“Solo se sei pronto a considerare possibile l’impossibile,

sei in grado di scoprire qualcosa di nuovo”.

(Johann Wolfgang Goethe)

“L’importante è avere un pensiero indipendente:

non si deve credere, ma capire”

(Hubert Revees)


“L’Uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”

(Hubert Revees)

sabato 27 marzo 2021

QUANDO l’U.F.O. diventa I.F.O.

ovvero

la Scienza (quella indipendente) aiuta la ricerca:

il “modus operandi” d’un giornalista investigativo…

I FATTI:

Lunedì 28 ottobre 1985, ore 09:30 circa: SIVIZZANO di Traversetolo (PR).




Temperatura mite, leggera foschia. Due fratelli, agricoltori, sono intenti alla concimazione della vigna, accompagnati dall’inseparabile cagnetta Lulù, una bastardina a pelo lungo bianco e nero. Pur essendo giocherellona e molto giovane (un anno e mezzo), quando si trova coi padroni non abbaia mai, a meno che non percepisca qualcosa di insolito…

Durante il lavoro uno dei due fratelli intravede, proprio al centro di una chiazza del campo d'erba medica (tipo “Spagna”, falciata da poco) che si stende a lato della vigna, un’ombra scura a circa 150 metri dal punto in cui stanno lavorando. A prima vista, sembra loro trattarsi di un cacciatore accovacciato (dimensioni apparenti: h. m.1.70; diametro m. 1.00; forma “a pera” o “a uovo”, colla parte più grossa rivolta verso il suolo, da cui pendeva un’appendice lunga circa 30 cm.). Da notare una vettura ferma, priva di occupanti, al bordo di uno stradello non asfaltato, a circa 300 metri dalla chiazza, ritenuta di probabile appartenenza al cacciatore. Entrambi i fratelli non danno importanza alla cosa.

Dopo pochi minuti, tuttavia, la cagnetta comincia ad abbaiare furiosamente ed inspiegabilmente, puntando di corsa verso il centro della chiazza. Allora i due agricoltori, incuriositi, osservano attentamente il punto in cui avevano ritenuto si fosse fermato il supposto cacciatore e si accorgono che quella sagoma non è più ferma, bensì volteggia, dondolando a circa un metro e mezzo dal suolo; inoltre presenta delle strisce verticali rosse e verdi e sembra ruotare su sé stessa.

Dopo aver stazionato per qualche attimo a mezz’aria, l’oggetto (a questo punto possiamo chiamarlo così), che non emette né riflette alcuna luminosità ed appare adesso come un involucro di plastica, comincia ad innalzarsi lentamente e senza alcun rumore verso il cielo, dirigendosi verso Guardasone (frazione limitrofa, fuori vista, dietro la collina prospiciente), compiendo la seguente traiettoria (ricostruita in seguito al colloquio con i due contadini): sud-est (volo radente); nord-est (ascensione a 45°); est (scomparso dopo circa mezz’ora).

I TESTIMONI

A. e M. F. (generalità complete nell’archivio C.U.N.- PR), seri ed onesti agricoltori, abitano e lavorano da sempre nella piccola frazione di Sivizzano di Traversetolo. Godono la stima e la fiducia di tutta la popolazione e da tutti sono ritenuti testimoni assolutamente attendibili, incapaci di travisare i fatti od elaborarli con la fantasia.

In effetti, al termine dell’indagine, la suddetta considerazione è stata abbondantemente confermata, grazie anche ai lunghi colloqui avuti dall’inquirente per telefono e di persona con i due fratelli. Anche l’estrema discrezione con cui essi hanno parlato dell’accaduto a pochi intimi gioca tutto a loro vantaggio: ne accennano infatti solo durante la settimanale riunione del Caseificio Sociale, a titolo di curiosità. Dalla riunione al caffè del paese, dal barista al corrispondente di zona della “Gazzetta di Parma” e il cerchio si chiude.

TESTIMONE “a latere”

G.S., commerciante all’ingrosso di carni, noto imprenditore locale, è risultato in seguito teste-chiave dell’accaduto. Il caso sembra attribuirgli il compito di “svelatore di apparenti misteri”. Infatti, alla fine degli anni ‘50, quando il paese era ancora poco illuminato, con una fucilata mise fine all’alone di mistero che già s’era diffuso nel piccolo centro: non erano extraterrestri le sagome che nella penombra volteggiavano sul cielo di Traversetolo, bensì uno stormo di gru che avevano perso l’orientamento durante la migrazione.

