di GIORGIO PATTERA
La cometa (dal greco κομήτης - kométes = chiomato) è un piccolo corpo celeste, costituito da un nucleo solido a base rocciosa (meteoroide) misto a gas congelati e polveri, che può descrivere intorno al Sole, seguendo le leggi di Keplero, un’orbita ellittica, parabolica o iperbolica.
Proviene dalla nube di Oort (che insieme alla fascia di Kuiper delimita i confini del nostro sistema solare) e quando si avvicina al Sole (circa 600 milioni di km.) tende a riscaldarsi, sviluppando in tal modo una “chioma” (prodotta dall’evaporazione dei gas) ed una “coda”, lunga anche centinaia di milioni di km., che è sempre respinta dal “vento solare” nella direzione opposta a quella in cui si trova il Sole (fig.1).
Fin dai tempi più antichi, l’Uomo
aveva intuito che la coda delle comete era probabilmente costituita da gas, ma,
non conoscendone ovviamente la composizione, temeva che questo potesse essere
venefico per il genere umano. Perciò, nel corso dei secoli, al passaggio delle
comete nelle vicinanze della Terra i nostri progenitori hanno sempre attribuito
conseguenze catastrofiche, quali guerre, pestilenze, inondazioni e carestie,
dovute per l’appunto ai “vapori mefitici” emanati da quegli insoliti corpi
celesti.
Al contrario: invece di portare la morte, la vita sulla Terra può aver avuto inizio proprio grazie alle comete.
L’ipotesi è stata riproposta alcuni anni fa da due astronomi, l’inglese FRED HOYLE e l’indiano CHANDRA WICKRAMASINGHE, i quali hanno ripreso in buona parte l’idea di SVANTE ARRHENIUS (premio Nobel per la Chimica nel 1903 per gli studi sulla dissociazione elettrolitica dell’acqua).
Dal 1968 in poi sono state individuate molte molecole organiche nelle nubi di gas e polveri della galassia, oltre che in vari tipi di corpi celesti (meteoriti, qualche satellite dei grandi pianeti esterni, comete stesse). Secondo l’ipotesi dei due astronomi, le comete, durante il loro viaggio, raccoglierebbero nello spazio tutte le molecole organiche che incontrano e le trasporterebbero, protette dalle micidiali radiazioni cosmiche e dalla bassissima temperatura del vuoto interstellare (-273 °C) mediante “gusci” di grafite, denominati “fullereni” (fig.2).
E poiché le comete contengono acqua (anche se in gran parte
ghiacciata), quelle molecole verrebbero a trovarsi immerse nell’elemento
indispensabile alla vita, “risvegliandosi” però solo quando la cometa,
avvicinandosi al Sole, vede innalzarsi la sua temperatura. E’ a questo punto,
attraverso una giusta combinazione dei materiali organici, che la vita potrebbe
cominciare con la formazione di microrganismi. Questi successivamente
potrebbero venir depositati su di un pianeta, quando la cometa gli passa vicino
e lo avvolge per qualche tempo nella sua coda; a patto naturalmente che il
pianeta sia, come la Terra, abbastanza vicino al proprio sole e possieda
condizioni ambientali favorevoli.
Quando si cerca di fotografare corpi di debole luminosità nel cielo notturno, occorre innanzitutto allontanarsi dai luoghi abitati, in quanto il riverbero, anche se modesto, delle luci relative agli insediamenti umani (il cosiddetto “inquinamento luminoso”) disturba sempre lo sfondo del fotogramma, oltre a rendere difficoltosa la localizzazione di quanto si cerca nella volta celeste. Inoltre bisogna tener conto che i vapori di gas più caldi dell’atmosfera (emissioni di auto, fabbriche, impianti di riscaldamento, ecc.) provocano delle “turbolenze” che vanno ad interferire con l’ottica della fotocamera, distorcendo l’immagine. Per questo è opportuno, ove possibile, approntare la postazione per la foto notturna su di un luogo elevato (collina, monte, ecc.), sempre che le condizioni meteo siano ottimali (cielo terso, meglio se con leggera brezza, assenza di nubi e della Luna).
Le pellicole più indicate sono quelle più sensibili (più “rapide, in gergo fotografico), in quanto consentono di mantenere aperto l’otturatore della fotocamera per tempi non troppo lunghi, cosa che andrebbe a discapito della qualità dell’immagine a causa della rotazione terrestre, se non si dispone di treppiede dotato di motore sincronizzato. Ideali sarebbero quelle all’infrarosso o all’ultravioletto (fig.3),
se non fosse per la difficoltà del reperimento sul mercato, della conservazione e del successivo trattamento di sviluppo. Queste ultime, infatti, sono appannaggio quasi esclusivo degli Osservatori astronomici, che dispongono di tutte le apparecchiature sopra descritte, che difficilmente un fotoamatore può permettersi.
In conclusione, vogliamo
ricordare che proprio uno di questi straordinari corpi celesti, nel 1994, fece
parlare di sé, destando enorme interesse nella comunità scientifica: stiamo
parlando della cometa Shoemaker-Levy 9, famosa perché è stata la prima cometa
ad essere osservata durante la sua caduta su un pianeta. Non era mai accaduto
infatti che una cometa fosse scoperta in orbita attorno ad un pianeta e non al
Sole. Questa, dopo essersi frammentata a contatto con l’atmosfera di Giove,
impattò sul grande pianeta con effetti indubbiamente spettacolari, ma che
alcuni, terroristicamente, presagirono avere conseguenze “devastanti” (che non
si sono verificate) per l’equilibrio gravitazionale del sistema solare. Segno,
questo, che forse l’Uomo non ha ancora del tutto superato il retaggio dei
“secoli bui”.
BIBLIOGRAFIA:
ARRHENIUS S. – L’EVOLUTION des
MONDES – BÉRANGER, Paris – 1910
HOYLE F. – LA NATURE de L’UNIVERS
- CLUB DU LIVRE, 1951
WICKRAMASINGHE C. – I DRAGHI
dell'UNIVERSO - ARMENIA 2002
RIFERIMENTI:
https://it.wikipedia.org/wiki/Svante_Arrhenius
https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Keplero
https://it.wikipedia.org/wiki/Cometa_Shoemaker-Levy_9