Tributo all’Amico EMILIO MILAZZO,
prematuramente scomparso
di GIORGIO PATTERA
La storia di questo triangolo di casa nostra, se così si può chiamare, inizia nel 1975. A partire da quella data, almeno sei “incidenti”, dalla dinamica che definire strana è un puro eufemismo, hanno insanguinato (è proprio il caso di dirlo: si contano otto morti e numerosi feriti) questa splendida propaggine di Lunigiana, tanto apprezzata da un nobile protagonista della cultura europea del 19° secolo, Lord Byron: e Portovenere, dove il poeta inglese soggiornò nel 1822, pare proprio trovarsi, ironia della sorte, al centro del mistero.
Si tratta solo di semplici
coincidenze, travisate “ad usum delphini” dai fantastico-catastrofisti
onnipresenti, proseguendo nel filone di Giovan Battista Marino, secondo il
quale “...è del poeta il fin la maraviglia...”?
Eppure i dati parlano chiaro ed un innegabile alone di mistero circonda questo relativamente minuscolo triangolo, fra l’entroterra odoroso di macchia mediterranea ed uno tra i mari più belli al mondo, inserito dall'UNESCO, fin dal 1997, nell'elenco del Patrimonio Mondiale, Ambientale e Culturale dell’Umanità.
Alone di mistero che resta, comunque, richiamando alla mente del ricercatore curioso il parallelo con un altro, famigerato triangolo: quello delle Bermuda. Ma procediamo con ordine...
1911: sullo “Scoglio Ferale” (già il nome è un programma...), di fronte allo scalo di Schiara (Tramonti), una bianca croce ricorda la scomparsa del Tenente di Vascello Luigi Garovaglio, ivi precipitato in circostanze non del tutto chiare durante rilievi idrografici.
1937: in cima alla “Sella Derbi”
(Monte Castellana), un cippo commemora gli aviatori periti in quella zona in un
disastro aereo dai contorni strani, durante un volo di esercitazione; notizia,
questa, passata in secondo piano, rispetto ad uno dei più eclatanti disastri
nella storia dell’aviazione mondiale: il 6 maggio dello stesso anno, infatti,
il dirigibile tedesco della serie “Zeppelin”, l’Hindenburg, viene distrutto
dalle fiamme, mentre sta atterrando a Lakehurst, nel New Jersey.
Passando a tempi più recenti, gli anni ’90 contemplano l’incidente forse più clamoroso nella storia del “triangolo spezzino”, incidente di cui solo col recupero del SIAI MARCHETTI 250, adagiato a 30 metri di profondità ad un quarto di miglio dalla costa, proprio di fronte allo scoglio del Ferale (ancora!), si potranno dedurre le cause, tutt’ora inspiegabili. Un particolare, tuttavia, è certo: l’SOS lanciato dagli occupanti (due esperti piloti di Genova) recitava così: “Il motore si è piantato; tentiamo l’ammaraggio di fortuna”. Questa comunicazione radio fa eco a quella lanciata il 5 dicembre 1945 dal capo-squadriglia dei cinque cacciabombardieri “Avenger”, in volo d’esercitazione sul mare delle Bermuda. L’unica differenza consiste nel fatto che gli Avenger e l’idrovolante Martin Mariner, inviato alla loro ricerca, non furono mai ritrovati; mentre i piloti genovesi sono riusciti a planare sulle acque antistanti al fatidico scoglio e ad uscire dalla carlinga, prima che il velivolo si inabissasse.
Ma non è tutto.
Ritornando agli anni precedenti,
troviamo che il 27 gennaio 1979 (condizioni meteo buone) precipita un “PIPER”
fra Campiglia ed il Monte Castellana, sulle prime alture che dominano La Spezia
ed il suo Golfo. Questa volta, purtroppo, entrambi i piloti perdono la vita; un
testimone riferisce che “l’aereo, prima di schiantarsi, sfarfallava, come se si
muovesse con un’intelligenza propria”.
9 agosto 1979 : un elicottero “AGUSTA BELL” dei Carabinieri di Bergamo precipita di fronte alla costa di Tramonti: nulla da fare per gli occupanti, un Capitano ed un esperto Pilota.
4 aprile 1982 : a S.Benedetto,
frazione di Riccò del Golfo, si schianta in un’agghiacciante picchiata un “P 66
CHARLIE”; un morto e due feriti.
