“Solo se sei pronto a considerare possibile l’impossibile,

sei in grado di scoprire qualcosa di nuovo”.

(Johann Wolfgang Goethe)

“L’importante è avere un pensiero indipendente:

non si deve credere, ma capire”

(Hubert Revees)


“L’Uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”

(Hubert Revees)

lunedì 20 luglio 2020

Esseri senza bocca, uomini senza volto: enigma archeo-antropologico del bacino lunigianese


di GIORGIO PATTERA

Filattiera, Taponecco, Filetto, Minucciano: forse da questi antichi insediamenti dell’odierna Lunigiana partirono verso il 1400 a.C., in piena età del bronzo, alcuni  temerari manipoli di  << LIGURES >>, i quali, sfidando ciò che rappresentava a quei tempi l’incognita assoluta, si avventurarono nel Mar Tirreno in cerca di altri spazi da colonizzare ed approdarono in una nuova, grande terra, la Corsica, su cui trapiantare se stessi, la propria civiltà e le proprie tradizioni religioso-culturali.




E’ curiosa, a questo proposito, l’assonanza di alcuni topònimi lunigianesi (Filetto, Filattiera) con quello còrso di Filitosa, complesso neolitico che costituisce senza dubbio la testimonianza più notevole della presenza nell’isola di enigmatiche popolazioni di origine centro-europea, che alcuni storici fanno discendere da antiche tribù celtiche. In effetti, i caratteri di alcune iscrizioni ritrovate incise su statue-stele (Bigliolo, Zignago) possono ricordare quelli dell’alfabeto celtico (cfr. tabella).





L’étimo di Filattiera deriva dal greco philaktérion che, in senso figurato, significa <<segno magico>>: le statue-stele dei misteriosi <<esseri senza bocca>> e <<uomini senza volto>>, raccolte in originale nel Museo archeologico della Spezia, sono opera della stessa espressione artistica che ispirò gli autori dei MENHIRS di Filitosa?

Può darsi; e per renderci conto di quanto sia effimero, in archeologia, il confine tra fantasia e documentazione storica, occorre procedere con ordine.
Le «statue-stele» o «statue-menhirs» (dette anche «stele antropomorfe»), oggi in gran parte ospitate in calco nelle sale del Museo del Piagnaro, a Pontremoli (MS), sono denominate «statue-stele lunigianesi», in quanto tutte (tranne un paio) sono state rinvenute nell’ambito del territorio della Lunigiana, una regione storica che trae il nome dalla città (a quei tempi portuale) e colonia romana di Luni. La prima fu trovate a Zignago, in Val di vara, nel lontano 1827, seguita da altre due, nel 1886, durante la costruzione di un bacino dell’Arsenale Militare della Spezia; attualmente, tra integre ed in frammenti, se ne contano oltre una settantina.



La Lunigiana può essere considerata come una sub-regione, non rispondente a nessuna giurisdizione amministrativa attuale, ma che, grosso modo, ricalca i confini dell’antica diocesi di Luni. In tutto il territorio ricorre spesso il termine «LUNA» (nomi di località, folklore, ecc.), come rimembranza, forse, d’una ancestrale usanza perduta: quella del culto arcaico di adorazione della dea Luna; fenomeno spesso ricorrente nelle popolazioni primitive (ed accertato in loco prima dell’insediamento romano), in antitesi al culto del Sole.

Indubbiamente molte di queste statue-stele mostrano la parte più singolare nella testa, che presenta un enigmatico volto di forma tipicamente «lunata», anzi «a mezza luna» o «a cappello di carabiniere»: conferma, questa, della loro funzione magico-rituale nell’ambito del culto lunare? Non si può escludere; ma anche questa è solo una delle tante ipotesi.


E così, in attesa di maggiori certezze, c’è anche chi, come il russo KASANTZEV, è giunto alla conclusione che le statue-stele hanno tratti ESTRANEI ad ogni civiltà conosciuta, per ciò che concerne la conformazione del capo; il quale ricorda molto da vicino, ovviamente deformato dalla fantasia di un popolo primitivo, un elmetto spaziale, molto simile a quello in uso agli attuali cosmonauti.

Fantasie? Forse, ma in parte legittime, visto che anche presso altre civiltà esistono i cosiddetti <<uomini senza volto>>, <<uomini invisibili>>, <<esseri senza bocca>>: senza bocca perché coperta da un casco da astronauta? E l’<<uomo invisibile>>? Voleva forse dire che risultava “irriconoscibile” (= non visibile) dietro il copricapo “spaziale” che gli occultava il volto? Ma il Prof. Alexei Kasantzev si spinge oltre: per lui gli strani arnesi raffigurati alla cintola delle statue-stele non sarebbero armi od utensili rudimentali (archi, frecce, pugnali, ecc.) stilizzati, bensì <<simboli geometrici>> e <<triangoli del sapere>>.