L’INDAGINE:



Venuto a conoscenza del caso solo tramite la stampa locale in data 03/11/85, dopo aver preso accordi telefonici coi fratelli F., mi recavo sul luogo del presunto atterraggio il giorno appresso, vale a dire lunedì 4/11, a distanza, purtroppo, di una settimana dall’evento. Alquanto ridotte pertanto si presentavano le probabilità di rinvenire tracce eventuali al suolo, tenuto conto anche del fatto che il venerdì immediatamente precedente era piovuto in abbondanza. Questi comunque i risultati delle rilevazioni:

Orario d’inizio dei rilievi: h. 14:20

Altitudine sul livello del mare: m. 331

Condizioni meteo: temperatura al suolo 15°C; umidità 65 %

                              assenza assoluta di vento, sole tiepido, visibilità buona

Tracce macroscopicamente visibili al suolo: nel prato in leggero pendio che fa seguito alla vigna si notano alcune chiazze di forma ovoidale, all’interno delle quali l’erba tagliata di recente assume una tonalità di verde leggermente più chiara rispetto all’esterno. Quasi al centro del prato è posta quella di maggiori dimensioni, proprio nel punto esatto in cui fu visto stazionare l’oggetto. È un ellissoide quasi perfetto, il cui diametro maggiore misura metri 6 e quello minore metri 4. A lato, compiendo con l’asse maggiore del suddetto ellissoide un angolo di 90° circa, si nota un lungo solco (profondo 5 cm. e largo 10) che attraversa longitudinalmente tutta l’estensione del prato stesso.

DATI RILEVATI AL CENTRO DELL’ELLISSOIDE MAGGIORE

pH = 6,3; T° del sottosuolo = 14°C; umidità del sottosuolo = 100%;

impulsi al contatore Geiger = 27/m’

DATI RILEVATI ALL’ESTERNO DELL’ELLISSOIDE (a 3 metri dal centro)

in direzione NORD: pH = 5,5; T° = 13°C; um. = 100%; i.G. = 12/m’

in direzione EST: pH = 5,0; T° = 13°C; um. = 100%; i.G. = 18/m’

in direzione SUD: pH = 5,8; T° = 12,5°C; um. = 100%; i.G. = 16/m’

in direzione OVEST: pH = 5,2; T° = 12°C; um. = 100%; i.G. = 21/m’

Come si può notare, dunque, gli unici rilievi “anomali” (per così dire) sono quelli del pH, leggermente più alcalino, e del numero impulsi Geiger, superiore di circa il 30% al centro della chiazza maggiore rispetto al resto del terreno. Non certo sufficienti, in ogni caso, per poter parlare di “atterraggio”.

L’APPORTO DELLA STAMPA

Mai come in questa occasione, almeno per quanto ne sappiamo, la stampa e l’autore del “pezzo” hanno giocato un ruolo fondamentale nella risoluzione del caso, non tanto per la tempestività con cui è stata data la notizia, ma soprattutto per il “coraggio” dimostrato dal giornalista nel pubblicare sulla pagina locale del quotidiano di Parma un articolo di notevole richiamo sull’episodio, riportando nomi, cognomi e località, senza tema di attirare ironia o discredito sui testimoni. Probabilmente ciò è stato facilitato dal fatto che in un paese ci si conosce tutti e, se si gode stima e fiducia l’uno dell’altro, non si ha timore di essere “presi in mezzo”. Ma l’apporto positivo del giornalista, stavolta, non si è limitato alla segnalazione pura e semplice, ma si è protratto anche nei giorni successivi, seguendo le indagini con interesse e mantenendo contatti telefonici quasi quotidiani coll’inquirente.

Da sottolineare infine che lo stesso corrispondente, venuto a conoscenza dell’identità del testimone indiretto, me la comunicò per consentirmi di intervistarlo, riassumendone poi il tutto in un secondo articolo, apparso il 10 novembre: un lavoro egregio, direi !

