la Scienza (quella indipendente)
aiuta la ricerca:
il “modus operandi” d’un
giornalista investigativo…
I FATTI:
Lunedì 28 ottobre 1985, ore 09:30
circa: SIVIZZANO di Traversetolo (PR).
Temperatura mite, leggera foschia. Due fratelli, agricoltori, sono intenti alla concimazione della vigna, accompagnati dall’inseparabile cagnetta Lulù, una bastardina a pelo lungo bianco e nero. Pur essendo giocherellona e molto giovane (un anno e mezzo), quando si trova coi padroni non abbaia mai, a meno che non percepisca qualcosa di insolito…
Durante il lavoro uno dei due fratelli intravede, proprio al centro di una chiazza del campo d'erba medica (tipo “Spagna”, falciata da poco) che si stende a lato della vigna, un’ombra scura a circa 150 metri dal punto in cui stanno lavorando. A prima vista, sembra loro trattarsi di un cacciatore accovacciato (dimensioni apparenti: h. m.1.70; diametro m. 1.00; forma “a pera” o “a uovo”, colla parte più grossa rivolta verso il suolo, da cui pendeva un’appendice lunga circa 30 cm.). Da notare una vettura ferma, priva di occupanti, al bordo di uno stradello non asfaltato, a circa 300 metri dalla chiazza, ritenuta di probabile appartenenza al cacciatore. Entrambi i fratelli non danno importanza alla cosa.
Dopo pochi minuti, tuttavia, la
cagnetta comincia ad abbaiare furiosamente ed inspiegabilmente, puntando di
corsa verso il centro della chiazza. Allora i due agricoltori, incuriositi,
osservano attentamente il punto in cui avevano ritenuto si fosse fermato il
supposto cacciatore e si accorgono che quella sagoma non è più ferma, bensì
volteggia, dondolando a circa un metro e mezzo dal suolo; inoltre presenta
delle strisce verticali rosse e verdi e sembra ruotare su sé stessa.
Dopo aver stazionato per qualche
attimo a mezz’aria, l’oggetto (a questo punto possiamo chiamarlo così), che non
emette né riflette alcuna luminosità ed appare adesso come un involucro di
plastica, comincia ad innalzarsi lentamente e senza alcun rumore verso il
cielo, dirigendosi verso Guardasone (frazione limitrofa, fuori vista, dietro la
collina prospiciente), compiendo la seguente traiettoria (ricostruita in
seguito al colloquio con i due contadini): sud-est (volo radente); nord-est
(ascensione a 45°); est (scomparso dopo circa mezz’ora).
I TESTIMONI
A. e M. F. (generalità complete
nell’archivio C.U.N.- PR), seri ed onesti agricoltori, abitano e lavorano da
sempre nella piccola frazione di Sivizzano di Traversetolo. Godono la stima e
la fiducia di tutta la popolazione e da tutti sono ritenuti testimoni
assolutamente attendibili, incapaci di travisare i fatti od elaborarli con la
fantasia.
In effetti, al termine
dell’indagine, la suddetta considerazione è stata abbondantemente confermata,
grazie anche ai lunghi colloqui avuti dall’inquirente per telefono e di persona
con i due fratelli. Anche l’estrema discrezione con cui essi hanno parlato
dell’accaduto a pochi intimi gioca tutto a loro vantaggio: ne accennano
infatti solo durante la settimanale riunione del Caseificio Sociale, a titolo
di curiosità. Dalla riunione al caffè del paese, dal barista al corrispondente
di zona della “Gazzetta di Parma” e il cerchio si chiude.
TESTIMONE “a latere”
G.S., commerciante all’ingrosso di carni, noto imprenditore locale, è risultato in seguito teste-chiave dell’accaduto. Il caso sembra attribuirgli il compito di “svelatore di apparenti misteri”. Infatti, alla fine degli anni ‘50, quando il paese era ancora poco illuminato, con una fucilata mise fine all’alone di mistero che già s’era diffuso nel piccolo centro: non erano extraterrestri le sagome che nella penombra volteggiavano sul cielo di Traversetolo, bensì uno stormo di gru che avevano perso l’orientamento durante la migrazione.
