senza contare l’eccessiva altitudine di lancio, la strana foggia e l’aspetto “traslucido” del particolare) ed esclusa anche “l’ipotesi che possa trattarsi d’un riflesso, scartata da vari esperti”, non resta che interrogarsi: “dato che sono visibili anche tre globi luminosi, è un UFO?”.

Non è dato sapere quali “esperti” ed in base a quali argomentazioni abbiano potuto escludere “sic et simpliciter” l’ipotesi “riflesso”, che invece (a mio modesto parere, ché nessuno possiede la verità…) ritengo essere la probabile, se non l’unica, interpretazione possibile.

In base a che cosa?

Lo vedremo subito, grazie a basilari concetti di fisica ottica, ad una minima conoscenza della struttura d’un obiettivo e, soprattutto, all’esperienza maturata in quasi 35 anni di attività foto-amatoriale, sia analogica che digitale.

Prima di addentrarci nei dettagli, ritengo sia utile fare alcune doverose premesse.


1) E’ sempre sconsigliabile effettuare riprese CONTRO SOLE, in quanto l’intensa radiazione luminosa dell’astro “acceca” il sensore della fotocamera, la quale, se si lavora in “automatico” (nel caso del cellulare), “chiude” il tempo di esposizione per contrastare l’eccessivo irraggiamento luminoso. Risultato: scarsa resa (sia in definizione che in luminosità) dei particolari compresi nel campo visivo e probabilità assai elevata di penetrazione di fasci luminosi “parassiti” che, attraversando le lenti dell’obiettivo, raggiungono il substrato sensibile (film o SD). Questo inconveniente, con le reflex che permettano di lavorare in “manuale”, può essere attenuato da fotografi esperti, “ingannando” o disabilitando temporaneamente l’automatismo del sensore.

2) E’ comunque molto arduo analizzare fotogrammi scattati mediante un cellulare datato (sotto i 2 MPX), causa la scarsa risoluzione dell’immagine, il tempo di posa dettato dall’automatismo e la lunghezza focale dell’obiettivo, super-grandangolo, decisamente inadatta. Tuttavia, nella fattispecie, risulta evidente che il particolare (il presunto UFO) che si osserva sopra la cresta innevata NON è un OGGETTO VOLANTE NON IDENTIFICATO, bensì il risultato di uno dei numerosi e noti fenomeni di rifrazione luminosa, che in fisica ottica vengono raggruppati nella definizione di “aberrazioni ottiche”. In particolare: questo tipo di aberrazione, frutto di un curioso “gioco a rimbalzo” attraverso le lenti dell’obiettivo della radiazione luminosa proveniente dalla fonte di luce principale (ed in questo caso anche “violenta”, cioè il disco solare), viene riconosciuto col termine tecnico di “ABERRAZIONE SFERICA” (cfr. schema sottostante). E’ un’aberrazione tipica dei sistemi ottici con lenti sferiche: queste portano alla formazione di un’immagine distorta. E’ causata dal fatto che la sfera non è la superficie ideale per realizzare una lente, ma è comunemente usata per semplicità costruttiva.


più specificatamente:


A conforto di quanto espresso, alleghiamo alcuni fotogrammi realizzati in condizioni simili (sorgente luminosa principale – sole - al centro o quasi dell’inquadratura, che “spara” nell’obiettivo) e scattati anch'essi mediante un cellulare di marca (Nokia 5800 Xpres).

Nel primo compare, in prossimità del margine inferiore dx del cartello in controluce, la stessa conformazione "a calice”, di color verde brillante, con nucleo luminoso all’estremità opposta (simile ai “globi” individuati nella foto del Comandante). La posizione del sole (al centro dell’immagine, ma a filo orizzonte, essendo al tramonto) giustifica la formazione dell’aberrazione sferica in posizione diagonalmente opposta rispetto alla foto pubblicata sulla rivista, ma sempre inclinata di circa 45°. Se si trascurano questi minimi particolari, appare pressoché IDENTICA ! Analogo discorso anche per il colore, che dipende sempre dalla posizione del sole: notoriamente, al tramonto, il disco solare è prossimo o tangente la linea dell’orizzonte ed assume la tipica colorazione arancio-infuocata o rossastra.


Nei restanti frames, altri esempi del fenomeno dell’aberrazione ottica, sempre con il sole in posizione (troppo !) centrale, sia alto che basso rispetto all’orizzonte, ma con i medesimi “risultati”.



Ribadiamo il concetto che con la ns. expertise non si vuole assolutamente mettere in discussione il contributo e la buona fede di alcuno. Vogliamo solo dimostrare che ciò che è stato memorizzato dalla SD, del cellulare in oggetto come da quella di tutti gli altri, non è riconducibile ad un “oggetto”, nel senso “solido” del termine, bensì, ripetiamo, ad un effetto di “aberrazione ottica”, con buona probabilità (anche se l’errore è sempre dietro l’angolo) di tipo “sferico”.


UN “CAPPELLO” INQUIETANTE…

di GIORGIO PATTERA   Il quotidiano “ LA GAZZETTA DI PARMA ” del 15 gennaio 1990 postava un breve ma intrigante trafiletto (integralmente r...