A questo punto, parafrasando l’intercalare d’un noto conduttore televisivo di qualche tempo fa, la domanda sorge spontanea: “Sì, va be’, il confronto con le Bermuda ci può anche stare: ma, correggetemi se sbaglio, nel triangolo dell’Atlantico si parla anche di presenze di UFO: e qui, dove sono?”.
Un po’ di pazienza, ché arrivano.
A CAROZZO (La Spezia) scoppia il
“caso dell'umanoide volante”. In questa piccola località, frazione del
capoluogo, il 17 agosto 2000 diverse persone hanno assistito alle
“performances” di un essere dalle sembianze vagamente umane, che ha volteggiato
nel silenzio più assoluto nel cielo della vallata, senza utilizzare
apparentemente alcun tipo di attrezzature, tipo “jet pack”, parapendìo o ali in
grado di sostenerlo, librandosi incredibilmente nell’aria come il “Batman” dei
fumetti.
LA SPEZIA, 16 settembre 2000 - “LA NAZIONE”, edizione di La Spezia, nella pagina locale titola espressamente: «Elicottero “insegue” un UFO nel Golfo»: titolo inconsueto, davvero, per un quotidiano serio, per nulla dedito a servizi sensazionalistici...
Cos’era accaduto, quindi, il giorno precedente (venerdì 15 settembre) sul mare che ispirò la penna di Lord Byron? Trascriviamo letteralmente la cronaca:
«Caccia all’UFO nei cieli
spezzini o qualche altro mistero? Dopo gli avvistamenti dell’uomo volante sulle
prime alture della città (Carozzo, N.d.R., vedi sopra), ieri un oggetto
misterioso (una sagoma di colore grigio, grande come un’utilitaria) è
transitato nei cieli fra il centro del Golfo e l’isola del Tino. Un “qualcosa”
che volava a bassa quota, inseguito da un elicottero militare, sicuramente un
mezzo della Marina. Il fatto è accaduto verso le h.17, quando il cielo si è un
po’ schiarito dopo aver minacciato la pioggia. Un avvistamento, condito da una
sorta di caccia aerea, visibile sia da terra che dal mare, protrattasi oltre la
visuale del Tino. Ma su che cosa fosse lo strano oggetto resta il mistero...
Dai militari delle basi NATO limitrofe, Cadimare e Luni, nessun commento
ufficiale...».
Ovviamente: perché, com’è noto,
per chi porta le stellette, gli UFO non devono (e quindi non possono) esistere;
ma allora, “cosa” inseguiva quell’elicottero?
FALCINELLO (Sarzana), 13 gennaio
2001 – sempre “LA NAZIONE”, in data 28 gennaio, pubblica con notevole ritardo
(“...la consegna del silenzio, in paese, è durata qualche giorno...”) la
notizia secondo cui alle h.02.20 di quella notte (13 gennaio) l’insistente
abbaiare dei cani, in evidente stato d’agitazione, sveglia gli abitanti della
piccola frazione collinare. Ai quali, affacciatisi alle finestre, si presenta
un insolito spettacolo: “Dapprima un forte bagliore, molto nitido, sopra il
bosco, presso il cimitero; una volta spento, è comparso uno strano oggetto
sigariforme, con feritoie emananti una luce giallo-scura. E’ rimasto fermo per
una quindicina di minuti, poi ha cominciato a muoversi molto lentamente verso
sud; infine è sparito, come se si fosse spento...”.
MONTEMARCELLO (Ameglia - SP), alba del 21 giugno 2005 (solstizio d’estate): una “flottiglia” di UFO viene fotografata dal promontorio di Punta Bianca, in direzione delle Alpi Apuane (Massa-Carrara). Nell’ingrandimento del 3° “oggetto” a dx si riconosce una delle tipiche forme di UFO, descritte da vari testimoni. Curiosamente (e non senza una certa soddisfazione) riscontriamo che una tale “shape” viene annoverata nel celebre “BLUE BOOK” dell’USAF a pag.84: un elettricista statunitense, alle 08.25 del 31 luglio 1948, osservò insieme con la moglie dalle finestre di casa per circa 10 secondi un OVNI pressoché identico, che volava velocemente in linea retta da ovest ad est. Non solo: altro avvistamento similare è quello avvenuto nello Stato dell’Oregon (USA) il 22 novembre 1966, scrupolosamente esaminato da Auguste Meessen, Professore di Fisica Teorica all’Università di Lovanio (Belgio).