L’INDAGINE:
Venuto a conoscenza del caso solo tramite la stampa locale in data 03/11/85, dopo aver preso accordi telefonici coi fratelli F., mi recavo sul luogo del presunto atterraggio il giorno appresso, vale a dire lunedì 4/11, a distanza, purtroppo, di una settimana dall’evento. Alquanto ridotte pertanto si presentavano le probabilità di rinvenire tracce eventuali al suolo, tenuto conto anche del fatto che il venerdì immediatamente precedente era piovuto in abbondanza. Questi comunque i risultati delle rilevazioni:
Orario d’inizio dei rilievi: h.
14:20
Altitudine sul livello del mare:
m. 331
Condizioni meteo: temperatura al
suolo 15°C; umidità 65 %
assenza assoluta
di vento, sole tiepido, visibilità buona
Tracce macroscopicamente visibili
al suolo: nel prato in leggero pendio che fa seguito alla vigna si notano
alcune chiazze di forma ovoidale, all’interno delle quali l’erba tagliata di
recente assume una tonalità di verde leggermente più chiara rispetto
all’esterno. Quasi al centro del prato è posta quella di maggiori dimensioni,
proprio nel punto esatto in cui fu visto stazionare l’oggetto. È un ellissoide
quasi perfetto, il cui diametro maggiore misura metri 6 e quello minore metri
4. A lato, compiendo con l’asse maggiore del suddetto ellissoide un angolo di
90° circa, si nota un lungo solco (profondo 5 cm. e largo 10) che attraversa
longitudinalmente tutta l’estensione del prato stesso.
DATI RILEVATI AL CENTRO
DELL’ELLISSOIDE MAGGIORE
pH = 6,3; T° del sottosuolo =
14°C; umidità del sottosuolo = 100%;
impulsi al contatore Geiger =
27/m’
DATI RILEVATI ALL’ESTERNO
DELL’ELLISSOIDE (a 3 metri dal centro)
in direzione NORD: pH = 5,5; T° =
13°C; um. = 100%; i.G. = 12/m’
in direzione EST: pH = 5,0; T° =
13°C; um. = 100%; i.G. = 18/m’
in direzione SUD: pH = 5,8; T° =
12,5°C; um. = 100%; i.G. = 16/m’
in direzione OVEST: pH = 5,2; T°
= 12°C; um. = 100%; i.G. = 21/m’
Come si può notare, dunque, gli
unici rilievi “anomali” (per così dire) sono quelli del pH, leggermente più
alcalino, e del numero impulsi Geiger, superiore di circa il 30% al centro
della chiazza maggiore rispetto al resto del terreno. Non certo sufficienti, in
ogni caso, per poter parlare di “atterraggio”.
L’APPORTO DELLA STAMPA
Mai come in questa occasione,
almeno per quanto ne sappiamo, la stampa e l’autore del “pezzo” hanno giocato
un ruolo fondamentale nella risoluzione del caso, non tanto per la tempestività
con cui è stata data la notizia, ma soprattutto per il “coraggio” dimostrato
dal giornalista nel pubblicare sulla pagina locale del quotidiano di Parma un
articolo di notevole richiamo sull’episodio, riportando nomi, cognomi e
località, senza tema di attirare ironia o discredito sui testimoni.
Probabilmente ciò è stato facilitato dal fatto che in un paese ci si conosce
tutti e, se si gode stima e fiducia l’uno dell’altro, non si ha timore di
essere “presi in mezzo”. Ma l’apporto positivo del giornalista, stavolta, non
si è limitato alla segnalazione pura e semplice, ma si è protratto anche nei
giorni successivi, seguendo le indagini con interesse e mantenendo contatti
telefonici quasi quotidiani coll’inquirente.
Da sottolineare infine che lo
stesso corrispondente, venuto a conoscenza dell’identità del testimone
indiretto, me la comunicò per consentirmi di intervistarlo, riassumendone poi
il tutto in un secondo articolo, apparso il 10 novembre: un lavoro egregio,
direi !
