di GIORGIO PATTERA
Filattiera, Taponecco, Filetto, Minucciano: forse da questi antichi insediamenti dell’odierna Lunigiana partirono verso il 1400 a.C., in piena età del bronzo, alcuni temerari manipoli di << LIGURES >>, i quali, sfidando ciò che rappresentava a quei tempi l’incognita assoluta, si avventurarono nel Mar Tirreno in cerca di altri spazi da colonizzare ed approdarono in una nuova, grande terra, la Corsica, su cui trapiantare se stessi, la propria civiltà e le proprie tradizioni religioso-culturali.
E’ curiosa, a questo proposito,
l’assonanza di alcuni topònimi lunigianesi (Filetto, Filattiera) con quello
còrso di Filitosa, complesso neolitico che costituisce senza dubbio la
testimonianza più notevole della presenza nell’isola di enigmatiche popolazioni
di origine centro-europea, che alcuni storici fanno discendere da antiche tribù
celtiche. In effetti, i caratteri di alcune iscrizioni ritrovate incise su
statue-stele (Bigliolo, Zignago) possono ricordare quelli dell’alfabeto celtico
(cfr. tabella).
L’étimo di Filattiera deriva dal
greco philaktérion che, in senso figurato, significa <<segno
magico>>: le statue-stele dei misteriosi <<esseri senza
bocca>> e <<uomini senza volto>>, raccolte in originale nel
Museo archeologico della Spezia, sono opera della stessa espressione artistica
che ispirò gli autori dei MENHIRS di Filitosa?
Può darsi; e per renderci conto
di quanto sia effimero, in archeologia, il confine tra fantasia e
documentazione storica, occorre procedere con ordine.
Le «statue-stele» o
«statue-menhirs» (dette anche «stele antropomorfe»), oggi in gran parte
ospitate in calco nelle sale del Museo del Piagnaro, a Pontremoli (MS), sono
denominate «statue-stele lunigianesi», in quanto tutte (tranne un paio) sono
state rinvenute nell’ambito del territorio della Lunigiana, una regione storica
che trae il nome dalla città (a quei tempi portuale) e colonia romana di Luni.
La prima fu trovate a Zignago, in Val di vara, nel lontano 1827, seguita da
altre due, nel 1886, durante la costruzione di un bacino dell’Arsenale Militare
della Spezia; attualmente, tra integre ed in frammenti, se ne contano oltre una
settantina.
La Lunigiana può essere
considerata come una sub-regione, non rispondente a nessuna giurisdizione
amministrativa attuale, ma che, grosso modo, ricalca i confini dell’antica
diocesi di Luni. In tutto il territorio ricorre spesso il termine «LUNA» (nomi
di località, folklore, ecc.), come rimembranza, forse, d’una ancestrale usanza
perduta: quella del culto arcaico di adorazione della dea Luna; fenomeno spesso
ricorrente nelle popolazioni primitive (ed accertato in loco prima
dell’insediamento romano), in antitesi al culto del Sole.
Indubbiamente molte di queste
statue-stele mostrano la parte più singolare nella testa, che presenta un
enigmatico volto di forma tipicamente «lunata», anzi «a mezza luna» o «a
cappello di carabiniere»: conferma, questa, della loro funzione magico-rituale
nell’ambito del culto lunare? Non si può escludere; ma anche questa è solo una
delle tante ipotesi.
E così, in attesa di maggiori
certezze, c’è anche chi, come il russo KASANTZEV, è giunto alla conclusione che
le statue-stele hanno tratti ESTRANEI ad ogni civiltà conosciuta, per ciò che
concerne la conformazione del capo; il quale ricorda molto da vicino,
ovviamente deformato dalla fantasia di un popolo primitivo, un elmetto
spaziale, molto simile a quello in uso agli attuali cosmonauti.
Fantasie? Forse, ma in parte
legittime, visto che anche presso altre civiltà esistono i cosiddetti
<<uomini senza volto>>, <<uomini invisibili>>,
<<esseri senza bocca>>: senza bocca perché coperta da un casco da
astronauta? E l’<<uomo invisibile>>? Voleva forse dire che
risultava “irriconoscibile” (= non visibile) dietro il copricapo “spaziale” che
gli occultava il volto? Ma il Prof. Alexei Kasantzev si spinge oltre: per lui
gli strani arnesi raffigurati alla cintola delle statue-stele non sarebbero
armi od utensili rudimentali (archi, frecce, pugnali, ecc.) stilizzati, bensì
<<simboli geometrici>> e <<triangoli del sapere>>.
Ma cosa volevano rappresentare
queste enigmatiche statue-stele ? Sono l’espressione di ancestrali emotività
delle popolazioni locali, i “Ligures”, quali timore e protezione di fronte alla
caducità umana ? Avevano un significato sacro-rituale-magico ? Dovevano
assolvere ad una funzione funeraria, retaggio della cultura etrusca di presunta
derivazione atlantidéa? Si tratta forse del culto (misterioso) di divinità
dalle sembianze umane o di antenati-eroi divinizzati ? Oppure fungono da
“segnali propiziatori”, assimilabili alle nostre “maestà” (che nelle zone
limitrofe alla Val di Magra sono sostituite da “Madoneta” o “Marginetta”),
poste ad indicare una vena d’acqua sotterranea, elemento vitale per
l’agricoltura e l’allevamento ?