CONCLUSIONI

I fratelli F. non credono all’esistenza di esseri extraterrestri ed il problema non li interessa. Eppure qualcosa di insolito quel mattino effettivamente videro e con loro pure la cagnetta (non dimentichiamo infatti che gli animali, specie il cane, possiedono per natura una sensibilità anche dieci volte più fine di quella umana). A confondere le cose, quel mattino, c’era quella tipica nebbia della Val Padana, ben nota come responsabile della deformazione dei contorni e dell’alterazione delle dimensioni oggettive. Pertanto nulla è loro imputabile nello svolgersi degli eventi, se non la cosa più semplice ed immediata da farsi, ragionando con una logica “esterna” rispetto alla mentalità di un contadino: andare a vedere subito da vicino che diavolo era quell’oggetto! Evidentemente in quel momento interessava loro soprattutto concimare la vigna, magari prima che riprendesse a piovere: ed onestamente non si può dar loro torto…In ogni caso, “...del senno di poi ne son piene le fosse…”.

La sorte, una volta tanto, si è schierata dalla parte dell’ufologo: se non fosse stato per la pronta e disinteressata disponibilità del Sig. G.S., probabilmente saremmo ancora a paragonare il caso con altri similari, magari accaduti all’estero, per farne scaturire analogie e trarne (chissà quali) indicazioni.


Il suddetto commerciante, venuto a sapere tra le chiacchiere del bar che uno strano individuo con assurdi marchingegni (indovinate chi era…) aveva perso tre ore in mezzo al campo senza approdare a nulla, non aveva esitato a dichiarare: “Macché extraterrestri ! Quell’auto ai bordi del prato era la mia; quella mattina ero andato a caccia con un mio parente, nel tentativo (rivelatosi poi vano, buon per essa…) di acciuffare una lepre, che da tempo era in zona e che mi era sempre sfuggita. Mentre lui girava per stanarla (ed era via già da un po’), mi sono stancato di aspettare in piedi e mi sono seduto in mezzo al campo. Vicino a me, impigliato in uno “spuntone”, c’era un pallone di plastica nera, col disegno di un cow-boy a vivaci colori. Era a forma di pera, perché in parte sgonfio. Poco dopo, visto che il mio compagno tardava, mi sono alzato per raggiungerlo, ma prima di allontanarmi ho districato la cordicella che fermava il pallone agli sterpi, liberandolo: questo perché ritenevo che quella sagoma ondeggiante potesse spaventare la lepre, facendola allontanare. E così l’ho osservato mentre pian piano saliva verso il cielo “.

Personalmente mi ritengo abbastanza soddisfatto dell’esito ottenuto, “in primis” perché, nel nostro ingrato impegno, è già molto (per non dire la cosa principale) riuscire a determinare con buona probabilità che cosa NON ERA l’oggetto in questione. Inoltre (secondario solo nel tempo, non certo per importanza) per aver impedito che altri, venuti a conoscenza del medesimo caso, “vendessero“ a certi canali folcloristico-sensazionalistici il fumo al posto dell’arrosto.

Vale a dire: la chiazza a forma d’ellissoide (causata dalla CUSCUTA, pianta parassita ben nota ai contadini) come “l’impronta lasciata dalla sagoma lenticolare dell’astronave aliena atterrata”; il lungo e profondo solco (tracciato dagli stessi contadini per favorire il deflusso delle precipitazioni) come “l’inconfutabile traccia del carrello d’atterraggio del disco volante”; la radioattività della zona centrale (normale variazione della radiazione cosmica) come “il risultato dell’interazione d’energie misteriose sull’erba, tali da farla ingiallire” (N.d.R.: la Cuscuta è di colore giallo-pallido e fa diventare dello stesso colore l’erba che parassita, soffocandola).

Come logica conseguenza, sarebbe iniziato il pellegrinaggio di curiosi, sedicenti esperti e “mistici” verso il campo dei fratelli F., rischiando la stessa fine che il cacciatore avrebbe voluto riservare alla lepre; il giornalista ed il sottoscritto le rispettive reputazioni; l’Ufologia in generale la solita figura di…

La “COSA”, dunque, era sì un OGGETTO, e pure VOLANTE, ma stavolta ben IDENTIFICATO: un involucro di plastica (tipo UFO-SOLAR), con il quale i bambini sognano di raggiungere le stelle. Un po’ come tutti noi…

Ma, come si sa, per raggiungere le stelle occorre avere i piedi ben piantati in terra… pardon, nel prato…

Giorgio Pattera

Commissione Scientifica CUN

Referente CUN Regione Emilia

Un riconoscimento particolare all’amico e collaboratore MAURO IOTTI, per avermi tempestivamente dato notizia del caso e per averlo costantemente seguito nel suo evolversi.