Notte fra sabato 24 e domenica 25 luglio 2010, h. 03:45. In località Fiumaretta (comune di Ameglia, La Spezia), C.M. (anni 26, laurea in Scienze Giuridiche), mentre sta facendo manovra per parcheggiare l’auto in cortile, si accorge di un intenso bagliore sulla sommità di Monte Marcello. Il fenomeno desta subito la sua curiosità, in quanto la sommità del monte, che appare illuminata quasi a giorno (e che conosce bene, avendo la casa vacanze a poco più di 2 km. di distanza), non presenta né abitazioni né strade percorribili da traffico veicolare. Interrompe allora la manovra di parcheggio, esce dall’auto ed osserva attentamente quel bagliore, che definisce “forma luminosa trilobata”. Quest’ultima comincia a scendere lentamente dietro il profilo della montagna; ma, una volta scomparsa alla vista, la porzione di cielo sovrastante rimane per parecchio tempo intensamente illuminata, come se la “forma” si fosse solo spostata e continuasse a stazionare dietro il costone montuoso.
D’altronde, la ripetuta frequentazione di questa particolare zona da parte di OVNI, tanto da etichettarla “corridoio preferenziale” o “crocevia UFO”, non è certo sfuggita anche alla stampa specializzata.
Settembre 1978, Casoni (SP), h.
05.30: riportiamo le dichiarazioni rilasciate ad un militare in congedo
dell’Aeronautica di Ghedi (e collaboratore esterno del CUN), durante una
vacanza trascorsa nel giugno del 2006 a Palmaria, da parte d’un collega,
Luogotenente dell’A.M.I. ancora in servizio, circa un evento cui aveva
assistito molti anni prima e di cui non aveva mai fatto cenno né ai familiari
né agli amici, nemmeno alla moglie. L’intervista al testimone è riportata
integralmente su UFO Notiziario di aprile/maggio 2007.
Il militare ricorda così la sua incredibile esperienza:
“Quella mattina, prima del
sorgere del sole, ero andato a caccia col cane nei boschi intorno a Casoni, una
località a pochi km. da La Spezia, nel comune di Rocchetta Vara.
Improvvisamente il mio sguardo fu attratto da un bagliore che scendeva
rapidamente a terra, in direzione del bosco sottostante. Pensai inizialmente
che fosse precipitato un aereo, ma l’assoluto silenzio circostante mi fece
scartare l’ipotesi dell’incidente. Incuriosito, mi addentrai tra il fogliame
per vedere meglio ed a circa 200 m. notai una grande luce bianca di forma
ellissoidale, del diametro dai sette ai dieci metri, appena sollevata sulla
radura che si apriva nel bosco. Tutta questa luce, tuttavia, non si rifletteva
nella zona circostante e non illuminava il terreno sottostante; mentre il cane,
che solitamente era abituato ad allontanarsi alla ricerca di prede, restò in
silenzio, accucciato ed “attaccato” alle mie gambe, come se temesse qualcosa.
All’improvviso, da quella immensa luce vidi aprirsi come una “porta”, da cui
fuoriuscì un piano inclinato che si adagiò lentamente al suolo. Subito dopo ai
lati di quell’apertura comparvero due “individui”, di altezza normale, che
indossavano una tuta di volo con casco; si posizionarono all’entrata, l’uno di
fronte all’altro, e dopo qualche istante apparve una terza figura. Questa però
era vestita “normalmente”, come richiedeva una mattina di settembre (calzoni e
giubbetto di colore scuro); scese quasi subito da quel piano inclinato passando
in mezzo agli altri due, che lo salutarono con un cenno del capo e con una
certa deferenza; quindi s’inoltrò nel bosco, mentre gli altri due rientrarono
nel “velivolo”. Sono un sottufficiale anziano, tutt’ora in servizio
nell’Aeronautica Militare: so riconoscere ciò che vola normalmente in cielo, ma
in questo caso quella “cosa” si mostrò al di fuori di ogni possibile, logica
interpretazione. Dopo alcuni istanti, il globo di luce intensa si alzò
lentamente in verticale, senza emettere alcun rumore, e schizzò letteralmente
via più o meno nella stessa direzione da cui era venuto circa cinque minuti
prima. Sempre più incuriosito, raccolsi un po’ di coraggio e corsi
immediatamente nella direzione in cui si era allontanata la terza “persona”,
con l’intento di fermarla e farmi spiegare qualcosa… ma non riuscii a
rintracciarla, nonostante la mia permanenza ad ispezionare il bosco fino alle
h. 10.30".
