di Giorgio Pattera
MARTE, l’ultimo dei pianeti
interni del Sistema solare prima della “fascia degli Asteroidi” (che gli
antichi Sumèri già conoscevano e chiamavano “il braccialetto martellato”),
corpo celeste gemello della nostra Terra, ma dall’atmosfera estremamente
rarefatta, è da sempre al centro delle ricerche di astronomi, cosmologi ed
astrofisici, circa un’intrigante questione: c’è acqua lassù? O, quanto meno,
c’era un tempo?
Recentemente (ottobre 2020) si è ritornati con enfasi sull’argomento, allorché l’ecoscandaglio radar, progettato in Italia, di MARSIS (Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding, che dal 2005 orbita a bordo del satellite Mars Express), bombardando la superficie del pianeta rosso con impulsi radar e raccogliendone i riflessi, ha rilevato l’esistenza di laghi d’acqua liquida, nascosti sotto i ghiacci della calotta polare sud di Marte.
Questi laghi rimangono liquidi a causa delle concentrazioni molto elevate di sali tossici, chiamati perclorati; la stessa situazione si ritrova anche sul nostro pianeta, dove nell’Artico canadese sono stati scoperti laghi subglaciali estremamente salati e a temperature molto basse.
Ma l’intuizione, dote
fondamentale per ogni ricercatore, aveva portato ad una simile conclusione già
molto tempo addietro, a cominciare dall’avvento dei primi (rudimentali,
rispetto agli attuali) telescopi. HERSCHEL (1780), SECCHI (1850), SCHIAPARELLI
(1886), LOWELL (1894), MOREUX (1924), pur con le comprensibili limitazioni
delle apparecchiature a disposizione, che diedero loro l’illusione di scambiare
banali artefatti ottici con i famosi “canali di Marte”, prelusero a quella che
ai giorni nostri si è rivelata una certificazione scientifica: i “canali”
esistono, eccome, su Marte… anche se ora privi di flusso d’acqua. Da allora,
tuttavia, i canali marziani (ed i loro ipotetici costruttori) divennero
l’elemento-base d’innumerevoli produzioni di folclore e fantascienza
avventurosa, circa le possibilità che il pianeta rosso potesse ospitare forme
di vita senzienti.
Ma come di consueto diamo la parola alla cronaca.
Quando cessarono, il 27 settembre
1997, i contatti radio con la Terra, provenienti dalla prima esplorazione
automatizzata di un altro pianeta, PATHFINDER (L’Esploratore) aveva già inviato
16.500 immagini dal lander e 550 immagini dal rover, oltre a 15 analisi di
rocce, suolo, dati sui venti ed altri fenomeni atmosferici di MARTE. Questi dati
fecero sospettare agli scienziati che, in qualche momento del passato, quel
Pianeta potesse aver avuto un clima caldo-umido ed un'atmosfera più densa,
tanto da consentire la presenza di acqua allo stato liquido.
“Mars Pathfinder”, missione scientifica della NASA, fu la prima a trasportare un rover, “Sojourner”, sul “Pianeta Rosso”. La sonda fu lanciata il 4 dicembre 1996 col vettore “Delta II” e, dopo un viaggio di 7 mesi, atterrò il 4 luglio 1997 nella “Ares Vallis” (Valle di Ares = Marte, in Greco), in una regione chiamata “Chryse Planitia” (Pianura dorata, in Greco).
Tutto questo, lo sappiamo, si può
reperire sul WEB.
Ma forse non tutti sanno, o non
ricordano, che già il 9 luglio 1997 (prima ancora che i dati della sonda USA
fossero elaborati e diffusi) il sottoscritto aveva esposto le proprie
convinzioni circa la situazione idrogeologica di Marte, nel corso di
un’intervista concessa al quotidiano “GAZZETTA di PARMA”, che concludeva con
questa riflessione (cito testualmente): «Se dovessero scoprire qualcosa di
veramente interessante, temo che passeranno anni prima che sia resa di dominio
pubblico».
Le stesse considerazioni furono in seguito confermate in numerose conferenze, tra cui ricordiamo quella svolta presso il “Circolo Culturale Maria Luigia” di PIACENZA, insieme con l’amico Elvio Fiorentini (28 nov.’97); il “Circolo Culturale Primavera” di COLLECCHIO, insieme con Marco La Rosa e Claudio Dall’Aglio (5 dic.’97); e molte altre: «L’acqua è sinonimo di Vita, quella che noi conosciamo, per cui…».
“Quando il frutto è maturo,
dall’albero cade da solo”, recita la saggezza popolare: e così è stato…
Seguiamo ora gli “steps” più importanti.
