evoluzioni e conferme “in
itinere”...
di GIORGIO PATTERA
M.M. (classe1972) ci ha scritto:
«La mia esperienza risale a molti
anni fa: ero piccolo (avrò avuto circa 9 anni) quando è successo l’evento che,
nel subconscio, potrei ricollegare al “corpo estraneo” che mi è stato
diagnosticato radiologicamente.
Ricordo che, per tre sere
consecutive, uno strano oggetto (di forma circolare e con tante luci) si alzò
in volo dalla campagna di fronte alla casa dove abitavo. Io ero sul balcone,
all'ultimo piano, intento ad osservare l’inconsueto fenomeno; ad un tratto
l’oggetto si diresse verso di me, fermandosi proprio sopra la mia testa, ad
un’altezza di circa cinque metri. La cosa che mi rimase impressa è che non
emetteva alcun tipo di rumore; non ricordo altro, sinceramente. Tuttavia, dopo
qualche giorno (e non mi so ancora spiegare il perché) feci un giro d’ispezione
nella campagna antistante la mia casa e vi trovai una grossa apertura, come una
“bocca” rotonda che entrava nel terreno. Circa dieci anni fa sono tornato in
quel posto (Ponte Galeria, sulla Via Portuense, a Roma) per effettuare una
piccola ricerca, che però si è conclusa con esito negativo. Non so cos’altro
pensare: quando ho scoperto casualmente di avere quel frammento in faccia (di
cui ignoravo la presenza, non risentendo di alcuna sintomatologia), i medici
che avevano esaminato le lastre mi dissero che tutto ciò era molto strano,
poiché non avevo mai subìto traumi d’alcun genere, né incidenti stradali o sul
lavoro. Inoltre non compare sul viso, in corrispondenza del frammento d’ignota
provenienza, alcun tipo di cicatrice che possa giustificare la penetrazione del
medesimo nel cranio.
Spero che Lei possa aiutarmi a spiegare il significato di questo “intruso” (radio-opaco, sottostante lo zigomo dx; N.d.R.) inserito nel mio cranio».
Questa breve ma dettagliata relazione, da sola, non sarebbe sufficiente a far supporre un caso di “contatto del 4° tipo” e, di conseguenza, ad indurre nell’inquirente l’esigenza d’intraprendere un’indagine tesa a verificare la realtà di tal evento. Tuttavia ci sia consentito replicare, anche in quest’occasione, alcune costanti fondamentali che puntualmente contraddistinguono i casi di sospetta “abduction”.
1) – La giovane età del “contattato”, quasi a voler
confermare l’intenzione delle presunte entità aliene di voler “monitorare”
l’addotto, mediante l’inserimento dell’impianto, durante l’arco temporale
dell’evoluzione bio-psico-fisiologica del soggetto “Uomo”. Sono assai rari,
infatti, se non addirittura assenti, i casi d’impianti rinvenuti in soggetti
anziani.
2) – La presa di coscienza del testimone, ancorché giovanissimo,
che “qualcosa” d’estraneo alla normalità degli eventi gli era accaduto, tanto
da ricercarne conferma in tracce evidenti nella zona circostante la sua
abitazione.
3) – Il riaffiorare dal subconscio, seppur lentamente, del
ricordo d’esperienze-shock subìte in un passato relativamente recente; ricordo
che, come accade per ogni evento traumatico e di forte impatto emozionale, il
cervello umano tende ad obnubilare per un periodo di circa cinque anni.
Ma ciò che più ci preme
evidenziare in questa ricerca, è la posizione, davvero inconsueta, del presunto
“impianto alieno”, che potrebbe risultare assai strana, per non dire assurda.
Non è così, invece; almeno per chi conosca e voglia attribuire un minimo di
credibilità alla medicina tradizionale orientale e, nella fattispecie, alle
linee (meridiani) su cui agisce la tecnica dell’agopuntura. Ma facciamo un
passo indietro.
Come ampiamente trattato nel libro «UFO: vent’anni d’indagini e ricerche», edito dal sottoscritto nel 2005, un presunto “impianto” (fig.1) è stato individuato, sul finire degli anni ’90, dal collega Dr.G.C. del CUN di Napoli, nella porzione interdigitale pollice-indice della mano sx di un soggetto maschio, anch’egli (all’epoca dell’indagine) trentacinquenne.