 


sabato 20 marzo 2021

VIAGGI NEL TEMPO

 


                                                        Tributo a Roberto Balbi

                                            Centro Ufologico Nazionale – Genova

“Molti anni fa, nel 1967, nel mese di luglio (il giorno preciso non lo ricordo) mi trovavo in Piemonte alla ricerca di vecchi manieri e di borghi fortificati: i castelli e l’arte medievale, civile e militare, mi hanno sempre intrigato. Intanto approfittavo dell’occasione per cimentarmi con fotocamere e cineprese, dato che all’epoca ero impiegato presso un grande magazzino e mi occupavo del reparto cine-foto-ottica, coniugando così l’hobby della fotografia e della cinematografia con la passione per i castelli. Ho sempre subìto il fascino di queste enormi masse di pietra edificate dall’uomo, dei mezzi usati per difendersi (e purtroppo anche per offendere), delle soluzioni artistiche e tecniche, proprie d’ogni epoca. Per chi vive a Genova, raggiungere il Piemonte è un gioco da ragazzi ed in poco più di mezz’ora d’autostrada ci si può immergere totalmente in questi frammenti di passato.  


                                          

Quel giorno mi trovavo in uno di questi paesi, fra Cremolino ed Acqui Terme, con l’intento di fotografarne i castelli, molto ben conservati e posti in alto, fra i vigneti, a guardia dei tetti rossi delle case sottostanti. Ricordo che m'inerpicai lungo antichi viottoli, fra case in pietra piccole e basse, con cascate di fiori alle finestre, fiori che sembravano appena dipinti da un grande artista, tanto erano pieni di colori. Continuando ad arrampicarmi, giunsi ad un certo momento alla cinta muraria del maniero. Questa era stata rimboccata in tempi recenti, per evitare che l’azione erosiva del tempo potesse arrecare ancor più danni alle opere di fortificazione.

Percorsi un bel tratto di strada sotto le mura ed infine giunsi ad una porta ad archivolto, sovrastata da un magnifico scudo in marmo con le insegne del castello: un elmo con la celata abbassata, un cimiero ricchissimo, lance da torneo e da battaglia, alabarde e due possenti corna di cervo che sovrastavano il tutto, sporgendosi molto in avanti. Ricordo che rimasi molto colpito da queste insegne così complicate e dalla pregevole fattura del manufatto.

Stavo calcolando i valori-luce dell’insieme (la fotocamera che avevo portato non era dotata d’esposimetro), allorché, abbassato lo sguardo, scorsi una figura femminile avanzare verso di me, lungo la strada che avrei dovuto in seguito percorrere per arrivare al castello. Ricordo perfettamente quella bellissima immagine, come se la stessi vedendo in questo preciso istante: aveva i capelli nerissimi, con sfumature quasi bluastre, che cadevano molli e lisci dietro le spalle, divisi sulla sommità da una scriminatura centrale e trattenuti da due sottili trecce; un volto bellissimo e regolare, la fronte molto spaziosa e la bocca dal taglio perfetto; così come il naso, diritto e regolare, molto sottile e delicato. Gli occhi, sormontati da sopracciglia ben curate, brillavano, come due stupende gemme scure, d’un balenìo adamantino,

Un particolare che notai immediatamente fu l’estremo pallore della sua pelle ed il rosa esangue delle sue labbra, il tutto reso ancor più evidente dal colore dell’abito. Questo era scollato sin quasi alla spalla, con taglio tondo non così ampio da far vedere l’attaccatura del seno, ma lasciando scoperte le clavicole e parte dello sterno. Il colore era blu-turchino; anzi, direi blu-oltremare profondo, come quello che un tempo le massaie usavano per candeggiare le lenzuola. L’abito le scendeva con moltissime pieghe sul petto, per raccogliersi svasato in vita, ov’era trattenuto da una catena argentea, sistemata in modo da formare una corta appendice penzolante sulla parte anteriore della coscia. Il vestito continuava sino a terra, non permettendo di vedere i piedi, ma si sollevava in corrispondenza di essi quando camminava. Le maniche erano a trequarti, richiuse da un polsino.