CONCLUSIONI
I fratelli F. non credono
all’esistenza di esseri extraterrestri ed il problema non li interessa. Eppure
qualcosa di insolito quel mattino effettivamente videro e con loro pure la
cagnetta (non dimentichiamo infatti che gli animali, specie il cane, possiedono
per natura una sensibilità anche dieci volte più fine di quella umana). A
confondere le cose, quel mattino, c’era quella tipica nebbia della Val Padana,
ben nota come responsabile della deformazione dei contorni e dell’alterazione
delle dimensioni oggettive. Pertanto nulla è loro imputabile nello svolgersi
degli eventi, se non la cosa più semplice ed immediata da farsi, ragionando con
una logica “esterna” rispetto alla mentalità di un contadino: andare a vedere
subito da vicino che diavolo era quell’oggetto! Evidentemente in quel momento
interessava loro soprattutto concimare la vigna, magari prima che riprendesse a
piovere: ed onestamente non si può dar loro torto…In ogni caso, “...del senno
di poi ne son piene le fosse…”.
La sorte, una volta tanto, si è
schierata dalla parte dell’ufologo: se non fosse stato per la pronta e
disinteressata disponibilità del Sig. G.S., probabilmente saremmo ancora a
paragonare il caso con altri similari, magari accaduti all’estero, per farne
scaturire analogie e trarne (chissà quali) indicazioni.
Il suddetto commerciante, venuto a sapere tra le chiacchiere del bar che uno strano individuo con assurdi marchingegni (indovinate chi era…) aveva perso tre ore in mezzo al campo senza approdare a nulla, non aveva esitato a dichiarare: “Macché extraterrestri ! Quell’auto ai bordi del prato era la mia; quella mattina ero andato a caccia con un mio parente, nel tentativo (rivelatosi poi vano, buon per essa…) di acciuffare una lepre, che da tempo era in zona e che mi era sempre sfuggita. Mentre lui girava per stanarla (ed era via già da un po’), mi sono stancato di aspettare in piedi e mi sono seduto in mezzo al campo. Vicino a me, impigliato in uno “spuntone”, c’era un pallone di plastica nera, col disegno di un cow-boy a vivaci colori. Era a forma di pera, perché in parte sgonfio. Poco dopo, visto che il mio compagno tardava, mi sono alzato per raggiungerlo, ma prima di allontanarmi ho districato la cordicella che fermava il pallone agli sterpi, liberandolo: questo perché ritenevo che quella sagoma ondeggiante potesse spaventare la lepre, facendola allontanare. E così l’ho osservato mentre pian piano saliva verso il cielo “.
Personalmente mi ritengo
abbastanza soddisfatto dell’esito ottenuto, “in primis” perché, nel nostro
ingrato impegno, è già molto (per non dire la cosa principale) riuscire a
determinare con buona probabilità che cosa NON ERA l’oggetto in questione.
Inoltre (secondario solo nel tempo, non certo per importanza) per aver impedito
che altri, venuti a conoscenza del medesimo caso, “vendessero“ a certi canali
folcloristico-sensazionalistici il fumo al posto dell’arrosto.
Vale a dire: la chiazza a forma d’ellissoide (causata dalla CUSCUTA, pianta parassita ben nota ai contadini) come “l’impronta lasciata dalla sagoma lenticolare dell’astronave aliena atterrata”; il lungo e profondo solco (tracciato dagli stessi contadini per favorire il deflusso delle precipitazioni) come “l’inconfutabile traccia del carrello d’atterraggio del disco volante”; la radioattività della zona centrale (normale variazione della radiazione cosmica) come “il risultato dell’interazione d’energie misteriose sull’erba, tali da farla ingiallire” (N.d.R.: la Cuscuta è di colore giallo-pallido e fa diventare dello stesso colore l’erba che parassita, soffocandola).
Come logica conseguenza, sarebbe
iniziato il pellegrinaggio di curiosi, sedicenti esperti e “mistici” verso il
campo dei fratelli F., rischiando la stessa fine che il cacciatore avrebbe
voluto riservare alla lepre; il giornalista ed il sottoscritto le rispettive
reputazioni; l’Ufologia in generale la solita figura di…
La “COSA”, dunque, era sì un OGGETTO, e pure VOLANTE, ma stavolta ben IDENTIFICATO: un involucro di plastica (tipo UFO-SOLAR), con il quale i bambini sognano di raggiungere le stelle. Un po’ come tutti noi…
Ma, come si sa, per raggiungere
le stelle occorre avere i piedi ben piantati in terra… pardon, nel prato…
Giorgio Pattera
Commissione Scientifica CUN
Referente CUN Regione Emilia
Un riconoscimento particolare
all’amico e collaboratore MAURO IOTTI, per avermi tempestivamente dato notizia
del caso e per averlo costantemente seguito nel suo evolversi.