Tale posizione (fig.2) corrisponde al punto n.° 3 del meridiano GI, che controlla l’intestino crasso;
questo meridiano, se stimolato (come farebbe presupporre l’inserimento dell’impianto), produce il VIP (vasoactive intestinal polypeptide), sostanza deputata a funzioni vasodilatatorie locali ed assai simile alle endorfine, presenti nell’ipòfisi. Recentemente, tuttavia, anche la medicina occidentale (allopatica) ha scoperto che il VIP, al pari delle endorfine, viene sintetizzato anche in alcune aree del sistema nervoso centrale, specie in una porzione cerebrale denominata ippocampo, sede d’importanti funzioni neurologiche (memoria, comportamento, ecc.).
Ebbene, risulta quantomeno
curioso osservare che la posizione (zona sottostante lo zigomo) del presunto
impianto del giovane romano insiste sullo stesso meridiano GI, in
corrispondenza del punto n.° 20 (figg.3 e 4).
La conferma dell’avanzata tecnologia, difficilmente riconducibile ad una matrice “terrestre”, con cui gli impianti vengono realizzati ed inseriti nei tessuti umani, sta nel fatto che non solo all’esterno del punto d’inserzione non si riscontra la benché minima cicatrice, ma anche perché gli elementi di cui sono costituiti non generano alcun fenomeno di rigetto da parte dei tessuti circostanti. Infatti non si forma attorno all’impianto una risposta di tipo “anticorpale”; la quale, se riconoscesse come “estraneo” il corpuscolo introdotto, lo circonderebbe di un connettivo granulomatoso-cicatriziale, che lo trascinerebbe lentamente verso l’epitelio, fino ad espellerlo (*). Tutto ciò giustifica anche il fatto che l’ignaro depositario dell’impianto non ha la possibilità di accorgersi della presenza di questa “new entry”, se non in seguito ad occasionali indagini radiologiche, non risentendo d’alcun sintomo o disturbo: l’impianto stesso, infatti, tende a fondersi col tessuto circostante, formando un tutt’uno con esso. Rispetto ai primi episodi documentati (anni ’70 – ’80), oggi si assiste ad un “salto di qualità” degli stessi, che si sono evoluti da “bio-compatibili” a “bio-integrati”. Proprio da quest’ultimo particolare si evince quanto sia potenzialmente pericolosa la rimozione chirurgica dell’impianto stesso, qualora (caso comprensibilmente raro) l’impiantato sia consenziente.
Alla luce di quanto esposto ci
sembra coraggioso, ma altrettanto lecito, ipotizzare che i due presunti
impianti non siano stati posizionati a caso, bensì lungo un identico meridiano,
i cui punti caratteristici (se idoneamente stimolati) possiedono tutti la
medesima potenzialità: vale a dire quella di indurre la produzione endògena di
sostanze psicòtrope, simili ai neuro-trasmettitori (chiamate anche
neuro-ormoni), atte a svolgere azioni di coordinazione e controllo delle
attività nervose superiori, tanto da poter essere eventualmente correlate con
l'instaurarsi d’espressioni patologiche del comportamento, nel caso in cui il
loro rilascio nel circolo umorale divenisse incontrollato.
Un’ipotesi di lavoro che,
soprattutto nel nostro ambito, è ancora tutta da dimostrare: ci proveremo,
perseverando nelle nostre ricerche.
(*) = Esempio banale: ciò che
succede a chi si occupa di giardinaggio, allorché una spina di rosa penetra in
profondità nel derma della mano. Dopo inutili tentativi di rimuoverla, ci si
arrende: si disinfetta accuratamente e si aspetta con pazienza che il tessuto
“rigetti” in superficie il corpo estraneo…
BIBLIOGRAFIA:
G.Pattera – UFO: vent’anni
d’indagini e ricerche – PPS Editrice, Parma / 2005
UFO Notiziario - n.° 2 / giugno
1999
UFO Notiziario - n.° 10 / marzo
2000
ANCORA SUGLI IMPIANTI :
come accorgersene, dove cercarli,
quando rimuoverli…
Nel precedente lavoro abbiamo
preso in esame il caso di un giovane della provincia di Roma che, casualmente e
a distanza di molti anni da un presunto evento del 4° tipo, il cui ricordo è
rimasto sopito ma mai rimosso, si è ritrovato con stupore l’evidenziazione radiologica
di un “corpo estraneo di n.d.d” sotto lo zigomo dx. Reperto alquanto strano,
sia per l’ignaro possessore che per il medico che ne ha constatato la presenza.