Ancora: sempre “NOTIZIARIO UFO”, organo ufficiale del Centro Ufologico Nazionale, sul numero di settembre del 1979 dedicava ben quattro pagine (dalla n.° 14 alla n.° 17) all’inchiesta, condotta dalle Sedi CUN di Genova e La Spezia, sugli insoliti quanto misteriosi avvistamenti effettuati da più testimoni in Val di Vara. Fenomeni intriganti ed inspiegabili, tanto da coinvolgere nelle indagini anche le Forze dell’Ordine: i Carabinieri delle Stazioni di Varese Ligure e Sesta Godano e la Guardia Forestale. I fatti, in breve: sul Monte Gottero (m.1.639), al confine fra le province di Parma e La Spezia, la mattina di giovedì 3 maggio 1979, in condizioni meteo splendide, numerosi abitanti di S.Pietro Vara osservano, per un lasso di tempo che va dalle h.7.45 alle h.11.30, un «oggetto di forma semi-ellittica (vedi ricostruzione grafica: lunghezza asse maggiore 5 m. circa), emanante una luminosità intensissima e permanente; tale oggetto emetteva bagliori cristallini di tipo metallico, mentre, al momento di “spegnersi”, assumeva l’aspetto tondeggiante di una cupola grigio-scura». I Militari, preceduti da alcuni ragazzi del posto, compiono una marcia di due ore nei boschi per raggiungere quota 1.639, ma non trovano nulla. La cosa sarebbe finita lì, sennonché il 5 e 6 maggio (il 4 era cattivo tempo) la luminosità riprende immutata; si fa avanti allora l’ipotesi che si tratti del riflesso solare su un aereo precipitato (anche se il sole si trovava dalla parte opposta e quindi l’ipotesi della riflessione era, in primis, da scartare). Tanto che il Maresciallo Buttà, testimone oculare dello strano fenomeno, chiede l’intervento di elicotteri per ispezionare meglio le zone impervie della montagna: richiesta respinta, causa le successive condizioni meteo non idonee. Anche la stampa, in cronaca locale, concede ampio spazio alla notizia: anzi, “IL LAVORO” e “LA NAZIONE” si spingono a riportare il resoconto di alcuni testimoni (rigorosamente anonimi), secondo i quali «l’oggetto avrebbe eseguito alcune manovre, scendendo di quota ed attestandosi nella zona del Monte Pizzofreddo (m.1.518)».
21 agosto 1979, località Giustiniana di Ceparana (SP), h. 5.55:
La titolare d’un esercizio di
prodotti ittici presso il Molo di La Spezia, pronta a recarsi in negozio, aprì
la serranda del garage per uscire con l’auto. Dopo aver fatto salire sui sedili
posteriori il cane, mise in moto la sua Mercedes ed in retromarcia uscì
dall’autorimessa, percorrendo una decina di metri; poi, arrestata l’auto, scese
per chiudere la porta del garage. Ritornando verso l’auto, notò (dapprima senza
darvi troppo peso) che il suo spinone tedesco, agitatissimo, cercava di uscire
dalla vettura, lanciandosi da una portiera all’altra con le zampe contro i
finestrini, ringhiando ed abbaiando. La sua attenzione, tuttavia, ne fu
momentaneamente distolta dal fatto che il marito si era dimenticato di spegnere
le luci esterne, per cui si premurò di raggiungere l’interruttore delle stesse,
che si trovava all’inizio della scalinata. Fatto questo, stava accingendosi a
salire in macchina, quando si accorse (non senza sorpresa) che una luce ancora
persisteva, ancorché un po’ più rosea: si girò, vide che le lampade del cortile
risultavano spente... ma anche qualcos’altro, che la immobilizzò a fianco
dell’auto col motore acceso.
