Cosa ti mando?...
Beh, quasi quasi... le mando dei fiori!
Che c’è di più
bello, per la tua amata,
per chi sa vestirsi di mille colori,
degli “occhi del
sole”, per essere ornata?
Già... ma che fiore le posso mandare?
Una gardenia? Un
giglio odoroso?
Sol deve saper che ho imparato ad amare:
non deve per
forza mostrarsi vistoso...
Ecco, ci sono! Per lei, ch’è una sposa,
il fior più gentile dev’esser Regina;
e questo soltanto può esser la Rosa,
come ‘l suo nome,
d’eterna bambina...
Cinque...e poi sette...e poi, più di
mille!
Voglio
coprirla di perle e profumi,
voglio che in casa si faccian faville
e udir la sua voce:
<< Sento che m’ami...>>.
Mandargliele devo con grande furgone,
che attento si
muova per non rovinarle,
anche su strada con gran polverone;
e nelle sue
braccia dovrà consegnarle...
E se non la trova? Sta sempre sul mare,
novella
Nausìca, in attesa d’Ulisse;
fin che un bel dì lo vede arrivare:
<< Vedrai che
ritorno! >>, un tempo le disse.
Allora, ho trovato, le mando colomba:
legarle le rose
dovrò alla zampina,
ma per far in modo che ‘l peso non
senta,
ne mando una
sola, una Rosa Canina...
E se del falco diventa la preda?
Oh no, non sia mai che
divina creatura
il giorno seguente, mia causa, non veda:
e se non arriva...
che brutta figura!...
D’inviarle una cosa alfine ho pensato,
che
parli di me: le scrivo un sonetto,
ch’è come una rosa, che al posto del
prato
sbocciata è sul
bianco di questo foglietto.
Lungi noi siamo, ma sempre vicini:
deportelo in mano
e attender risposta,
col nostro sorriso d’eterni bambini,
lo sai che non
posso: ...e allor c’è la posta!
GIORGIO PATTERA