“Solo se sei pronto a considerare possibile l’impossibile,

sei in grado di scoprire qualcosa di nuovo”.

(Johann Wolfgang Goethe)

“L’importante è avere un pensiero indipendente:

non si deve credere, ma capire”

(Hubert Revees)


“L’Uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”

(Hubert Revees)

sabato 6 giugno 2020

UN “TOPINO” DI FIUME



di GIORGIO PATTERA


Nel parco fluviale regionale del Taro si può osservare quasi la metà delle specie di uccelli presenti in Italia e buona parte del territorio su cui si estende è stata censita dall’I.C.B.P. (International Council for Bird Protection) come << area d’importanza europea per la vita degli uccelli selvatici >>.
Lungo il percorso del fiume, infatti, s’incontra una serie d’ambienti assai diversi, le cosiddette << nicchie ecologiche >>, quali greto e sponde, prati aridi e cespuglieti, boschi ripariali e zone umide interne, tutti ugualmente idonei a fungere da luogo di rifugio e riproduzione per numerose specie d’avifauna.




In aprile-maggio, di ritorno dai quartieri di svernamento africani, gruppi di Topini (in numero variabile, da qualche decina a qualche centinaio di coppie) si insediano sulle pareti sabbiose della riva destra del Taro, scavando gallerie lunghe a volte anche più d’un metro, al termine delle quali, in una piccola camera, la femmina depone le uova su una “coppa” costituita di materiale vegetale, crini e piume. Il Topino (nome scientifico: Riparia riparia; dal latino ripa = riva, per il particolare tipo di nidificazione), dotato di eccezionali capacità d’orientamento, somiglia alla Rondine, da cui differisce per le minori dimensioni, il piumaggio bruno-grigio ed una banda bruna sul petto.



E’ una specie molto gregaria e, come le Rondini domestiche, si nutre d’insetti che cattura in volo. Di solito le pareti sabbiose nidificate dalle colonie appaiono letteralmente “crivellate” da un numero di fori più che doppio rispetto a quello delle coppie realmente insediate: questo perché, durante lo scavo, molte gallerie vengono abbandonate in quanto franose. L’instabilità delle pareti sabbiose, infatti, costringe spesso il Topino a mutare “appartamento” da un anno all’altro e la progressiva scomparsa di queste pareti, nel tratto del fiume compreso fra Madregolo e Ponte Taro, causa le copiose esondazioni degli ultimi tempi, ha costretto sempre più questa specie a nidificare nei cumuli di sabbia attigui ai frantoi di pietrisco o nelle cave, che (nota dolente!) ancora insistono nel comprensorio.

A questi fattori di disturbo per la nidificazione dei Topini si aggiungono, purtroppo, le attività umane (coltivazione del frumento fino a pochi metri dalla scarpata, con accentuazione del pericolo di frana del costone sotto il peso delle macchine agricole) e l’impiego sconsiderato, nonostante l’esplicito divieto esistente in tutto il territorio del Parco, di mezzi fuoristrada (moto da trial e/o da cross), che prediligono (manco a farlo apposta!) il sentiero che corre lungo la riva interessata dalla nidificazione. Il frastuono di questi mezzi a motore, l’emissione dei gas di scarico e le vibrazioni che si propagano nel sottosuolo al loro passaggio non costituiscono certo un invito al ritorno di questa particolare specie di rondine…   


    
L’ecosistema fluviale del Taro, quindi, merita tutta la nostra attenzione, sia come amministratori pubblici sia come semplici cittadini, nell’ottica di preservare questa fondamentale emergenza naturalistica della nostra provincia dall’impoverimento e dal degrado ambientale, conseguenze ineluttabili d’un incremento e d’uno sviluppo antropico incontrollato.


UN “CAPPELLO” INQUIETANTE…

di GIORGIO PATTERA   Il quotidiano “ LA GAZZETTA DI PARMA ” del 15 gennaio 1990 postava un breve ma intrigante trafiletto (integralmente r...