A circa sei metri d’altezza,
sopra le cime degli alberi del boschetto adiacente (quindi a 15 m. dal suolo e
a meno di 30 metri di distanza), si librava perfettamente immobile uno strano
velivolo, di forma circolare, sui 6-8 m. di diametro, di colore grigio scuro,
con la parte inferiore perfettamente piatta, ma non levigata, piuttosto grezza
(come porosa). Sul bordo esterno si trovavano dei grossi fori circolari (la
signora ne contò nove), dai quali fuoriusciva una luminosità arancione molto
intensa. Dalla parte inferiore, malgrado non si notasse alcun foro, uscivano
cinque raggi di luce bianca, tipo neon, perfettamente delimitati, che però,
stranamente, non illuminavano le cime degli alberi sottostanti. La parte
superiore era sormontata da una cupola trasparente, dalla cui sommità si alzava
un “cono”, anch’esso trasparente. Il velivolo emetteva un fastidioso ronzio,
come quello causato da uno sciame di zanzare.
La signora, meravigliata ma non
impaurita, mantenne la calma; anzi, mossa dalla curiosità, continuò a scrutare
lo strano “oggetto”, per vedere se avesse qualche sigla o contrassegno o
qualcos’altro che permettesse una possibile identificazione: e fu in quel
momento che percepì la netta sensazione di essere continuamente osservata.
La teste continuò a guardare il
velivolo e questi improvvisamente, aumentando il ronzio fino a farlo diventare
insopportabile all’udito, compì uno scatto verso l’alto di parecchi metri,
stabilizzandosi nuovamente, quindi un altro scatto ed infine un terzo. Questa
fu l’ultima cosa che la testimone ricordò. Dall’inizio dell’osservazione a
questo momento passarono non più di tre minuti, quindi dalle 05.55 alle 05.58.
Quando la signora riprese a
ricordare, erano esattamente le 06.03, come poté constatare dal suo orologio.
Vi era però un fatto sconcertante: la teste non era più ai piedi della
scalinata della sua abitazione, ma seduta dentro l’auto ferma, con motore
spento, parcheggiata in maniera inusitata a trenta centimetri dalla porta della
chiesa di Ceparana, ad un km. o forse più dalla sua abitazione. Sui sedili
posteriori il cane continuava a dibattersi e ad ululare, come se fosse stato
percosso.
La signora scese dalla macchina e
si appoggiò al cofano del motore: questo era freddo, assolutamente freddo come
se non fosse mai stato messo in moto. Come avevano fatto, lei e l’auto, a
giungere fin lì?
Durante l’inchiesta che fu immediatamente condotta, si percorse in macchina il tratto che dalla villa porta all’Aurelia e successivamente a Ceparana. Il primo tratto era in costruzione e presentava un fondo molto sconnesso, pieno di buche e sassi; per di più, era in ripida discesa, con tre curve a gomito senza protezione laterale. Pertanto lo si poteva percorrere solo a passo d’uomo (per circa 400 m.); poi iniziava l’asfalto (per altri 300 m.) e quindi altri 300 metri per arrivare alla chiesa = un Km. e forse più, che per le particolari condizioni non si poteva percorrere in così breve tempo, considerato anche che la signora guidava con prudenza.
Anche lo scrivente, grazie alla
relativa vicinanza geografica dei predetti luoghi (40’ di autostrada) e dei
giornalieri contatti con amici e colleghi ivi residenti, ha potuto verificare
in un considerevole intervallo di tempo (1980 – 2010) quanto la zona in oggetto
di studio sia stata costantemente interessata da fenomeni aerei anomali, per lo
più riconducibili a manifestazioni UFO. Tutti questi dati, sottoposti a
doverosa scrematura, sono stati assemblati e riportati sulla carta della bassa
Lunigiana, ottenendo come risultante un triangolo che, pur ponendo i vertici in
località diverse da quelle evocate dalla stampa locale, presenta un “cuore”
perfettamente coincidente, in entrambe le costruzioni geometriche, con il Golfo
di La Spezia, ove sono avvenuti, lo ricordiamo, gli “incidenti” Bermuda-simili di
maggior risonanza e, quel ch’è più rilevante, di sconosciuta causa.