La figura avanzava verso di me ed io ero estasiato dalla sua bellezza e dal suo portamento. Anche l’ambiente faceva la sua parte: era quasi mezzogiorno ed il sole era velato da una bruma da caldo; i colori erano tenui ma limpidi. Il grigio delle mura e delle insegne, le varie tonalità dei sassi tondi di fiume ed il turchino intenso dell’abito della donna costituivano un’immagine cromatica di straordinaria efficacia. Mi passò vicino, mi guardò con i grandi occhi neri e mi fece un dolcissimo sorriso; poi si allontanò senza il minimo rumore. Rimasi qualche istante sbalordito: la mia mente cercava disperatamente d’aggrapparsi a qualcosa di reale, in questa atmosfera del tutto irreale. Mi volsi indietro per vedere ancora quella signora, ma non la vidi più. Come ripeto, era mezzogiorno e intorno non si vedeva anima viva (è proprio il caso di dirlo); ricordo di non aver udito alcun rumore per tutta la durata della mia permanenza in quel luogo.

Perché faccio questo racconto? Anzitutto perché è un evento capitato a me personalmente; ma con questo voglio e non voglio dire. Non posso affermare che si trattasse d’una visione di tempi passati, ma non posso nemmeno escludere che potesse esserlo. Mi ricordo che mi osservai a lungo, ma non vidi calzari puntuti, né guaine inguantate in calzamaglie multicolori, né il petto stretto in un giustacuore.

Io ero un uomo del 1967, ma accanto ad una figura femminile che sembrava appartenere al 1500:

il tutto in una cornice ancor più antica. Un’immagine del passato arrivata attraverso le pieghe dello spazio-tempo o le bizzarre manie di una moderna castellana che amava paludarsi in quella cornice con gli abiti dell’epoca?

A me fa piacere optare per la prima ipotesi, voi prendetela come volete. Questa mia storia, vera e reale, personale ed intima, l’ho riportata soltanto perché desidero parlare dello spazio-tempo, di questa fredda formula matematica assurda che da sempre fa sognare l’uomo. Quelle che seguono sono considerazioni spicciole, che non vogliono essere più di quello che sono, ma che possono far pensare.

Ma cos’è il tempo? Un’unità di misura che l’uomo si è imposto per giustificare la nascita e la morte di tutte le cose terrene? È un qualcosa di estremamente crudele e giusto insieme. Crudele perché devasta tutto: le nostre figure, le nostre opere, la natura e tutte le altre cose, nel senso che le trasforma. Il tempo invecchia tutte le cose: le fa cadere in masse polverose dalle quali nascerà nuovamente qualcosa di giovane, che diventerà “adulto”, “vecchio” e poi morirà e ricadrà in eterno. Si dice che l’uomo sia in lotta col tempo, ma io penso che sia il tempo ad essere in lotta con l’uomo. L’uomo vede incalzare questa immensa ed invisibile forza, questa incredibile energia, fa mille tentativi per bloccarla, almeno per un istante, ma non può far nulla. Vi è un solo modo per fermare il tempo, un metodo molto semplice ed alla portata di tutti, usato da tutti mille e mille volte senza rendersene conto: la fotografia!

In un’immagine fotografica noi e tutto ciò che ci circonda rimangono cristallizzati in una frazione di secondo, irripetibile ed irripetuta. Ma se la fotografia riesce a fermare il tempo e presenta a volte elementi sconosciuti e non notati al momento dello scatto, possiamo parlare d’una quarta dimensione o di più dimensioni che si fermano in virtù d’un processo chimico-fisico? Molte domande si pone e poche risposte riceve chi ricerca la Verità…

Alla fine del secolo XX si pensava che il tempo fosse la tanto discussa “quarta dimensione”. Su quest’argomento ho trovato qualcosa di estremamente succoso nel racconto-romanzo “La macchina del tempo” di H.G.Wells, l’autore del famosissimo “La guerra dei mondi”.






