L’Erba di S.Giovanni
“La natura è il
miglior chimico e i prati sono la sua farmacia”.
di GIORGIO PATTERA
Questa definizione è
il compendio di tutto ciò che stiamo per illustrare a proposito dell’Hypericum
perforatum, meglio conosciuto nella tradizione popolare come erba
di S.Giovanni e da non confondersi con altre essenze riunite sotto
l’identica terminologia volgare, come l’Assenzio e la Verbena.
L’ètimo ha un’origine incerta. Per alcuni
studiosi deriva dal greco yper (= su, sopra) e oikos
(= casa), forse per il fatto che quest’erba cresce spontaneamente a ridosso dei
ruderi; altri invece, molto semplicisticamente, lo fanno risalire a yper
(= su) ed erikin (érica), nel senso di “pianta che vegeta
sopra le ériche”. Personalmente propendo per una terza interpretazione, che
affianca al significato prettamente scientifico quello magico-religioso.
Secondo i filologi, il termine sarebbe composto da yper (= sopra)
ed eikim (= immagine), per l’antica usanza di appendere nelle
case i rametti della pianta sopra le immagini sacre di Santi o Divinità ed
allontanare così i dèmoni del male: per questo veniva anche chiamata “scacciadiavoli”.
Per contro, secondo i botanici, il prefisso yper (= al di là,
dell’immagine) si riferirebbe alla punteggiatura trasparente delle sue foglie,
che consente di vedere “al di là” della pagina fogliare stessa, tanto da
essere chiamata anche “millebuchi” o “erba forata”. Ciò
confermerebbe l’apposizione latina “perforatum”: per riconoscerla
infatti basta guardare le foglioline contro luce, notando così numerosi
puntini, simili a minutissimi fori traslucidi, che in realtà altro non sono che
fito-ghiandole, affondate nel lembo fogliare e contenenti
resina e olî essenziali incolori,
i più importanti principi attivi della pianta, di cui ci occuperemo più avanti.
La conoscenza
dell’lperico, sacro a Giove per gli antichi Romani, si perde nella notte dei
tempi: Ippocrate (il
padre della medicina), Dioscoride (il più rinomato medico dell'antica Grecia) e
Plinio il Vecchio lo impiegarono per curare molte malattie, intuendone le
proprietà terapeutiche veramente eccezionali che andremo ad elencare nella
seconda parte della ricerca. Ma già Aristotele ne
aveva fatto oggetto d’attenzione, considerandola “erba magica per
eccellenza”, tanto da raccomandarne l’uso contro gli spiriti maligni e come
protezione nei confronti di possibili incantesimi. Tradizione talmente radicata
nella superstizione popolare, da rimanere intatta attraverso lo scorrere dei
millenni. La ritroviamo infatti nel Medioevo: la notte
della vigilia di S.Giovanni era consuetudine dormire con un mazzolino d'Iperico
sotto il cuscino, nella convinzione che, così facendo, il Santo apparisse in
sogno e proteggesse il dormiente dalla morte per un anno intero. Sempre nel
corso dei “secoli bui”, l’Iperico (forse perché il suo profumo ricorda molto da
vicino quello dell’incenso ?) era noto col nome di “fuga daemonorum”,
serviva cioè a cacciare le presenze spiritiche e le influenze negative dagli
ambienti e dalle coltivazioni. C’era una casa “infestata” ? Niente
paura: si entrava, si allestiva un falò d’Iperico e i dèmoni, che secondo la
credenza popolare non ne sopportano l’odore, se ne andavano di corsa. Rituali,
questi, che oggi possono far sorridere, ma che fino a qualche decennio fa hanno
resistito (ed in parte ancora resistono) nelle tradizioni contadine. La notte
di S.Giovanni (24 giugno), che corrisponde al solstizio d’estate di celtica
memoria, era costume nelle campagne bruciare l’Iperico, insieme con la ruta, la
menta e l’artemisia, contro gli “incantesimi delle fate ed il malocchio”.
Ancora: ai viandanti che si avventuravano per i sentieri nella notte più
magica dell’anno, si consegnava un mazzolino di piantine (raccolte
rigorosamente la notte di S.Giovanni, per ottenere il massimo potere esorcistico
ed accuratamente conservate in una pezzuola rossa), affinché proteggesse il
loro cammino.
L'Iperico
e l'Ordine dei Templari
I
Templari oltre che soldati erano grandi studiosi di arte, ingegneria (erano
loro a custodire i progetti delle cattedrali gotiche, le cui arditissime arcate
restano ancor oggi un mistero di tecnica architettonica) e medicina. Essi
infatti avevano il difficile compito di curare i soldati feriti nelle crociate
e, negli ospedali di Malta e Cipro, applicavano le loro notevoli conoscenze
erboristiche soprattutto nelle ferite da guerra.