BIBLIOGRAFIA:
PROJECT BLUE BOOK – Special Report n.° 14 –
ATIC, Wright-Patterson – OHIO, 1955
Michel Bougard – Des Soucoupes Volantes aux
OVNI – SOBEPS, Bruxelles 1976
C.U.N. - Notiziario UFO –
settembre e dicembre 1979
C.U.N. - UFO Notiziario –
aprile/maggio 2007
AA.VV. - UFO in ITALIA: LA GRANDE ONDATA (1977-1980) – C.Tedeschi, Firenze, ottobre 2007
Prof. Enrico Calzolari in “Area
di Confine” - agosto 2009
C.U.N. – UFO INTERNATIONAL
MAGAZINE – aprile 2018
EMILIO MILAZZO – UFO a LA SPEZIA
– Amazon, 2019 (postumo, a cura del figlio)
APPENDICE N. 1
CURIOSITA’
11 novembre 1954, h. 19:45 –
Isola di Ortonovo (La Spezia)
L'agricoltore Amerigo Lorenzini,
di 48 anni, si accingeva a portare l'erba ai suoi dodici conigli, chiusi in una
grossa gabbia posta a pochi metri da casa.
Egli abitava allora, con la
moglie e due figlie di cinque e sette anni, in un vecchio fabbricato colonico,
nei pressi del paese di Isola di Ortonovo, a circa quattordici chilometri a
sud-est di La Spezia.
Mentre si avvicinava alla
conigliera, avvertì all'improvviso, dietro di lui e in alto, uno strano rumore:
come un fruscio di vento o il volo d’uno stormo di rondini. Voltatosi e
sollevato lo sguardo, rimase abbagliato da un’intensa luce che poi, a poco a
poco, si affievolì. Allora scorse, posato nel prato antistante, un grande
oggetto a forma di «sigaro», circondato da un alone luminoso.
Il testimone rimase immobilizzato
dallo stupore. Dal «sigaro», attraverso una «porticina laterale», uscirono tre
esseri piccolissimi, vestiti di uno scafandro metallico che non lasciava
trasparire il volto; parlavano fra loro in un linguaggio incomprensibile. Con
decisione, come persone pratiche del luogo, si diressero rapidamente verso la
conigliera, senza far caso al Lorenzini. Vedendoli avvicinarsi, quest'ul¬timo
si scosse dallo stupore, indietreggiò un poco, poi corse in casa. Entrò, gridò
alla moglie ed alle figlie di non muoversi, prese il fucile da caccia e si
appostò dietro un riparo. Gli «omini» erano davanti alla conigliera: dai loro
gesti, il testimone capì che avevano l'intenzione di portarsi via i conigli.
Allora puntò il fucile e premette il grilletto, ma il colpo non partì. Tentò
nuovamente di sparare, ma invano. Per di più, il fucile stava diventando sempre
più pesante e, quindi, difficile da maneggiare; ad un certo momento dovette
addirittura lasciarlo cadere a terra. A questo punto, il Lorenzini cercò di gridare,
ma non riuscì a farlo. Impotente, assistette al furto dei suoi conigli
(conigliera compresa), al rientro degli «omini» con il bottino nel «sigaro» ed
al decollo di quest'ultimo, che si allontanò a fortissima velocità in direzione
di Avenza (cioè verso sud). Solo allora il testimone riuscì a riprendere il
controllo di se stesso, raccolse il fucile e sparò verso l’oggetto ormai
lontano: questa volta il colpo partì regolarmente. Il Lorenzini chiamò gente,
ma nessuna traccia fu trovata sul prato, nel punto dell’atterraggio; tutti
poterono constatare però che la conigliera, con i dodici conigli, non c’era
più.
Il Lorenzini era stimato in zona
e considerato come persona molto seria e sobria.
FONTE:
AA.VV. - UFO in ITALIA: L’ONDATA
del 1954 – C.Tedeschi, Firenze, 1980
APPENDICE N. 2 :
Esiste una seconda La Spezia,
oltre alla città “militare” costruita dai Savoia attorno al primo arsenale
navale del nuovo Regno d’Italia (a fine Ottocento), una città segreta,
anch’essa militare, scavata dentro le colline del Golfo dei Poeti durante gli anni
della “guerra fredda”, quando l’area spezzina era il principale polo navale
della Marina. Gallerie sconosciute ancora oggi ai più, segreti che sono stati
svelati dopo che sono caduti, solo di recente, i vincoli Nato. E così si è
scoperto che tra i borghi periferici di Marola e Fabiano, lungo la sponda di
ponente del golfo, esistono chilometriche gallerie in cui sui trovano, ancora
oggi, officine specializzate, enormi generatori, sale tecniche, immensi
depositi, centrali telefoniche, insomma tutto quello serve per garantire
energia e funzionalità di una base militare sotto attacco, anche in caso di
guerra nucleare.