Ricordiamo che Wells era contemporaneo dell’epoca in cui si parlava del tempo come quarta dimensione e che era sempre attentissimo alle nuove realtà scientifiche. Imperniava volentieri racconti e romanzi su questa realtà, conferendo al suo lavoro un’impronta decisamente interessante anche ai giorni nostri.

Chi non conosce “La macchina del tempo”? Da questo lungo racconto fu anche tratto, nel 1960, un film con Rod Taylor, regia di G.Pal, dal titolo “L’uomo che visse nel futuro”. La pellicola affronta l’affascinante ipotesi del viaggio nel tempo: la storia d’un uomo che riesce (mediante una macchina, ai nostri occhi ridicola, ma molto credibile nel 1895, data del racconto originale) a muoversi avanti e indietro nel tempo e nello spazio. Chi non conosce questa trama, che oggi viene relegata alle letture per ragazzi, è invitato caldamente a documentarsi: avrà molte sorprese... A parte le avventure con gli Eloi e i Morlocchi, vi si trovano ipotesi talmente affascinanti che ne vale veramente la pena!

Ritornando a noi, pensiamo un poco al tempo ed allo spazio. In questo momento voi state leggendo questo articolo: il tempo vi scorre sotto gli occhi, perché sta passando mano a mano che voi leggete. Quello che avete letto è già passato, ciò che state leggendo è una frazione del presente, che è subito passato; e quello che dovete ancora leggere, pur presente già sulla carta, è per voi un futuro, che al momento stesso in cui lo leggete diventa presente ed immediatamente passato.

Ora immaginiamo di essere sulla Luna…

Con potenti telescopi gli scienziati stanno esaminando la Terra. Esaminano proprio voi, la vostra schiena china su quanto state leggendo in questo momento. Bene! La vostra immagine arriverà lassù dopo 1,2 secondi (è questo il tempo che occorre alla luce per il percorso Terra-Luna). Loro vedranno che state leggendo quello che voi avete già letto. Ora pensiamo la stessa cosa per scienziati su qualche pianeta orbitante attorno ad una stella lontana 10 anni luce. Essi stanno vedendo proprio voi, vi vedranno così come eravate esattamente 10 anni fa; oppure l’immagine di voi, chini su questa lettura, arriverà lassù solo fra 10 anni.

Andiamo più in là di centinaia o migliaia d’anni luce. Altri scienziati scruteranno l’universo sottostante o sovrastante, tanto chissà qual è il sopra ed il sotto, e vedranno la Terra com’era centinaia o migliaia d’anni fa…, assistendo così di persona ai più famosi eventi storici e geologici della nostra povera palla fangosa.

Vedete com’è labile il tempo e com’è strano…! A me personalmente il tempo sembra essere una registrazione, un filmato che scorre inesorabilmente, dove suoni ed immagini nostre e del nostro tempo sono già state registrate ed attendono solo di srotolarsi, liberando a poco a poco eventi già determinati.

Se è vero, come dicono gli studiosi, che anche i nostri suoni e le nostre immagini si diffondono, ma non si perdono nello spazio, qualcuno forse potrà vederci e sentirci fra qualche migliaio d’anni, quando noi e le nostre opere non saranno che polvere.

È dell’agosto del 1982 la notizia di una nave etrusca avvistata sul lago di Bracciano da molti testimoni: questi asseriscono di aver notato la strana imbarcazione dopo che una sottile nebbia si era formata sulle acque del lago.

All’interno di questa strana nebbia è apparsa la nave, per poi scomparire dopo circa trenta secondi. Le persone che hanno assistito, stupite e spaventate, a questo sconcertante ma non isolato fenomeno, affermano d’aver notato altre persone altrettanto stupite ed allibite sull’imbarcazione etrusca. Con ogni probabilità, questo frammento del nostro passato è un presente in qualche meandro dello spazio-tempo e c’è da giurare che, in questo momento, marinai etruschi stanno raccontando ai loro parenti ed amici d’aver visto in mezzo al lago, in una strana nebbia luminosa, alcuni insoliti natanti d’origine sconosciuta…

Se effettivamente impariamo a considerare il tempo come un filmato sonoro già registrato, questi episodi non ci devono affatto stupire. Come spesso accade, può essere che questo nastro ogni tanto “esca” dalle sue guide e formi qualche lieve ondulazione, in un senso o nell’altro, che permette, includendosi nel nostro binario parallelo, di recepire qualche visione del passato e del futuro, anche se la seconda eventualità sembra molto più difficile. Probabilmente, in quest’ultimo caso, potremmo avere veramente qualche immagine del nostro futuro e di quello della Terra, inclusi i mezzi tecnologici con cui i nostri pronipoti potranno muoversi nei cieli e che noi interpretiamo come UFO.

