“Solo se sei pronto a considerare possibile l’impossibile,

sei in grado di scoprire qualcosa di nuovo”.

(Johann Wolfgang Goethe)

“L’importante è avere un pensiero indipendente:

non si deve credere, ma capire”

(Hubert Revees)


“L’Uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”

(Hubert Revees)

martedì 2 giugno 2020

HYPERICUM PERFORATUM




L’Erba di S.Giovanni


“La natura è il miglior chimico e i prati sono la sua farmacia”.

di GIORGIO PATTERA


Questa definizione è il compendio di tutto ciò che stiamo per illustrare a proposito dell’Hypericum perforatum, meglio conosciuto nella tradizione popolare come erba di S.Giovanni e da non confondersi con altre essenze riunite sotto l’identica terminologia volgare, come l’Assenzio e la Verbena.



L’ètimo ha un’origine incerta. Per alcuni studiosi deriva dal greco yper (= su, sopra) e oikos (= casa), forse per il fatto che quest’erba cresce spontaneamente a ridosso dei ruderi; altri invece, molto semplicisticamente, lo fanno risalire a yper (= su) ed erikin (érica), nel senso di “pianta che vegeta sopra le ériche”. Personalmente propendo per una terza interpretazione, che affianca al significato prettamente scientifico quello magico-religioso. Secondo i filologi, il termine sarebbe composto da yper (= sopra) ed eikim (= immagine), per l’antica usanza di appendere nelle case i rametti della pianta sopra le immagini sacre di Santi o Divinità ed allontanare così i dèmoni del male: per questo veniva anche chiamata “scacciadiavoli”. Per contro, secondo i botanici, il prefisso yper (= al di là, dell’immagine) si riferirebbe alla punteggiatura trasparente delle sue foglie, che consente di vedere “al di là” della pagina fogliare stessa, tanto da essere chiamata anche “millebuchi” o “erba forata”. Ciò confermerebbe l’apposizione latina “perforatum”: per riconoscerla infatti basta guardare le foglioline contro luce, notando così numerosi puntini, simili a minutissimi fori traslucidi, che in realtà altro non sono che fito-ghiandole, affondate nel lembo fogliare e contenenti resina e olî essenziali incolori, i più importanti principi attivi della pianta, di cui ci occuperemo più avanti.

La conoscenza dell’lperico, sacro a Giove per gli antichi Romani, si perde nella notte dei tempi: Ippocrate (il padre della medicina), Dioscoride (il più rinomato medico dell'antica Grecia) e Plinio il Vecchio lo impiegarono per curare molte malattie, intuendone le proprietà terapeutiche veramente eccezionali che andremo ad elencare nella seconda parte della ricerca. Ma già Aristotele ne aveva fatto oggetto d’attenzione, considerandola “erba magica per eccellenza”, tanto da raccomandarne l’uso contro gli spiriti maligni e come protezione nei confronti di possibili incantesimi. Tradizione talmente radicata nella superstizione popolare, da rimanere intatta attraverso lo scorrere dei millenni. La ritroviamo infatti nel Medioevo: la notte della vigilia di S.Giovanni era consuetudine dormire con un mazzolino d'Iperico sotto il cuscino, nella convinzione che, così facendo, il Santo apparisse in sogno e proteggesse il dormiente dalla morte per un anno intero. Sempre nel corso dei “secoli bui”, l’Iperico (forse perché il suo profumo ricorda molto da vicino quello dell’incenso ?) era noto col nome di “fuga daemonorum”, serviva cioè a cacciare le presenze spiritiche e le influenze negative dagli ambienti e dalle coltivazioni. C’era una casa “infestata” ? Niente paura: si entrava, si allestiva un falò d’Iperico e i dèmoni, che secondo la credenza popolare non ne sopportano l’odore, se ne andavano di corsa. Rituali, questi, che oggi possono far sorridere, ma che fino a qualche decennio fa hanno resistito (ed in parte ancora resistono) nelle tradizioni contadine. La notte di S.Giovanni (24 giugno), che corrisponde al solstizio d’estate di celtica memoria, era costume nelle campagne bruciare l’Iperico, insieme con la ruta, la menta e l’artemisia, contro gli “incantesimi delle fate ed il malocchio”. Ancora: ai viandanti che si avventuravano per i sentieri nella notte più magica dell’anno, si consegnava un mazzolino di piantine (raccolte rigorosamente la notte di S.Giovanni, per ottenere il massimo potere esorcistico ed accuratamente conservate in una pezzuola rossa), affinché proteggesse il loro cammino.  