Ma cosa volevano rappresentare queste enigmatiche statue-stele ? Sono l’espressione di ancestrali emotività delle popolazioni locali, i “Ligures”, quali timore e protezione di fronte alla caducità umana ? Avevano un significato sacro-rituale-magico ? Dovevano assolvere ad una funzione funeraria, retaggio della cultura etrusca di presunta derivazione atlantidéa? Si tratta forse del culto (misterioso) di divinità dalle sembianze umane o di antenati-eroi divinizzati ? Oppure fungono da “segnali propiziatori”, assimilabili alle nostre “maestà” (che nelle zone limitrofe alla Val di Magra sono sostituite da “Madoneta” o “Marginetta”), poste ad indicare una vena d’acqua sotterranea, elemento vitale per l’agricoltura e l’allevamento ?

Per decenni molti studiosi si sono cimentati nel problema, senza peraltro raggiungere conclusioni univoche; l’unica certezza è che alcuni recenti ritrovamenti, di cui accenneremo alla fine, hanno riacceso l’interesse su questo mistero storico-archeologico mai chiarito.



Questo <<enigma antropologico>> è tipico del bacino lunigianese e non trova riscontri simili nel resto d’Italia; è correlabile invece con certi monoliti còrsi su cui non è mai stata fatta luce completa.
Principale centro religioso-culturale della Corsica preistorica, il complesso neolitico di Filitosa ospita un’incredibile concentrazione di <<statue-menhir>> (dal brétone <<MEN>> = pietra e <<HIR>> = lunga). Queste, simili per molti particolari alle <<statue-stele>> lunigianesi (testa distinta dal resto del corpo, presenza di “armi” scolpite in rilievo, tipo daghe e pugnali, ecc.), furono erette dagli antichi abitanti dell’isola all’epoca dell’invasione patita dal non meglio identificato popolo dei “TORREANI” o “uomini delle torri”, così chiamati per i loro strani monumenti di culto CIRCOLARI, a forma per l’appunto di torre “tronca”. Secondo una delle prime interpretazioni degli archeologi, peraltro ancora tutta da dimostrare, ad ognuno di quegli antropomorfi megaliti corrisponderebbe un guerriero nemico ucciso in battaglia. In altre parole, gli isolani avrebbero eretto le <<statue-stele>> per ricordare a sé stessi ed alla loro progenie il valore di cui erano stati protagonisti in combattimento: un po’ come il motto latino <<MEMENTO AUDERE SEMPER>> (= sii sempre coraggioso).



La cultura occidentale, tuttavia, contrasta con l’idea che si possa erigere un monumento che esalti il valore del nemico. Ecco perché altri archeologi propendono a considerare la «statua-stele» come la rappresentazione di un personaggio non tanto dal punto di vista commemorativo, quanto in associazione ad un culto ancora sconosciuto: per la mentalità preistorica magnificare l’avversario voleva dire, in altri termini, “CAPTARNE LE ENERGIE”.

A proposito delle incisioni in rilievo sulle <<statue-stele>>, concernenti gli strani “pugnali” a forma triangolare che richiamano alla mente le “armi sacrificali” di alcune popolazioni dell’America centro-meridionale, l’archeologo francese MARCEL HOMET si chiede se questi <<...non siano invece “arnesi” dalla struttura e dalla funzione apparentemente inspiegabili...>>. Più convinto appare CARL W.BLEGEN, che, sempre in proposito, scrive: <<...Le incisioni degli “utensili”, raffigurati alla cintola delle <<statue-stele>>, non danno affatto l’impressione di essere un primo, rozzo tentativo di scolpire la pietra: il disegno, ancorché stilizzato e convenzionale, presuppone invece un lungo periodo di precedenti tentativi di riprodurre sul granito con scalpelli di quarzo “qualcosa” di misterioso effettivamente indossato dai “Torreani”...>>.


Ma donde venivano queste mitiche popolazioni? Sono le stesse rappresentate dagli Egiziani nei grandiosi bassorilievi del tempio di MEDINET HABU? Il Prof. Kasantzev azzarda un’ipotesi: <<...Le “appendici esterne” fissate sugli elmi scolpiti nelle <<statue-stele>> non sarebbero in realtà corna di bòvidi, ma potrebbero raffigurare “antenne di trasmissione”, come quelle degli attuali caschi da cosmonauta...>>. Ancora: <<...Le figure delle <<statue-stele>> impugnano oggetti che hanno l’apparenza d’un triangolo rettangolo o isoscele: non si tratterebbe di archi, frecce o pugnali stilizzati, ché la deformazione sarebbe estrema, ma di simboli geometrici e/o magici. L’Uomo ha da sempre identificato nel triangolo una forma semi-divina riconducibile alla perfezione: è possibile quindi che gli isolani del neolitico còrso abbiano voluto tramandare quelle strane popolazioni come foriere di una conoscenza superiore: triangolo = sapere...>>.