Se poi il nostro film e quello di altri universi, paralleli e contigui, ogni tanto si òndula, potremmo veramente avere scansioni nello spazio-tempo di altre civiltà e, magari, di altri pianeti. Ciò potrebbe spiegare, per  assurdo, gli incontri ravvicinati del 3° tipo o le apparizioni di mostri antidiluviani nel nostro continuum spazio-temporale…

Pensateci un po’ e vedrete che, alla fine, in questi concetti (miei, ma non solo), di assurdo, non c’è poi tanto…”.     

          

Manoscritto conservato da Emilia Ventura Balbi

Coordinatrice CUN Liguria – Genova

Adattamento di G.Pattera

Commissione Scientifica CUN - Parma

 

domenica 14 marzo 2021

RAPIMENTI ALIENI: ENIGMA AFFASCINANTE ED INSOLUTO

 


                                             Testo e riferimenti di

                                    Emilia Ventura Balbi - Genova

                                   Coordinatrice C.U.N. – Liguria

 

                                 Revisione e adattamento a cura di

                  G.Pattera – Commissione Scientifica C.U.N. - Parma 

      

Nel 1982, sulla pubblicazione periodica “SKY WATCH”, edita dal Centro Ufologico Nazionale di Genova, Roberto Balbi, responsabile CUN per la Liguria, scriveva:

«UFO: una sparizione voluta?

Gli UFO non si fanno più vedere: è una constatazione di fatto…

È in questo contesto che vedo l’intelligenza d’un “REGISTA”, molto scaltro, che gestisce la questione UFO. Dopo averci concesso l’ebbrezza di innumerevoli avvistamenti, di massicci flaps, d’incontri con esseri antropomorfi d’ogni aspetto e dimensione, dopo aver gettato qua e là manciate di pterodattili, piccoli dinosauri, uomini falena e chi più ne ha più ne metta, il “regista” ci toglie tutto, improvvisamente e senza preavviso. Sogghignando, assiste al disorientamento degli studiosi e degli appassionati ed aspetta (tanto, a “LUI”, il tempo non manca…) lo svolgersi degli eventi».

Non vi sembra che quanto sopra affermato possa essere applicato anche ai nostri giorni, dopo quasi 40 anni? Soprattutto per ciò che riguarda la felice intuizione del REGISTA?

All’epoca il caso Zanfretta era ancora abbastanza recente (il tutto era iniziato nel 1978), ma per il sovrapporsi di altri avvenimenti, noi del Centro Ufologico Nazionale non avevamo più la possibilità di tastare il polso alla situazione. 

Inoltre, a parte il rapimento dei coniugi Hills negli USA (il cui libro, pubblicato in Italia nel 1974, è stato presente nella nostra libreria fin da subito), non avevamo altri punti di riferimento per interessarci più a fondo del caso, poi ripreso nel 1975 col film per la TV “The UFO Incident”  e nel 1996 con la serie televisiva “Dark Skies - Oscure presenze”. L’UFO (inteso come “disco volante” = luce abbagliante, che sfreccia veloce nel cielo…) e le orme circolari sul terreno ove a volte si posa, attiravano molto di più la nostra attenzione. Allora le abductions erano ancora di là da venire, qui in Italia, mentre in America Latina e negli USA costituivano già un fatto… routinario…!!!

In questi ultimi tempi, costretti dalle incombenti quanto inattese esigenze sanitarie, ci siamo dedicati più a fondo a questa fenomenologia, iniziando a leggere in ordine cronologico i vari libri che riposano allineati sulla libreria da molto tempo.

È stato come aprire il vaso di Pandora…!!!