Per decenni molti studiosi si
sono cimentati nel problema, senza peraltro raggiungere conclusioni univoche;
l’unica certezza è che alcuni recenti ritrovamenti, di cui accenneremo alla
fine, hanno riacceso l’interesse su questo mistero storico-archeologico mai
chiarito.
Questo <<enigma
antropologico>> è tipico del bacino lunigianese e non trova riscontri
simili nel resto d’Italia; è correlabile invece con certi monoliti còrsi su cui
non è mai stata fatta luce completa.
Principale centro
religioso-culturale della Corsica preistorica, il complesso neolitico di
Filitosa ospita un’incredibile concentrazione di <<statue-menhir>>
(dal brétone <<MEN>> = pietra e <<HIR>> = lunga).
Queste, simili per molti particolari alle <<statue-stele>>
lunigianesi (testa distinta dal resto del corpo, presenza di “armi” scolpite in
rilievo, tipo daghe e pugnali, ecc.), furono erette dagli antichi abitanti
dell’isola all’epoca dell’invasione patita dal non meglio identificato popolo
dei “TORREANI” o “uomini delle torri”, così chiamati per i loro strani
monumenti di culto CIRCOLARI, a forma per l’appunto di torre “tronca”. Secondo
una delle prime interpretazioni degli archeologi, peraltro ancora tutta da
dimostrare, ad ognuno di quegli antropomorfi megaliti corrisponderebbe un
guerriero nemico ucciso in battaglia. In altre parole, gli isolani avrebbero
eretto le <<statue-stele>> per ricordare a sé stessi ed alla loro
progenie il valore di cui erano stati protagonisti in combattimento: un po’
come il motto latino <<MEMENTO AUDERE SEMPER>> (= sii sempre
coraggioso).
La cultura occidentale, tuttavia,
contrasta con l’idea che si possa erigere un monumento che esalti il valore del
nemico. Ecco perché altri archeologi propendono a considerare la «statua-stele»
come la rappresentazione di un personaggio non tanto dal punto di vista
commemorativo, quanto in associazione ad un culto ancora sconosciuto: per la
mentalità preistorica magnificare l’avversario voleva dire, in altri termini,
“CAPTARNE LE ENERGIE”.
A proposito delle incisioni in
rilievo sulle <<statue-stele>>, concernenti gli strani “pugnali” a
forma triangolare che richiamano alla mente le “armi sacrificali” di alcune
popolazioni dell’America centro-meridionale, l’archeologo francese MARCEL HOMET
si chiede se questi <<...non siano invece “arnesi” dalla struttura e
dalla funzione apparentemente inspiegabili...>>. Più convinto appare CARL
W.BLEGEN, che, sempre in proposito, scrive: <<...Le incisioni degli
“utensili”, raffigurati alla cintola delle <<statue-stele>>, non
danno affatto l’impressione di essere un primo, rozzo tentativo di scolpire la
pietra: il disegno, ancorché stilizzato e convenzionale, presuppone invece un
lungo periodo di precedenti tentativi di riprodurre sul granito con scalpelli
di quarzo “qualcosa” di misterioso effettivamente indossato dai
“Torreani”...>>.
Ma donde venivano queste mitiche
popolazioni? Sono le stesse rappresentate dagli Egiziani nei grandiosi
bassorilievi del tempio di MEDINET HABU? Il Prof. Kasantzev azzarda un’ipotesi:
<<...Le “appendici esterne” fissate sugli elmi scolpiti nelle
<<statue-stele>> non sarebbero in realtà corna di bòvidi, ma
potrebbero raffigurare “antenne di trasmissione”, come quelle degli attuali
caschi da cosmonauta...>>. Ancora: <<...Le figure delle
<<statue-stele>> impugnano oggetti che hanno l’apparenza d’un
triangolo rettangolo o isoscele: non si tratterebbe di archi, frecce o pugnali
stilizzati, ché la deformazione sarebbe estrema, ma di simboli geometrici e/o
magici. L’Uomo ha da sempre identificato nel triangolo una forma semi-divina
riconducibile alla perfezione: è possibile quindi che gli isolani del neolitico
còrso abbiano voluto tramandare quelle strane popolazioni come foriere di una
conoscenza superiore: triangolo = sapere...>>.
E la loro provenienza? PETER
KOLOSIMO non ha dubbi:
<<Da qualche parte, lassù,
tra le Stelle...>>.