E
i Templari furono i primi a scoprire che l'Iperico, oltre alle ustioni e alle
ferite da taglio, era utilissimo per migliorare l'umore di questi guerrieri, che
erano costretti a rimanere immobilizzati a letto per mesi: per questo i
Cavalieri delle Crociate conservavano grandi quantità della pianta, per il suo
potere energizzante e "antimalinconia". Le procedure delle
applicazioni delle erbe non seguivano chiaramente alcuna metodologia
scientifica: a quei tempi non si conoscevano ancora i principi attivi delle
essenze vegetali, visto che la chimica era praticamente sconosciuta. I medici
dell’epoca si affidavano alla teoria dei segni, studiavano
cioè i segnali che la pianta mandava loro. L’Iperico, ad es., ha le foglie con
i canali linfatici "fratturati" (cioè interrotti,
spezzati): bene, per loro significava che la pianta era utile nelle fratture
e nelle ferite subite in battaglia. Le esperienze dei templari approdarono poi
alla scuola medica salernitana, che è rimasta fino al seicento la culla della
fitoterapia.
Erba di San Giovanni, Famiglia delle Hypericaceae (Guttiferae)
Pianta erbacea perenne, selvatica e
praticamente ubiquitaria. Cresce facilmente anche su terreni sterili, sassosi e
si ritrova comune tra la flora spontanea delle nostre campagne. Nel
Colorado e in Australia viene considerata addirittura un'erba infestante. Nella
seconda metà del secolo scorso, in Inghilterra, si sono registrati casi di
avvelenamento nel bestiame: se ingerito in grandi quantità, infatti, provoca
fotofobia ed irritazione della pelle. Fiorisce in estate, più o meno all'epoca
in cui si festeggia San Giovanni (24 giugno).
Parti
usate: foglie e sommità fiorite.
Principali
costituenti conosciuti (principî attivi)
Tra
i componenti dell'Iperico annoveriamo un olio essenziale e derivati fenolici,
tra cui un pigmento rosso fotodinamico (ipericina) contenuto nei fiori.
Questi sono di colore giallo-intenso e i petali sono ricoperti di puntini neri
che, se sfregati, tingono le dita (appunto) di rosso. Da ciò, oltre che per
l’epoca di fioritura e raccolta, sembra derivare il nome di “erba
di San Giovanni”, in quanto il rosso ricorda il sangue versato dal
Santo fatto decapitare da Salomè. Varie leggende
concordano sul fatto che "Giovanni " sia da identificare con il
Battista e non con l'Apostolo: infatti i "puntini" neri sui petali e
i "forellini" sulle foglie rappresenterebbero, i primi, il sangue
versato da San Giovanni decapitato, i secondi le lacrime versate da chi
assistette a quel crudele evento. La festa di San
Giovanni del 24 giugno risale ad un rito pagano dei Germani, i quali usavano
addobbare con l’Iperico fiorito i luoghi in cui erano soliti festeggiare il
solstizio d’estate.
L'Iperico come
medicina
Spesso
si ritiene che la medicina naturale costituisca, se non un placebo, un rimedio “all’acqua
di rose” e senza effetti
collaterali, dimenticando ad es. che il principale farmaco per le patologie
cardiovascolari è ancor oggi la digitalina (estratta dalla Digitalis
purpurea, comune nei nostri prati di montagna) e che su dieci prodotti
che acquistiamo in farmacia, tre sono di derivazione vegetale. Le spiccate
proprietà terapeutiche dell’Iperico, che ha goduto d’una
lunga tradizione nell'uso popolare, sono state confermate
dalla scienza medica intorno al 1988 negli U.S.A. e se ne fa un gran parlare da
quando alcuni psichiatri americani ne hanno dimostrato l'efficacia contro il
più attuale dei mali: la depressione. Persino il prestigioso ed
autorevole British Medical Journal se n’è occupato, attestando
che i preparati alcolici od oleosi della pianta (l’ipericina è scarsamente
solubile in acqua), assunti per almeno 2/3 mesi, esercitano azione
benefico-rasserenante sull’umore e lo stato depressivo migliora nel 70% dei
casi. I primi effetti si riscontrano già dopo 2/3 settimane e da studi recenti
non sono emersi casi di tossicità da iperdosaggio: l’Iperico è sostanzialmente
una pianta priva di tossicità e non provoca effetti secondari indesiderati
(né disturbi, né assuefazione). L’unica
precauzione da adottare, in caso di assunzione di alte dosi del principio
attivo, è quella di evitare le prolungate esposizioni ad intensa radiazione
solare, a causa dell’azione fotosensibilizzante sostenuta dall’ipericina, che
determina eritema cutaneo.
Ma
l’Iperico non ha solo proprietà antidepressive, forse si farebbe prima a dire ciò
che non ha: possiede anche azione antisettica, astringente, cicatrizzante,
antibatterica, antiemorroidaria, antidiarroica, antiparassitaria; aumenta
inoltre la risposta immunitaria e blocca la replicazione virale.
Per quanto riguarda
l'uso estensivo dell'Iperico nella medicina allopatica, si può dire che siamo
soltanto agli inizi: le premesse tuttavia sono più che incoraggianti.
Attualmente l'efficacia dell'Iperico viene testata per la cura dell'AIDS, di
varie forme di neoplasie, dell'enuresi notturna nei bambini, di alcune malattie
della pelle (come la psoriasi), dell'artrite reumatoide, della gastrite, delle
ulcere peptiche e, non ultimo, del mal di testa da sbornia. L'Iperico infatti,
come s’è detto, si solubilizza bene nell'alcool. Chissà, forse fra qualche
tempo “l’erba dei Templari” sarà aggiunta alle bevande alcoliche, allo
scopo di agire come "riduttore" dei postumi delle sbronze...
Bibliografia:
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