Man mano che procedevamo nella lettura, venivamo a conoscenza di molteplici casi di abductions, riportati con dovizia di particolari e la nostra convinzione sull’idea del regista si faceva strada sempre più prepotente; di conseguenza, l’impressione di essere “polli da allevamento” o “cavie da laboratorio” o, peggio, la “Disneyland degli Alieni” ci sconcertava non poco. Sembra chiaro, infatti, che dietro tutto questo si muova una regìa che prepari il “set” in cui operare indisturbato; tanto gli addotti, volenti o nolenti, seguiranno per filo e per segno le sue direttive. Tutto è concertato con precisione: dai testimoni agli oggetti nel cielo, dalle luci alle finte apparizioni; testimoni numerosi che assistono all’evento, altri che, pur presenti, non si accorgono di nulla; e così via…

Il rapimento di Linda Cortile (New York, 1989; cfr. Budd Hopkins, “WITNESSED”) ne è un esempio chiaro ed impressionante.

Anche in quel caso tutto sembra essere stato pianificato a puntino: tanti testimoni (guardie addette alla sicurezza, quindi più attente ad eventi particolari), importanti personaggi politici ed altre persone, diciamo, “normali”… Tutti questi soggetti assistono sbalorditi al rapimento di Linda Cortile (nome fittizio), che alle tre del mattino viene prelevata dal suo appartamento, sito all’undicesimo piano di un grattacielo di Manhattan.

La vedono fluttuare nell’aria, accompagnata da tre alieni che sembrano sorreggerla… Le auto dei testimoni in quel preciso istante rimangono “in panne”… ed un’astronave luminosissima staziona sopra l’edificio, in attesa degli “ospiti”… E allora, direte voi, tutti i testimoni racconteranno il fenomeno, fornendo ognuno la propria versione… nemmeno per idea ! Nonostante quanto visto, fra i numerosi testimoni alcuni parlarono, altri non ne ebbero il coraggio, altri ancora si rifiutarono categoricamente di farlo e nemmeno vollero essere avvicinati dagli “addetti ai lavori”… Se il “regista” ha voluto fare un esperimento per uscire allo scoperto ed aprire finalmente una finestra sull’altra dimensione, beh… non ci è riuscito; ha fallito, perché l’avvenimento ha avuto ancora meno eco degli altri molto più lineari e tutto è passato quasi sotto silenzio. Perché? Forse perché è stato il primo tentativo, “coram populo”, di manifestarsi apertamente “per vedere l’effetto che fa”… ma non ha funzionato.

Nell’ultimo libro di Budd Hopkins (“SIGHT UNSEEN”, 2005) sono riportati numerosi casi di rapimento avvenuti con differenti modalità: sembra che il “regista” abbia studiato altri set ed abbia portato avanti altri esperimenti, che noi non possiamo comprendere in quanto le nostre ricerche e relative scoperte scientifiche sono lontane anni luce rispetto a quello che “LORO” sono in grado di fare. Ci guardano, ci controllano, fanno esperimenti, riescono persino a rendersi invisibili o a rendere invisibili in un attimo persone che stanno per essere fotografate su una spiaggia… e noi restiamo impotenti, di fronte alla imprevedibilità degli eventi.

Se facessimo un ideale schema riassuntivo dei vari rapimenti “conosciuti” (perché chissà quanti ne sono capitati, ma gli addotti non ne hanno MAI parlato), dicevo, se facessimo uno schema sulle modalità di questi rapimenti “alieni”, completi di analisi cui sono stati sottoposti i malcapitati e le relative apparecchiature impiegate, vedremmo che il tutto avviene in un “crescendo” che noi non riusciamo più a seguire: gli addetti ai lavori non possono fare altro che interrogarsi non tanto sul COME, ma più che altro sul PERCHÉ.

Ci manipolano la mente, modificano i geni e le cellule somatiche; cancellano la memoria di quanto visto o subìto; lasciano strane cicatrici, a volte permanenti; “rubano” ore del nostro tempo (“missing time”): insomma, sembrano disporre a proprio piacimento dell’umana esistenza…

CI DOBBIAMO PREOCCUPARE ? FORSE SÌ…



 

UN “CAPPELLO” INQUIETANTE…

di GIORGIO PATTERA   Il quotidiano “ LA GAZZETTA DI PARMA ” del 15 gennaio 1990 postava un breve ma intrigante trafiletto (integralmente r...