Nel giugno del 2008 la missione Phoenix ha testimoniato la presenza di acqua allo stato solido sul pianeta rosso. Phoenix ha lavorato su terreni vecchi di 50.000 e forse un milione di anni, sperando di trovare prove che un tempo il clima di Marte fosse stato più caldo. Phoenix Mars Lander è stata la sesta sonda automatica sviluppata dalla NASA ad atterrare sul pianeta rosso. La missione scientifica della sonda era mappare l'ambiente marziano per verificarne la possibilità di sostenere forme di vita microbiche e per individuare l'eventuale presenza di acqua nell'ambiente. La sonda, lanciata il 4 agosto 2007 ed atterrata su Marte il 25 maggio 2008 nel “Mare Boreum”, una regione ricca di ghiaccio, ha cercato nel terreno artico eventuali tracce di acqua e microrganismi, mediante un braccio robot. La missione si è conclusa il 10 novembre 2008.
«Su Marte c’è acqua allo stato liquido»: una prima conferma giunse (finalmente!) dalla conferenza stampa della NASA di lunedì 28 settembre 2015, dopo che per anni i ricercatori avevano ipotizzato che sul pianeta ci potesse essere anche acqua liquida, oltre a quella solida, ghiacciata, ai poli. Le nuove prove sulla presenza di acqua su Marte, definite “inequivocabili” dalla stessa NASA, sono state ottenute analizzando i dati raccolti da Mars Reconnaissance Orbiter (sigla MRO), la sonda spaziale inviata verso il Pianeta Rosso nell’agosto di dieci anni prima. MRO, sonda spaziale polifunzionale lanciata il 12 agosto 2005, è stata progettata per eseguire osservazioni di Marte ad altissima risoluzione mediante lo spettrometro, uno strumento che può identificare il tipo di minerale in funzione di particolari lunghezze d’onda della luce; ha condotto la propria missione scientifica fino al novembre 2006.
Le strisce scure osservate sono
rivoli stagionali di acqua salata, scavati nelle pareti rocciose della regione
equatoriale del pianeta, che si formano quando la temperatura sale sopra i -23
gradi °C. Lunghi centinaia di metri e larghi cinque, cominciano ad apparire in
primavera ed insistono per tutta l’estate marziana, mentre in inverno si
essiccano.
«E questo cosa mi viene a
significare?», si interrogherebbe Montalbano…
Che la nostra ipotesi del ’97 si
stava avvalorando: ci sono voluti quasi nove anni (2006-2015) per dichiarare
“ufficialmente” ciò che noi, studiosi “eretici” di Cosmologia, sostenevamo da
sempre…
Non si tratta, certo, di “canali d'acqua”, frutto d’un impensabile – oggi - progetto irriguo degli abitanti di Marte, ma di “rivoli” stagionali che, una volta evaporati, residuano tracce di sali: i perclorati, per l’appunto, che costituiscono le “impronte” lasciate dall’acqua liquida.
L’annuncio della NASA è di quelli che non si scordano: la superficie di Marte evidenzia effettivamente quelle “striature” scure, riconducibili ad alvei di corsi d’acqua, che si snodano lungo le pendici dei rilievi equatoriali e che da anni fanno arrovellare gli Astronomi circa la loro origine.
La presenza di acqua su Marte, di per sé, non è alla fine una notizia sconvolgente, ma finora era stata rilevata solo in forma ghiacciata ai poli, in un contesto che la NASA ha sempre definito “ostile alla vita”. Ora, invece, gli scienziati dell'Agenzia Spaziale Americana avevano ammesso che “ci sono evidenze che un tempo un oceano, in alcuni punti profondo vari chilometri, copriva 1/5 della superficie del pianeta”.
"Se annunceranno d’aver
trovato acqua facilmente accessibile, in forma liquida, sotto la superficie
(nel “permafrost”, N.d.R.), che corrisponde ad una delle teorie che abbiamo
ascoltato per anni e anni, ciò avrebbe conseguenze enormi, per la possibilità
di vita sul pianeta e per la bio-sostenibilità di eventuali futuri
colonizzatori umani del pianeta", ha dichiarato al Boston Herald l'ex capo
della missione NASA per Marte, Doug McCuistion.
La storia della ricerca di acqua (e quindi di vita) su Marte è molto lunga (oltre 150 anni!) e costellata di osservazioni determinanti, alternate a scoperte e delusioni, che hanno condotto l’Umanità fino agli odierni risultati.
Cosa che potrebbe portare a nuovi importanti studi circa la possibilità che sul Pianeta Rosso esista ancora qualche forma di Vita, per come noi la conosciamo. Sempre che il dio della Guerra, associato dagli antichi Romani al quarto corpo celeste interno del Sistema Solare, non l’abbia distrutta con le sue azioni aggressive… come sta succedendo, oggi, sulla Terra…
RIFERIMENTI:
https://www.latimes.com/archives/la-xpm-2008-nov-22-sci-mars22-story.html
https://www.corsera.it/notizia.php?id=7
“GAZZETTA di PARMA”, 9 luglio e
16 dicembre 1997
“LIBERTÀ” Piacenza, 9 dicembre
1997