L'Iperico e l'Ordine dei Templari

 Chi si occupa di medicina naturale sa che le virtù dell'Iperico sono conosciute da secoli. La fama di questa pianta procede di pari passo con la storia dei Templari, cavalieri misteriosi e leggendari del Medioevo, conosciuti anche come i ”Cavalieri delle Crociate”. Fondato nel 1118 al termine della prima crociata da Hugo di Payns, l'Ordine dei Templari era originariamente costituito da 11 frati francesi che, armati di spada, ebbero il compito di difendere dagli infedeli i pellegrini che viaggiavano lungo le strade fra Jaffa e Gerusalemme.
I Templari oltre che soldati erano grandi studiosi di arte, ingegneria (erano loro a custodire i progetti delle cattedrali gotiche, le cui arditissime arcate restano ancor oggi un mistero di tecnica architettonica) e medicina. Essi infatti avevano il difficile compito di curare i soldati feriti nelle crociate e, negli ospedali di Malta e Cipro, applicavano le loro notevoli conoscenze erboristiche soprattutto nelle ferite da guerra.




E i Templari furono i primi a scoprire che l'Iperico, oltre alle ustioni e alle ferite da taglio, era utilissimo per migliorare l'umore di questi guerrieri, che erano costretti a rimanere immobilizzati a letto per mesi: per questo i Cavalieri delle Crociate conservavano grandi quantità della pianta, per il suo potere energizzante e "antimalinconia". Le procedure delle applicazioni delle erbe non seguivano chiaramente alcuna metodologia scientifica: a quei tempi non si conoscevano ancora i principi attivi delle essenze vegetali, visto che la chimica era praticamente sconosciuta. I medici dell’epoca si affidavano alla teoria dei segni, studiavano cioè i segnali che la pianta mandava loro. L’Iperico, ad es., ha le foglie con i canali linfatici "fratturati" (cioè interrotti, spezzati): bene, per loro significava che la pianta era utile nelle fratture e nelle ferite subite in battaglia. Le esperienze dei templari approdarono poi alla scuola medica salernitana, che è rimasta fino al seicento la culla della fitoterapia.

 

NOTE SCIENTIFICHE SULL’IPERICO (Hypericum perforatum) 

Erba di San Giovanni, Famiglia delle Hypericaceae (Guttiferae)


Pianta erbacea perenne, selvatica e praticamente ubiquitaria. Cresce facilmente anche su terreni sterili, sassosi e si ritrova comune tra la flora spontanea delle nostre campagne. Nel Colorado e in Australia viene considerata addirittura un'erba infestante. Nella seconda metà del secolo scorso, in Inghilterra, si sono registrati casi di avvelenamento nel bestiame: se ingerito in grandi quantità, infatti, provoca fotofobia ed irritazione della pelle. Fiorisce in estate, più o meno all'epoca in cui si festeggia San Giovanni (24 giugno).
Parti usate: foglie e sommità fiorite.


Principali costituenti conosciuti (principî attivi)

Tra i componenti dell'Iperico annoveriamo un olio essenziale e derivati fenolici, tra cui un pigmento rosso fotodinamico (ipericina) contenuto nei fiori. Questi sono di colore giallo-intenso e i petali sono ricoperti di puntini neri che, se sfregati, tingono le dita (appunto) di rosso. Da ciò, oltre che per l’epoca di fioritura e raccolta, sembra derivare il nome di “erba di San Giovanni”, in quanto il rosso ricorda il sangue versato dal Santo fatto decapitare da Salomè. Varie leggende concordano sul fatto che "Giovanni " sia da identificare con il Battista e non con l'Apostolo: infatti i "puntini" neri sui petali e i "forellini" sulle foglie rappresenterebbero, i primi, il sangue versato da San Giovanni decapitato, i secondi le lacrime versate da chi assistette a quel crudele evento. La festa di San Giovanni del 24 giugno risale ad un rito pagano dei Germani, i quali usavano addobbare con l’Iperico fiorito i luoghi in cui erano soliti festeggiare il solstizio d’estate.