E la loro provenienza? PETER KOLOSIMO non ha dubbi:



                             <<Da qualche parte, lassù, tra le Stelle...>>.


APPENDICE:

Ricordiamo che “La Nazione” del 14 maggio 2005 ha riportato che in località Groppoli, nel comune di Mulazzo (1), sono state ritrovate ben quattro statue-stele, risalenti a 5.000 anni or sono. Scolpite nella dura pietra (arenaria-macigno) e risalenti all’età del rame (3.500 – 2.300 a.C.), due di queste risultano in perfetto stato di conservazione, mentre le altre, purtroppo, a causa delle ingiurie del tempo, sono prive di testa (la porzione forse più interessante). I due esemplari meglio conservati hanno particolari antropomorfi femminili, con la tipica testa a “cappello di carabiniere”. Possiamo solo immaginare la sorpresa (e la soddisfazione) degli operatori che hanno effettuato gli scavi, sotto la direzione della Soprintendenza di Firenze, nel restituire alla luce dopo millenni di sepoltura queste due magnifiche “espressioni artistiche della Liguria preistorica”, come le ha giustamente definite Marzia Ratti. In effetti gli scavi in località Groppoli di Mulazzo sono stati “mirati”, in quanto nella stessa zona, circa tre anni prima, erano state rinvenute altre tre statue dello stesso genere, durante i lavori condotti dall’ENEL. Per questo motivo la dirigenza dell’ENEL, intuìta l’importanza archeologica del sito, si è dichiarata disponibile a deviare il percorso della linea elettrica che corre in zona, onde consentire ulteriori e più approfonditi accertamenti (si spera fruttuosi), grazie ai finanziamenti messi a disposizione dal Ministero dei Beni Culturali, d’intesa con l’Amministrazione Provinciale.

Nel frattempo non resta che attendere il concretizzarsi d’un sogno, vale a dire che almeno una delle statue-stele di Groppoli (buona parte delle altre sono conservate nei musei di La Spezia e Firenze) possa essere conservata là, dove ha rivisto la luce: a Mulazzo.


(1)          = La storia di Mulazzo è legata a Dante Alighieri, che trascorse in questo luogo un lungo periodo, diviso fra la stesura della “Divina Commedia” e la ricerca della pace tra i Malaspina e i Vescovi di Luni. Secondo la tradizione, Dante qui avrebbe posto mano alla continuazione del poema, iniziando con la stesura dell’VIII canto dell’Inferno. La gratitudine nei confronti dei Malaspina venne espressa nell’VIII canto del Purgatorio.


BIBLIOGRAFIA

A.C.AMBROSI - Statue-stele lunigianesi - SAGEP /Genova 1992
E.ANATI - Le statue-stele della Lunigiana - JAKA BOOK/Milano 1981
U.CORDIER - Dizionario dell’Italia misteriosa - SUGARCO/Milano 1991
CAPECCHI-BARNI - Le misteriose statue-stele della Lunigiana  - IL GIORNALE DEI MISTERI n.° 22/C.TEDESCHI Ed.- Firenze 1973
O.PIANIGIANI - Dizionario etimologico della lingua italiana - I DIOSCURI/Genova 1990 
R.GROSJEAN - Filitosa - VIGROS/Strasbourg 1982
CORSE - Guide Vert de Tourisme Michelin - Paris 1979
SERVICE-BRADBERY - I megaliti e i loro misteri - ARMENIA/Milano 1981
R.WERNICK - Le statue-menhir della Corsica/Gli ultimi misteri della Terra - SELEZIONE dal READER’S DIGEST/Milano 1977

P.KOLOSIMO - Odissea stellare/Astronavi sulla preistoria/Non è terrestre - SUGARCO/Milano 1977, 1983, 1991
Si ringrazia vivamente il Sig. Pietro Ferrari Vivaldi del Comune di Mulazzo per la preziosa documentazione gentilmente fornita. 



UN “CAPPELLO” INQUIETANTE…

di GIORGIO PATTERA   Il quotidiano “ LA GAZZETTA DI PARMA ” del 15 gennaio 1990 postava un breve ma intrigante trafiletto (integralmente r...