Ma il discorso sui presunti
“impianti” di matrice aliena viene da lontano: già dagli anni ‘80 hanno
trattato il delicato argomento alcuni dei più quotati ricercatori del settore,
come Bud Hopkins, David Jacobs, John Mack, Karla Turner ed altri, anche se si
sono limitati a sfiorarne l’intrinseco significato, forse perché i tempi non
erano maturi. All’epoca, infatti, gli impianti non riscuotevano ancora
l’interesse che dovevano meritare: spesso i presunti “addotti” si ritrovavano
impronte, ispessimenti e pigmentazioni cutanee, cicatrici di varia foggia e
dimensione di cui non sapevano spiegare la provenienza; ma gli inquirenti non
approfondivano le cause né sospettavano eventuali inclusioni. Molte volte, se
le cose non si cercano, è difficile trovarle…
Per esemplificare, ci limitiamo a citare Karla Turner ed il suo libro “Taken”, in cui l’autrice descrive l’incredibile odissea vissuta da otto donne “prelevate” da presunte entità aliene e sottoposte, loro malgrado, ad una minuziosa serie di misteriosi esperimenti psico-genetici, accompagnati dall’inserimento di minuscoli oggetti (che le malcapitate chiamano “innesti” ed a cui attribuiscono funzioni di trasmettitori e monitor).
Le vicissitudini subite da queste
involontarie “cavie umane” riaffiorano dal subconscio mediante l’ipnosi
regressiva e già si assiste, nel corso delle puntigliose ricostruzioni della
Turner, ad un’evoluzione della tecnologia “impiantistica” aliena. Mentre nei
primi sette casi l’inserimento degli “innesti” avviene a livello nasale od auricolare,
nell’ultimo caso trattato (quello di Amy) accade una vera e propria
“rivoluzione”.
Dal racconto di Amy, sotto
ipnosi, veniamo a sapere infatti: «…Mi spiegano (gli alieni) che mi hanno
rimosso l’innesto dal collo (sotto l’orecchio) perché è “vecchio”; è inserito
ancora in alcune persone, ma li stanno rimuovendo perché sono “vecchi”
(concetto ribadito). ...A volte (gli innesti) si trovano alla base della spina
dorsale, molto in basso, da dove controllano tutto il corpo, dal cervello in
giù; ma sono “vecchi”, ora usano qualcos’altro. …I “nuovi” innesti sono nel
cervelletto; ma non li inseriscono, come quelli vecchi, da dietro l’orecchio.
Non si riuscirebbe a rimuoverli, soltanto “loro” possono farlo…».
L’indagine, veramente preziosa ed
encomiabile, condotta dalla compianta Karla Turner, risale ai primi anni ’90 ed
i risultati ottenuti sembrano aver precorso i tempi. Attualmente, infatti, la
conferma dell’avanzata tecnologia, difficilmente riconducibile ad una matrice
“terrestre”, con cui gli impianti vengono realizzati ed inseriti nei tessuti
umani, sta nel fatto che non solo all’esterno del punto d’inserzione non si
riscontra la benché minima cicatrice, ma anche perché gli elementi di cui sono
costituiti non generano alcun fenomeno di rigetto da parte dei tessuti
circostanti. Infatti non si forma attorno all’impianto una risposta di tipo
“anticorpale”; la quale, se riconoscesse come “estraneo” il corpuscolo
introdotto, lo circonderebbe di un connettivo granulomatoso-cicatriziale, che
lo trascinerebbe lentamente verso l’epitelio, fino ad espellerlo.
Tutto ciò giustifica anche il
fatto che l’ignaro depositario dell’impianto non ha la possibilità di
accorgersi della presenza di questa “new entry”, se non in seguito ad
occasionali indagini radiologiche, non risentendo di alcun sintomo o disturbo:
l’impianto stesso, infatti, tende a fondersi col tessuto circostante, formando
un tutt’uno con esso. Rispetto ai primi episodi documentati (anni ’70 – ’80),
oggi si assiste ad un “salto di qualità” degli stessi, che si sono evoluti da
“bio-compatibili” a “bio-integrati”. Proprio da quest’ultimo particolare si
evince quanto sia potenzialmente pericolosa la rimozione chirurgica
dell’impianto stesso, qualora (caso comprensibilmente raro) l’impiantato sia
consenziente.
Bibliografia:
Hopkins B. – INTRUSI – Armenia,
1988
Jacobs D. – LES KIDNAPPEURS D’UN
AUTRE MONDE – Presses de la Cité, 1994
Mack J. – RAPITI – Mondadori,
1995
Turner K. – RAPITE DAGLI UFO –
Mediterranee, 1996
Nagaitis / Mantle - SENZA
CONSENSO - Otium & Negotium, 1997
Strieber W. – COMMUNION – Rizzoli, 1987