L'Iperico come medicina

Spesso si ritiene che la medicina naturale costituisca, se non un placebo, un rimedio “all’acqua di rose” e  senza effetti collaterali, dimenticando ad es. che il principale farmaco per le patologie cardiovascolari è ancor oggi la digitalina (estratta dalla Digitalis purpurea, comune nei nostri prati di montagna) e che su dieci prodotti che acquistiamo in farmacia, tre sono di derivazione vegetale. Le spiccate proprietà terapeutiche dell’Iperico, che ha goduto d’una lunga tradizione nell'uso popolare, sono state confermate dalla scienza medica intorno al 1988 negli U.S.A. e se ne fa un gran parlare da quando alcuni psichiatri americani ne hanno dimostrato l'efficacia contro il più attuale dei mali: la depressione. Persino il prestigioso ed autorevole British Medical Journal se n’è occupato, attestando che i preparati alcolici od oleosi della pianta (l’ipericina è scarsamente solubile in acqua), assunti per almeno 2/3 mesi, esercitano azione benefico-rasserenante sull’umore e lo stato depressivo migliora nel 70% dei casi. I primi effetti si riscontrano già dopo 2/3 settimane e da studi recenti non sono emersi casi di tossicità da iperdosaggio: l’Iperico è sostanzialmente una pianta priva di tossicità e non provoca effetti secondari indesiderati (né disturbi, né assuefazione).  L’unica precauzione da adottare, in caso di assunzione di alte dosi del principio attivo, è quella di evitare le prolungate esposizioni ad intensa radiazione solare, a causa dell’azione fotosensibilizzante sostenuta dall’ipericina, che determina eritema cutaneo. 

Ma l’Iperico non ha solo proprietà antidepressive, forse si farebbe prima a dire ciò che non ha: possiede anche azione antisettica, astringente, cicatrizzante, antibatterica, antiemorroidaria, antidiarroica, antiparassitaria; aumenta inoltre la risposta immunitaria e blocca la replicazione virale.

Per quanto riguarda l'uso estensivo dell'Iperico nella medicina allopatica, si può dire che siamo soltanto agli inizi: le premesse tuttavia sono più che incoraggianti. Attualmente l'efficacia dell'Iperico viene testata per la cura dell'AIDS, di varie forme di neoplasie, dell'enuresi notturna nei bambini, di alcune malattie della pelle (come la psoriasi), dell'artrite reumatoide, della gastrite, delle ulcere peptiche e, non ultimo, del mal di testa da sbornia. L'Iperico infatti, come s’è detto, si solubilizza bene nell'alcool. Chissà, forse fra qualche tempo “l’erba dei Templari” sarà aggiunta alle bevande alcoliche, allo scopo di agire come "riduttore" dei postumi delle sbronze...



Bibliografia:
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P.M.North (M.I.Biol.) – POISONOUS PLANTS – The Pharmaceutical Society of Great Britain, London 1967

D.Manta / D.Semolli – LE ERBE NOSTRE AMICHE – Ferni, Genève 1976

I.Frattola – PIANTE MEDICINALI ITALIANE – Signorelli, Roma 1977

M.I.Macisti – MITI e MAGIE delle ERBE – Newton & Compton, Roma 1993

M.Flenghi – LIBRO de’ SECRETI DIVERSI et MIRACOLOSI – Orsa Maggiore, S.Marino 1994

R.Masci – L’ERBARIO degli DÈI – M.I.R., Firenze 2000

F.Alaimo – Le ERBE delle STELLE – Il Punto d’Incontro, Vicenza 2001

C.Gervasutti / A.Sannita – Le Piante amiche del nostro benessere – U.T.E.T., Milano 2001






UN “CAPPELLO” INQUIETANTE…

di GIORGIO PATTERA   Il quotidiano “ LA GAZZETTA DI PARMA ” del 15 gennaio 1990 postava un breve ma intrigante trafiletto (integralmente r...