APPENDICE:
Ricordiamo che “La Nazione” del 14 maggio 2005 ha riportato che in località Groppoli, nel comune di Mulazzo (1), sono state ritrovate ben quattro statue-stele, risalenti a 5.000 anni or sono. Scolpite nella dura pietra (arenaria-macigno) e risalenti all’età del rame (3.500 – 2.300 a.C.), due di queste risultano in perfetto stato di conservazione, mentre le altre, purtroppo, a causa delle ingiurie del tempo, sono prive di testa (la porzione forse più interessante). I due esemplari meglio conservati hanno particolari antropomorfi femminili, con la tipica testa a “cappello di carabiniere”. Possiamo solo immaginare la sorpresa (e la soddisfazione) degli operatori che hanno effettuato gli scavi, sotto la direzione della Soprintendenza di Firenze, nel restituire alla luce dopo millenni di sepoltura queste due magnifiche “espressioni artistiche della Liguria preistorica”, come le ha giustamente definite Marzia Ratti. In effetti gli scavi in località Groppoli di Mulazzo sono stati “mirati”, in quanto nella stessa zona, circa tre anni prima, erano state rinvenute altre tre statue dello stesso genere, durante i lavori condotti dall’ENEL. Per questo motivo la dirigenza dell’ENEL, intuìta l’importanza archeologica del sito, si è dichiarata disponibile a deviare il percorso della linea elettrica che corre in zona, onde consentire ulteriori e più approfonditi accertamenti (si spera fruttuosi), grazie ai finanziamenti messi a disposizione dal Ministero dei Beni Culturali, d’intesa con l’Amministrazione Provinciale.
Ricordiamo che “La Nazione” del 14 maggio 2005 ha riportato che in località Groppoli, nel comune di Mulazzo (1), sono state ritrovate ben quattro statue-stele, risalenti a 5.000 anni or sono. Scolpite nella dura pietra (arenaria-macigno) e risalenti all’età del rame (3.500 – 2.300 a.C.), due di queste risultano in perfetto stato di conservazione, mentre le altre, purtroppo, a causa delle ingiurie del tempo, sono prive di testa (la porzione forse più interessante). I due esemplari meglio conservati hanno particolari antropomorfi femminili, con la tipica testa a “cappello di carabiniere”. Possiamo solo immaginare la sorpresa (e la soddisfazione) degli operatori che hanno effettuato gli scavi, sotto la direzione della Soprintendenza di Firenze, nel restituire alla luce dopo millenni di sepoltura queste due magnifiche “espressioni artistiche della Liguria preistorica”, come le ha giustamente definite Marzia Ratti. In effetti gli scavi in località Groppoli di Mulazzo sono stati “mirati”, in quanto nella stessa zona, circa tre anni prima, erano state rinvenute altre tre statue dello stesso genere, durante i lavori condotti dall’ENEL. Per questo motivo la dirigenza dell’ENEL, intuìta l’importanza archeologica del sito, si è dichiarata disponibile a deviare il percorso della linea elettrica che corre in zona, onde consentire ulteriori e più approfonditi accertamenti (si spera fruttuosi), grazie ai finanziamenti messi a disposizione dal Ministero dei Beni Culturali, d’intesa con l’Amministrazione Provinciale.
Nel frattempo non resta che
attendere il concretizzarsi d’un sogno, vale a dire che almeno una delle
statue-stele di Groppoli (buona parte delle altre sono conservate nei musei di
La Spezia e Firenze) possa essere conservata là, dove ha rivisto la luce: a
Mulazzo.
(1) = La storia di Mulazzo è legata a Dante Alighieri, che
trascorse in questo luogo un lungo periodo, diviso fra la stesura della “Divina
Commedia” e la ricerca della pace tra i Malaspina e i Vescovi di Luni. Secondo
la tradizione, Dante qui avrebbe posto mano alla continuazione del poema,
iniziando con la stesura dell’VIII canto dell’Inferno. La gratitudine nei
confronti dei Malaspina venne espressa nell’VIII canto del Purgatorio.
BIBLIOGRAFIA
A.C.AMBROSI - Statue-stele
lunigianesi - SAGEP /Genova 1992
E.ANATI - Le statue-stele della
Lunigiana - JAKA BOOK/Milano 1981
U.CORDIER - Dizionario
dell’Italia misteriosa - SUGARCO/Milano 1991
CAPECCHI-BARNI - Le misteriose
statue-stele della Lunigiana - IL
GIORNALE DEI MISTERI n.° 22/C.TEDESCHI Ed.- Firenze 1973
O.PIANIGIANI - Dizionario
etimologico della lingua italiana - I DIOSCURI/Genova 1990
R.GROSJEAN - Filitosa -
VIGROS/Strasbourg 1982
CORSE - Guide Vert de Tourisme
Michelin - Paris 1979
SERVICE-BRADBERY - I megaliti e i
loro misteri - ARMENIA/Milano 1981
R.WERNICK - Le statue-menhir
della Corsica/Gli ultimi misteri della Terra - SELEZIONE dal READER’S
DIGEST/Milano 1977
P.KOLOSIMO - Odissea
stellare/Astronavi sulla preistoria/Non è terrestre - SUGARCO/Milano 1977,
1983, 1991
Si ringrazia vivamente il Sig.
Pietro Ferrari Vivaldi del Comune di Mulazzo per la preziosa documentazione
gentilmente fornita.