“Solo se sei pronto a considerare possibile l’impossibile,

sei in grado di scoprire qualcosa di nuovo”.

(Johann Wolfgang Goethe)

“L’importante è avere un pensiero indipendente:

non si deve credere, ma capire”

(Hubert Revees)


“L’Uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”

(Hubert Revees)

mercoledì 29 luglio 2020

Àtropa belladonna, lo sguardo “fatale”…

                                                         

                                                           di GIORGIO PATTERA


La Belladonna è una pianta erbacea perenne (fam. Solanaceae) con fiori campanulati, tubolosi e penduli di colore violaceo-cupo. In Italia cresce spontanea su Alpi ed Appennini, fino all’altitudine di 1.400 metri, prediligendo il suolo calcareo e il margine di boschi freschi e ombrosi, come le faggete. 


Fiorisce nel periodo estivo e i frutti sono costituiti da lucide bacche nere, che, nonostante l'aspetto invitante e il sapore gradevole, sono velenosissime per l'uomo. L’ingestione, anche in modesta quantità, da parte dei bambini (può bastare ½ bacca!), attratti dall’aspetto invitante delle bacche succose, che possono venir scambiate per altri appetitosi frutti eduli del sottobosco, come mirtilli o more, può provocare una serie di gravi conseguenze, quali diminuzione della sensibilità, forme di delirio, sete, vomito, seguìti, nei casi più gravi, da convulsioni e morte per insufficienza respiratoria. Per un adulto l’intossicazione avviene con l’assunzione di 20-30 bacche, ma non è tanto importante il numero in sé, quanto la concentrazione totale dei princìpi attivi (tropano-alcaloidi e scopolamina*) in esse contenuta: è sufficiente una dose da 0,01 a 0,1 grammi per provocare la morte…! Gli uccelli e i bovini risultano molto meno sensibili dell’uomo agli effetti tossici della Belladonna, mentre i conigli possono mangiare la pianta impunemente: sembra tuttavia che il cibarsi di questa essenza ne rendesse tossica la carne.



Il termine scientifico, Àtropa belladonna, deriva dalla sua “doppia personalità”, divisa fra i suoi effetti letali e l'impiego cosmetico. Àtropo era infatti il nome (in greco: Ἄτροπος = l'immutabile, l'inevitabile) di una delle tre Moire**, che, nella mitologia greca, taglia il filo della vita: ciò a ricordare che l'ingestione delle bacche di questa pianta può causare la morte.


Le tre MOIRE erano la personificazione del destino ineluttabile: il loro compito era, la prima, di tessere il filo del fato di ogni uomo, la seconda, di svolgerlo ed infine, la terza, di reciderlo, segnandone la morte. Àtropo (= l'inflessibile), la più anziana delle tre sorelle, rappresentava il destino finale: la morte d'ogni individuo, poiché a lei era assegnato il compito di recidere, con lucide cesoie, il filo che ne rappresentava la vita, decretandone il momento del trapasso.

Il nome volgare Belladonna, invece, fa riferimento ad una pratica che risale al Rinascimento: le DAME usavano un collirio a base del succo di questa pianta, per dare risalto e lucentezza agli occhi (ed attrarre quindi l’attenzione maschile…), grazie alla sua capacità di dilatare la pupilla: un effetto detto midriasi, dovuto all'atropina, che agisce direttamente sul sistema nervoso parasimpatico. Oggi alcuni dei suoi numerosi princìpi attivi sono impiegati nella tecnica medica per dilatare le pupille durante le visite oculistiche o come anestetico, in caso di lesioni corneali.


Sebbene la Belladonna evochi immagini di veleno e morte (la pianta è stata usata come veleno fin dai tempi antichi), costituisce un utile e benefico rimedio se usata correttamente. Gli ALCALOIDI TROPANICI in essa contenuti, adeguatamente dosati, servono a ridurre le secrezioni (salivari, gastriche, intestinali, bronchiali) e a controllare gli spasmi della muscolatura liscia (tubuli urinari, vescica). Risulta efficace anche per rilassare lo stomaco, alleviare il dolore da coliche e combattere l’ulcera peptica, riducendo la produzione dell’acidità gastrica. Può essere usata per trattare i sintomi del Morbo di Parkinson, riducendo tremori, rigidità e migliorando la parola e la mobilità.


E pensare che, nei secoli bui, si riteneva che durante il “sabba infernale” intorno all’albero di Noce, le “STREGHE” mescolassero nell’immancabile pentolone, oltre al Giusquiamo ed allo Stramonio, anche la Belladonna, ottenendone così una pozione che consentiva loro di “VOLARE”…
Anche oggi si “vola”, purtroppo, ma con altri (ahimè, mortiferi…) allucinogeni…

(*) = Come principio attivo, la Scopolamina in molte culture antiche è stata utilizzata con i più svariati scopi: gli Arabi e gli autoctoni delle Isole Canarie la utilizzavano contro i nemici, gli Sciamani messicani e gli Aztechi la usavano come allucinogeno per predire il futuro, a Delfi gli antichi Greci ne facevano uso per indurre ipnosi e predire il futuro nei riti religiosi.



L'utilizzo della scopolamina come siero della verità durante gli interrogatori è stato praticato da molte Agenzie d’Intelligence, inclusa la CIA, sin dagli anni ‘50 (cfr. Progetto MK-ULTRA). In seguito all'evidenza della sua scarsa utilità (gli effetti allucinogeni producono distorsione nella percezione della realtà), il suo impiego venne abbandonato. Sembra che nei campi di prigionia nazisti il criminale Josef Mengele abbia sperimentato la scopolamina, come droga per estorcere ai prigionieri informazioni sui movimenti e le dotazioni belliche del nemico.
Dato che può determinare alterazione della coscienza seguita da amnesia, la scopolamina è talvolta somministrata di nascosto, disciolta in bevande, aggiunta ad alimenti o addirittura, essendo una sostanza incolore ed inodore, può essere semplicemente fatta inalare all'ignara vittima, per commettere rapine o violenze sessuali.

(**) = Corrispondenti alle tre PARCHE, nella mitologia dell’antica Roma.

RIFERIMENTI:

https://it.wikipedia.org/wiki/Atropa_belladonna
https://it.wikipedia.org/wiki/Moire
https://it.wikipedia.org/wiki/Scopolamina

BIBLIOGRAFIA:

AA.VV. – CURARSI con le ERBE – Polaris, 1995

North P.M. – PIANTE VELENOSE – The Pharmaceutical Society of Great Britain, London

M.I.Macioti – MITI E MAGIE DELLE ERBE – Newton Compton / Roma, 1993

A.Chevallier – ENCICLOPEDIA DELLE PIANTE MEDICINALI – Idea Libri / Milano, 1997

F.Stary – PIANTE VELENOSE – Istituto Geografico De Agostini / Novara, 1987



UN “CAPPELLO” INQUIETANTE…

di GIORGIO PATTERA   Il quotidiano “ LA GAZZETTA DI PARMA ” del 15 gennaio 1990 postava un breve ma intrigante trafiletto (integralmente r...