Il tempo in quei cunicoli, in cui possono entrare anche i camion, si è fermato alle 17.19 di un mercoledì 22 aprile, l’anno non lo si conosce (forse il 1992), quando tutto è stato spento per l’ultima volta.
A testimoniarlo c’è un orologio
meccanico bloccato su quell’istante preciso, ma per il resto è tutto lì al
buio, immutato nel tempo, a ricordare che al di là di quelle porte che
avrebbero dovuto resistere ad un’esplosione atomica (nelle gallerie la
pressione era tenuta superiore a quella esterna per non far entrare aria
contaminata), c’erano uomini che non si sarebbero arresi.
Ma l’enorme impianto
dell’Acquasanta, dal nome delle località, non era l’unico. Un paio di colline
dopo, sopra il promontorio di Porto Venere, c’è la Castellana, una sommità
imponente sul Golfo, sulla cui cima si trova, in una vecchia fortificazione
ottocentesca poi trasformata, un centro radio ancor oggi operativo.
Ma dentro il monte vi è un
segreto, un’altra base, enorme pure lei, che doveva ospitare il comando in capo
della Prima Divisione Navale, il cuore della flotta italiana tra gli anni
cinquanta e gli ottanta. Doveva accogliere, in caso di conflitto, la centrale operativa,
le comunicazioni, la sala cifra, gli uffici, i servizi e gli alloggi per tutto
l’Alto Comando; ed è ancora lì, sotto novanta metri di roccia. Ed anche l’isola
Palmaria, per gli esperti forse il luogo più fortificato al mondo (dal ‘400 ad
oggi è ancora sede di opere militari), custodisce una sua “base in galleria”:
questa era una stazione radio in grado di ascoltare anche le comunicazioni
della “flotta rossa” in mezzo Mediterraneo. La scavarono sempre negli anni
cinquanta, stanze su stanze nel centro dell’isola, centinaia di metri dentro la
roccia; come gran parte di queste postazioni, non ebbe mai, fortunatamente, un
impiego operativo.
Ma non finisce qui, perché ci sono anche enormi depositi di carburante, sempre in galleria, sotto i borghi, dietro l’arsenale militare; altre basi in cemento armato, anch’esse abbandonate dopo la fine della “guerra fredda”, in almeno altre sei località dell’area urbana della Spezia. Un progetto mai realizzato prevedeva poi di costruire anche una galleria per far entrare navi e sommergibili, con tanto di bacini di carenaggio sotto il monte, ma poi si decise di puntare ad altro, alla tecnologia.
Così, leggendo il libro “Spezia
nella Guerra Fredda” (scritto dallo storico locale Stefano Danese e dal
Direttore del Museo Navale Silvano Benedetti, in cui sono raccolte trecento
immagini della costruzione di queste “opere fortificate”, oltre che i dati “top
secret” oggi desecretati), si scopre che alla Spezia uno scienziato tedesco,
Hermann Oberth, “recuperato” in fuga dai servizi segreti italiani, creò un
nuovo propellente per missili (in un laboratorio segreto in zona Pagliari),
utilizzato poi dagli americani per la missione NASA che portò l’uomo sulla
Luna. Oppure che in un altro laboratorio misterioso, in località Punta Castagna,
venne assemblato e testato il primo missile balistico per testate atomiche
italiano: era il Vettore Alfa, che sarebbe poi dovuto essere imbarcato sulle
navi della Marina; ma anch’esso venne “requisito” dagli americani, per i
vincoli imposti dalla Nato.
I misteri del golfo spezzino in quegli anni non si fermano a questo: così nel libro si mostra il “sarchiapone”, ovvero il primo radar che poteva vedere un sommergibile immerso. Ancora oggi, su questa apparecchiatura innovativa (altra eccellenza italiana, poi “ceduta”) le leggende si sprecano; ma il primo modello è ancora nel luogo dove venne sperimentato: in una base-bunker “riservata”, sulle alture spezzine.
Mariano Alberto Vignali
FONTE : « IL SECOLO XIX », 28/10/2017
http://www.ilsecoloxix.it/p/la_spezia/2017/10/28/ASkhxELK-atomica_spezia_segreta.shtml